Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 46330 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 46330 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato il 12/01/1994 a Maddaloni
avverso la sentenza del 27/10/2023 della Corte d’appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza di condanna di NOME COGNOME per i seguenti reati: resistenza a pubblico ufficiale, per aver usato violenza sulle cose, e cioè per aver danneggiato alcune
bacheche in vetro presenti all’interno dell’Ufficio Volanti del Commissariato e per aver usato minaccia, consistita nel brandire un pezzo di vetro della bacheca poco prima danneggiata, allo scopo di impedire agli agenti di compilare la notifica della sanzione amministrativa pecuniaria conseguente alla contestazione a lui elevata per guida senza patente (art. 337 cod. pen.) (capo a); danneggiamento, per aver distrutto le ante di vetro della bacheca suddetta (art. 635, comma 2, n. 1, cod. pen.) (capo b).
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME deducendo, per il tramite dell’Avvocato NOME COGNOME tre motivi.
2.1. Errata applicazione dell’art. 337 cod. pen., vizio di motivazione e travisamento delle prove.
Entrambe le sentenze di merito hanno travisato la prova, non essendo emerso dagli atti che le minacce di COGNOME fossero rivolte agli agenti, ed essendo, al contrario, risultata la sua condotta (consistita nel brandire un pezzo di vetro e rivolgerlo esclusivamente verso la propria gola) soltanto autolesionistica ed autopunitiva, sicché è mancata la prova della necessaria correlazione tra le minacce di COGNOME e il compimento dell’atto che questi avrebbe inteso impedire.
Difetterebbe, quindi, il dolo specifico che rappresenta elemento tipico della fattispecie.
2.2. Violazione della legge penale e vizio di motivazione quanto all’omessa applicazione del minimo edittale, delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e del computo della pena in punto di continuazione.
La Corte d’appello afferma di condividere la dosimetria della pena compiuta dal Tribunale, ma poi fa un incomprensibile richiamo alle circostanze attenuanti generiche, già applicate in primo grado, con incongruo riferimento «all’importanza del bene vita», non pertinente in relazione alle fattispecie contestate, rendendo evidente che la motivazione non si riferisce ai fatti della sentenza.
2.3. Mancata applicazione dell’art. 62, comma 1, n. 4, cod. pen. e vizio di motivazione.
Replicando l’omissione dei Giudici di primo grado, anche quelli dell’appello non hanno motivato in ordine al diniego della richiesta difensiva di applicare l’attenuante in oggetto nonostante l’evidente speciale tenuità del danno patrimoniale provocato dal danneggiamento (bacheca).
Il ricorrente ha presentato conclusioni di replica alla requisitoria del Procuratore Generale, in cui insiste sull’accoglimento di tutti e tre i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato e deve essere, dunque, rigettato.
Si prescinda dalla considerazione che il delitto di resistenza a pubblico ufficiale può essere integrato anche da una condotta autolesionistica dell’agente, quando la stessa sia finalizzata ad impedire o contrastare il compimento di un atto dell’ufficio ad opera del pubblico ufficiale (Sez. 6, n. 42951 del 09/09/2016, COGNOME, Rv. 268719; Sez. 6, n. 20287 del 24/04/2001, COGNOME, Rv. 218840).
Nella sentenza di primo grado – che, con quella impugnata, trattandosi di c.d. doppia conforme, forma un unico corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. ]277218) – sono riportate le frasi rivolte dall’imputato ai pubblici ufficiali e, soprattutto, emerge che, prima di rivolgere il pezzo di vetro verso di sé, l’imputato lo aveva rivolto all’indirizzo degli agenti, precisandosi altresì che «la ricostruzione della vicenda è riscontrata dal verbale di arresto, dal verbale di perquisizione da quello di contravvenzione al codice della strada elevato per guida senza patente».
La sentenza di primo grado aveva fissato la pena base in nove mesi (riducendola a sei mesi per le attenuanti generiche, per poi aumentarla di nuovo a nove mesi per la continuazione e ridurla, ancora, in ragione del rito).
Le attenuanti generiche erano state, dunque, concesse e la relativa diminuzione disposta nella misura massima.
Nulla, però, avevano detto i Giudici sulla mancata applicazione del minimo edittale – anche se la pena irrogata, comunque, non si discosta significativamente da tale minimo – e, soprattutto, sull’aumento per la continuazione.
Tali lacune, lungi dall’essere colmate in secondo grado, risultano amplificate per effetto dell’ambiguità motivazionale del provvedimento impugnato rilevata dal ricorrente, e meritano, dunque, già sotto questo profilo, censura.
Soprattutto, poi, la sentenza di appello nulla replica all’imputato il quale invocava l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen., dolendosi del fatto che già il Giudice di primo grado avesse omesso di fornire risposta sul punto, e rappresentando come il criterio da prediligere ai fini della valutazione della speciale tenuità del danno patrimoniale dovesse essere quello cosiddetto oggettivo, incentrato sul valore in sé considerato della res che, nel caso di specie, era una bacheca di vetro.
Anche il terzo motivo merita, conseguentemente, accoglimento, non avendo il Giudice dell’appello assolto al suo obbligo motivazionale.
La sentenza impugnata deve essere dunque annullata, con rinvio al Giudice di appello perché svolga un nuovo esame quanto alla determinazione della pena.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 22/10/2024