Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19410 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19410 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Gioia Tauro il 28/05/1965 avverso la sentenza emessa il 14 maggio 2024 dalla Corte d’appello di Reggio Calabria
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta da! Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; COGNOME che udito il difensore, AVV. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME ha chiesto l’accoglimento dei ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appelio di Reggio Calabria ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i reati cui ai ; , 1)e 2) dell’imputazione (artt. 337 e 582 cod. pen.).
NOME COGNOME ricorre per cassazione deducendo due motivi, di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo si eccepisce l’erronea applicazione degli artt. 157 e 159 cod. pen. Si censura al riguardo la parte della motivazione in cui, nonostante l’esclusione della recidiva contestata, la Corte territoriale ha ritenuto non essere ancora maturata la prescrizione, eccepita anche dal Procuratore Generale nella sua requisitoria. Rileva, a tal fine, il ricorrente che nel corso del processo vi è stato un periodo di sospensione dei termini di prescrizione pari a quattro mesi e ventisei giorni e, pertanto, il termi massimo di prescrizione è maturato alla data del 17/4/2024, prima della pronuncia impugnata.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’elemento soggettivo del reato e alla ritenuta configurabilità nel caso d specie di un atto di ufficio o di servizio. Rileva il ricorrente che, sulla base d ricostruzione dei fatti adottata dai Giudici di merito, risulta che: a) lo stesso, essen sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, dopo una lite con il fratello a seguito d quale aveva riportato delle ferite, aveva chiesto l’intervento della Polizia; b) ottenuto permesso di recarsi al pronto soccorso, che raggiungeva con mezzi propri, una volta ricevute le cure mediche, riceveva l’invito da parte dei due Agenti di Polizia a fare rientro presso il proprio domicilio, invito al quale reagiva con la condotta contestata a capo 1). Ad avviso del ricorrente, l’invito rivoltogli dagli operanti non può esse ricompreso nella nozione di atti dell’ufficio o del servizio, non essendo espressione della funzione pubblica svolta. Ciò in quanto l’imputato non aveva tenuto alcun comportamento che legittimasse l’esercizio dei poteri autoritativi dei due Pubblici Ufficiali né aveva manifestato l’intenzione di non rientrare presso ia sua abitazione.
Si aggiunge, inoltre, sotto il profilo dell’elemento psicologico, che la condotta dell’imputato non era contrapposta ad un atto dell’ufficio e, dunque, era inidonea a creare un ostacolo al suo compimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato in quanto, sulla base di quanto risulta dal fascicolo processuale, cui questa Corte può accedere in ragione della natura della questione dedotta, risulta che il corso della prescrizione è stato sospeso per complessivi cinque mesi e tre giorni (dovendosi a tal fine considerare anche la sospensione correlata alla legislazione emergenziale in tema di COVID-19), cosicché de escludersi che il termine di prescrizione fosse maturato alla data della pronunci sentenza impugnata.
2. Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità in quanto manifestamente infondato e generico.
Come correttamente affermato dalla Corte territoriale, gli agenti operanti stavano compiendo un atto del loro ufficio nel momento in cui hanno invitato l’imputato a rientrare
presso l’abitazione ove si trovava ristretto agli arresti domiciliari. Si trattava, infatti un atto posto in essere in adempimento di un preciso dovere d’ufficio attinente al
ripristino della misura cautelare. Tale atto, infatti, rappresentava l’ultimo segmento del controllo operato presso l’abitazione dove si trovava ristretto l’imputato, a seguito del
quale lo stesso era stato autorizzato ad allontanarsi per ricevere le necessarie cure mediche.
L’elemento psicologico del reato emerge con evidenza dalla descrizione della reazione tenuta dall’imputato, il quale, oltre a inveire cori gli operanti, esercitava violenza
nei confronti di uno di essi, cagionando le lesioni di cui al capo 2), tanto che gli stessi, solo dopo numerosi tentativi, riuscivano ad ammanettarlo.
Va, infatti, ribadito che, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, il dolo specifico si concreta nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia al fine di opporsi al
compimento di un atto dell’ufficio, mentre del tutto estranei sono lo scopo mediato ed i motivi di fatto avuti di mira dall’agente (Sez. 6, n. 35277 del 20/10/2020, COGNOME, Rv. 280166).
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 28 febbraio 2025.