Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando la Minaccia Indiretta è Reato
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è una fattispecie che tutela il corretto svolgimento delle funzioni pubbliche, sanzionando chi si oppone con violenza o minaccia all’operato delle autorità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento su un aspetto cruciale: anche una minaccia non diretta, ma solo indiretta, può essere sufficiente per integrare il reato, a patto che sia idonea a ostacolare l’attività del pubblico ufficiale. Analizziamo insieme la vicenda.
I Fatti alla Base del Ricorso
Un cittadino veniva condannato dalla Corte di Appello per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Ritenendo ingiusta la condanna, l’imputato presentava ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte territoriale non avesse motivato in modo adeguato la sua colpevolezza. In particolare, la difesa contestava il fatto che le condotte addebitate non costituissero una minaccia diretta e concreta, tale da configurare il reato contestato.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile e Condanna
La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. I giudici hanno stabilito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e logica. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale in caso di inammissibilità del ricorso.
Le Motivazioni della Cassazione sul Reato di Resistenza a Pubblico Ufficiale
Il cuore della decisione risiede nell’analisi della condotta dell’imputato. La Cassazione ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello, evidenziando che per integrare il reato di resistenza a pubblico ufficiale non è necessaria una minaccia esplicita o una violenza fisica diretta. È sufficiente che la condotta, anche attraverso minacce indirette, sia idonea a ostacolare concretamente l’esercizio della funzione pubblica. Nel caso di specie, le azioni dell’imputato avevano indotto nei pubblici ufficiali una concreta “percezione di pericolo” per la propria e l’altrui incolumità. Questo stato di timore è stato ritenuto sufficiente a intralciare e a rendere più difficoltoso il compimento degli atti d’ufficio, integrando così pienamente gli estremi del reato.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche dell’Ordinanza
Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la valutazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale deve essere effettuata caso per caso, guardando all’effetto concreto della condotta dell’agente. Non conta solo la forma della minaccia, ma la sua capacità di interferire con l’attività della pubblica amministrazione. La decisione chiarisce che anche comportamenti non palesemente violenti, ma che generano un clima di intimidazione e pericolo, sono giuridicamente rilevanti e sanzionabili. Ciò rappresenta un monito importante sulla necessità di mantenere sempre un comportamento rispettoso e collaborativo nei confronti di chi esercita una funzione pubblica, per non incorrere in gravi conseguenze penali.
Una minaccia non diretta può configurare il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Sì, secondo l’ordinanza in esame, anche le minacce indirette possono integrare il reato, a condizione che siano idonee a ostacolare concretamente l’esercizio della funzione pubblica, inducendo nel pubblico ufficiale una percezione di pericolo per sé o per altri.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione adeguata e corretta in diritto sulla sussistenza del reato, rendendo le doglianze del ricorrente infondate.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36219 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36219 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a SALERNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
ritenuto che contrariamente a quanto si assume nel ricorso, la Corte di appello di Salerno ha fornito adeguata motivazione in relazione alla integrazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale evidenziando la rilevanza indiretta delle minacce idonee ad ostacolare concretamente l’esercizio della funzione pubblica, inducendo una percezione di pericolo per la propria ed altrui incolumità;
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 ottobre 2025
Il Co GLYPH ere estensore
Il Pre ente