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Resistenza a pubblico ufficiale: la minaccia basta

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte conferma che le semplici minacce verbali durante un controllo sono sufficienti a configurare il reato, indipendentemente dal fatto che l’azione degli agenti venga effettivamente ostacolata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: la sola minaccia è sufficiente

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: per commettere questo reato non è necessario un atto di violenza fisica né che l’azione del pubblico ufficiale venga effettivamente impedita. Le sole minacce verbali sono sufficienti. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso per comprendere meglio le implicazioni di questa pronuncia.

Il caso: minacce durante un controllo stradale

I fatti all’origine della vicenda sono piuttosto comuni. Un automobilista, durante un controllo stradale, veniva fermato dalle forze dell’ordine per una contestazione di infrazione al Codice della Strada. In risposta all’operato degli agenti, l’uomo proferiva frasi minacciose. Condannato in primo grado e in appello per il reato di cui all’art. 337 del Codice Penale, l’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione. La sua difesa sosteneva, tra le altre cose, che le sue azioni non avessero concretamente ostacolato l’operato degli agenti e faceva riferimento a una sua presunta difficoltà di deambulazione.

La decisione della Corte di Cassazione sul reato di resistenza a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e correttamente respinte nei precedenti gradi di giudizio. I giudici di legittimità hanno confermato la solidità della motivazione della Corte d’Appello, che aveva ritenuto pienamente integrati tutti gli elementi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Le motivazioni: quando si configura la resistenza a pubblico ufficiale?

Il cuore della decisione risiede nella natura stessa del reato. La Corte ha spiegato che, ai fini dell’integrazione del delitto previsto dall’art. 337 c.p., non è necessario che la libertà di azione del pubblico ufficiale sia concretamente impedita. È sufficiente che si utilizzi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto d’ufficio.
Il reato si perfeziona con la condotta di opposizione, a prescindere dal suo esito. Che l’agente riesca o meno a completare l’atto (in questo caso, la contestazione dell’infrazione) è irrilevante. La legge punisce il semplice fatto di aver creato un pericolo per il regolare svolgimento della funzione pubblica.
Nel caso specifico, le frasi minacciose pronunciate dall’imputato rappresentavano quella “minaccia” richiesta dalla norma. Inoltre, la Corte ha considerato irrilevante la difficoltà di deambulazione dell’uomo, dato che egli stesso aveva spontaneamente obbedito all’ordine di scendere dal veicolo, dimostrando che la sua condizione non era tale da giustificare o spiegare il suo comportamento minaccioso.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza serve come un chiaro monito per tutti i cittadini. Durante un’interazione con le forze dell’ordine o altri pubblici ufficiali, è fondamentale mantenere un comportamento corretto e collaborativo. La pronuncia chiarisce che il confine tra una protesta legittima e il reato di resistenza è molto sottile e può essere superato anche solo con le parole. Le minacce, anche se non seguite da azioni violente, sono di per sé sufficienti a far scattare una condanna penale. La decisione sottolinea che l’obiettivo della norma non è solo proteggere l’incolumità fisica del pubblico ufficiale, ma anche e soprattutto garantire che le funzioni pubbliche possano essere svolte senza interferenze o intimidazioni.

Per commettere il reato di resistenza a pubblico ufficiale è necessario usare la violenza fisica?
No, la sentenza chiarisce che anche la sola minaccia verbale è sufficiente per integrare il reato, poiché la norma sanziona chiunque usi “violenza o minaccia” per opporsi.

Il reato si configura solo se si riesce a impedire al pubblico ufficiale di compiere il suo dovere?
No, il reato sussiste indipendentemente dall’esito dell’azione. È sufficiente la condotta di opposizione violenta o minacciosa, anche se l’atto d’ufficio viene comunque portato a termine.

Una condizione fisica personale può essere una giustificazione per le minacce?
No. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto irrilevante la difficoltà di deambulazione dell’imputato, poiché egli aveva già dimostrato di poter collaborare scendendo spontaneamente dal veicolo. La condizione fisica non giustificava il successivo comportamento minaccioso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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