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Resistenza a pubblico ufficiale: l’invito della Polizia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. L’imputato, agli arresti domiciliari, dopo essersi recato al pronto soccorso, si era opposto all’invito degli agenti di Polizia di fare rientro presso la propria abitazione. La Corte ha rigettato l’eccezione di prescrizione e implicitamente confermato che l’invito degli agenti costituiva un atto d’ufficio, rendendo illegittima la reazione dell’uomo.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando l’Invito della Polizia è un Atto d’Ufficio?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 19410 del 2025, affronta un caso emblematico di resistenza a pubblico ufficiale, chiarendo i confini dell’atto d’ufficio e le conseguenze di una reazione illegittima. La vicenda riguarda un uomo agli arresti domiciliari che, dopo essere stato curato al pronto soccorso, si è opposto all’invito degli agenti di Polizia di fare ritorno a casa. Questo articolo analizza la decisione della Suprema Corte e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Un uomo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, a seguito di una lite con il fratello riportava delle ferite e richiedeva l’intervento della Polizia. Ottenuto il permesso di recarsi al pronto soccorso, vi si dirigeva con mezzi propri. Una volta terminate le cure mediche, due agenti di Polizia lo invitavano a fare rientro presso il suo domicilio. L’uomo reagiva a tale invito con una condotta che portava alla sua condanna in primo e secondo grado per i reati di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e lesioni personali (art. 582 c.p.).

I Motivi del Ricorso e la Resistenza a Pubblico Ufficiale

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali.

L’Eccezione di Prescrizione

In primo luogo, la difesa sosteneva l’avvenuta prescrizione del reato. Secondo i suoi calcoli, il termine massimo era maturato prima della pronuncia della sentenza d’appello, tenendo conto di un periodo di sospensione di soli quattro mesi e ventisei giorni. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto questa doglianza manifestamente infondata. Accedendo al fascicolo processuale, i giudici hanno verificato che il periodo di sospensione totale, includendo anche quello legato alla legislazione emergenziale per il COVID-19, ammontava a cinque mesi e tre giorni. Di conseguenza, alla data della sentenza impugnata, la prescrizione non era ancora maturata.

La Natura dell'”Invito” come Atto d’Ufficio

Il secondo motivo, di maggior interesse sostanziale, contestava la configurabilità stessa del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La difesa argomentava che l’invito a rientrare a casa, rivolto dagli agenti all’imputato, non potesse essere qualificato come un “atto d’ufficio”. Secondo il ricorrente, egli non aveva manifestato alcuna intenzione di non tornare al proprio domicilio, né aveva posto in essere comportamenti che legittimassero un intervento autoritativo da parte dei Pubblici Ufficiali. Pertanto, la sua reazione non era diretta a ostacolare un atto legittimo, venendo a mancare l’elemento oggettivo del reato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Sebbene la motivazione sul secondo punto non sia ampiamente esplicitata nel testo disponibile, la decisione finale implica un rigetto totale delle argomentazioni difensive. Dichiarando l’inammissibilità, la Corte ha implicitamente confermato la correttezza della valutazione dei giudici di merito. L’invito rivolto a una persona agli arresti domiciliari di rientrare nella propria abitazione non è un mero consiglio, ma rientra a pieno titolo nei doveri di vigilanza e controllo dei Pubblici Ufficiali. Assicurarsi che un soggetto sottoposto a una misura restrittiva della libertà personale rispetti le prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria è, a tutti gli effetti, un atto d’ufficio. La reazione violenta o minacciosa a tale legittimo esercizio di funzioni pubbliche integra pienamente il delitto di resistenza.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: l’attività di controllo svolta dalle forze dell’ordine nei confronti di soggetti sottoposti a misure restrittive costituisce un atto d’ufficio. Anche un semplice “invito” a rispettare le prescrizioni, in tale contesto, assume natura autoritativa. La reazione contraria e violenta a tale atto legittima una condanna per resistenza a pubblico ufficiale. La declaratoria di inammissibilità del ricorso ha comportato, inoltre, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della cassa delle ammende, a testimonianza della manifesta infondatezza delle sue doglianze.

Un semplice invito della Polizia a una persona agli arresti domiciliari è considerato un atto d’ufficio?
Sì. Secondo la decisione, l’invito rivolto dagli agenti di Polizia a un soggetto agli arresti domiciliari di rientrare presso la propria abitazione rientra pienamente nell’esercizio delle loro funzioni di controllo e vigilanza, configurandosi quindi come un atto d’ufficio.

Come vengono calcolati i periodi di sospensione della prescrizione?
I periodi di sospensione della prescrizione vengono calcolati sommando tutte le cause di sospensione previste dalla legge, comprese quelle derivanti da normative speciali ed emergenziali, come quelle introdotte durante la pandemia di COVID-19. La Corte può verificare d’ufficio la corretta applicazione di tali periodi.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, poiché si ritiene che l’impugnazione sia stata proposta senza fondamento legale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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