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Resistenza a pubblico ufficiale: lesioni non assorbite

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5012/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che le lesioni personali cagionate all’agente non possono essere assorbite dal reato di resistenza, in quanto rappresentano una violenza che eccede il minimo necessario per opporsi all’atto d’ufficio, configurando così un reato autonomo.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando le Lesioni non Vengono Assorbite

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è una fattispecie complessa che spesso solleva interrogativi sui suoi limiti, specialmente quando la condotta oppositiva sfocia in atti violenti che causano lesioni agli agenti. Con la recente ordinanza n. 5012 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la violenza che cagiona lesioni personali non viene assorbita dal reato di resistenza, ma costituisce un’autonoma fattispecie di reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da un cittadino avverso la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. L’imputato aveva basato il suo ricorso su tre motivi principali:

1. Un presunto vizio di motivazione, sostenendo di non essersi reso conto di avere di fronte dei pubblici ufficiali.
2. La tesi secondo cui le lesioni provocate agli agenti avrebbero dovuto essere considerate ‘assorbite’ nel più generale reato di resistenza.
3. Una censura relativa alla funzione della pena inflitta.

La Corte d’Appello aveva già respinto tutte queste argomentazioni, ma il ricorrente ha deciso di portare la questione davanti alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione e il reato di resistenza a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione dei giudici di secondo grado. La Suprema Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo chiarimenti cruciali sul perimetro del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

La Consapevolezza della Qualifica di Pubblico Ufficiale

In primo luogo, i giudici hanno ritenuto il primo motivo una semplice riproposizione di una censura già adeguatamente affrontata e respinta. La Corte d’Appello aveva infatti logicamente dedotto che l’imputato fosse pienamente consapevole della qualifica degli agenti, dato che la sua reazione violenta era scaturita proprio a seguito della richiesta di esibire i documenti, momento in cui aveva iniziato a prendere il portafogli. Questo comportamento dimostrava inequivocabilmente il riconoscimento dell’autorità.

La Distinzione tra Violenza e Lesioni

Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo. La Cassazione lo ha definito ‘manifestamente infondato’, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale (in particolare, la sentenza n. 24554 del 2013). Secondo questo principio, il delitto di resistenza assorbe unicamente ‘quel minimo di violenza’ che si concretizza nell’opposizione all’atto d’ufficio. Qualsiasi atto ulteriore, che esorbita da questi limiti e provoca lesioni personali al pubblico ufficiale, non può essere assorbito e configura un reato distinto e concorrente.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione della Suprema Corte si basa su una chiara linea di demarcazione. La norma sulla resistenza a pubblico ufficiale è posta a tutela del corretto svolgimento della pubblica funzione, non dell’incolumità fisica del funzionario. Quando la condotta dell’aggressore va oltre la semplice opposizione e lede l’integrità fisica dell’agente, si verifica un’offesa a un bene giuridico diverso e ulteriore (la salute della persona), che deve essere autonomamente sanzionato. I giudici hanno anche chiarito che il richiamo a una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 40981 del 2018) da parte della difesa era impertinente, in quanto quel caso trattava della diversa questione del concorso formale di reati in caso di resistenza a più pubblici ufficiali nel medesimo contesto, e non del rapporto tra resistenza e lesioni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di estrema importanza pratica. Chi si oppone a un atto d’ufficio deve essere consapevole che superare la soglia della ‘minima violenza’ necessaria all’opposizione e cagionare lesioni agli agenti comporterà un’imputazione aggiuntiva. La decisione riafferma la necessità di tutelare non solo la pubblica amministrazione ma anche l’integrità fisica dei suoi funzionari. In sintesi, la resistenza e le lesioni sono due reati distinti che, se commessi nel medesimo contesto, verranno perseguiti e puniti separatamente, con un conseguente inasprimento della sanzione penale.

Cosa succede se, opponendo resistenza a un pubblico ufficiale, gli si causano delle lesioni?
Secondo la Corte di Cassazione, le lesioni personali non sono assorbite dal reato di resistenza. Si risponderà di entrambi i reati (resistenza e lesioni), poiché la violenza che causa un danno fisico va oltre il minimo necessario per la sola opposizione all’atto d’ufficio.

È possibile basare un ricorso in Cassazione sugli stessi argomenti già respinti dalla Corte d’Appello?
No, se il ricorso si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente e logicamente confutate nel giudizio precedente, senza introdurre nuovi profili di illegittimità, viene dichiarato inammissibile.

Come si stabilisce se un imputato era consapevole di trovarsi di fronte a un pubblico ufficiale?
La consapevolezza può essere desunta da elementi fattuali e dal comportamento dell’imputato. Nel caso di specie, il fatto che la persona avesse iniziato a prendere il portafogli dopo la richiesta di documenti è stato ritenuto prova sufficiente della sua consapevolezza di interagire con le forze dell’ordine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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