LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Resistenza a pubblico ufficiale: la giustificazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato aveva colpito un agente durante il suo arresto per tentato furto, sostenendo che la sua reazione fosse stata provocata dal rifiuto dell’agente di restituirgli il cellulare. La Corte ha stabilito che, nel contesto di un arresto legittimo, tale rifiuto non costituisce un atto arbitrario che possa giustificare la violenza, confermando l’inapplicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis del codice penale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: quando la reazione non è giustificata

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3944/2024, si è pronunciata su un caso di resistenza a pubblico ufficiale, offrendo un importante chiarimento sui limiti della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis del codice penale. La vicenda riguarda un cittadino che, durante un arresto per tentato furto, ha reagito violentemente contro un agente. La questione centrale è: il rifiuto di un agente di restituire un telefono cellulare durante un’operazione di polizia può essere considerato un ‘atto arbitrario’ tale da giustificare la reazione del cittadino? La Suprema Corte ha dato una risposta netta, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando la condanna.

I Fatti del Caso

I fatti all’origine della controversia vedono un individuo colpire uno degli agenti di polizia che lo stavano arrestando per il reato di tentato furto. L’imputato, nel suo ricorso, ha tentato di giustificare la propria condotta sostenendo di aver reagito a un comportamento ingiusto da parte dell’agente. Nello specifico, l’agente si era rifiutato di restituirgli il telefono cellulare, che l’uomo intendeva visionare in quel preciso momento. Secondo la tesi difensiva, tale rifiuto avrebbe configurato un atto arbitrario, legittimando la sua reazione e rendendo applicabile l’esimente dell’art. 393-bis c.p.

La Decisione sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni presentate non erano nuove, ma riproducevano deduzioni già esaminate e respinte con adeguata motivazione dalla Corte d’Appello. La decisione si fonda su una valutazione precisa del contesto in cui si sono svolti i fatti.

L’Esclusione della Causa di Giustificazione (art. 393-bis c.p.)

Il punto cruciale della decisione riguarda l’inapplicabilità dell’esimente prevista per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che per ‘atto arbitrario’ si deve intendere un comportamento che eccede gravemente le competenze e le finalità istituzionali dell’agente, manifestandosi come un abuso di potere o una prevaricazione ai danni del cittadino. Nel caso di specie, la condotta dell’agente non rientrava in questa categoria. L’arresto era in corso per un reato grave come il tentato furto, e in tale contesto, la gestione degli oggetti personali dell’arrestato, incluso il telefono, rientra nelle legittime operazioni di sicurezza e controllo svolte dalla polizia giudiziaria.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che la Corte d’Appello aveva già correttamente valutato la situazione. La violenza dell’imputato non era una reazione a un sopruso, ma un’opposizione a un atto legittimo, ovvero l’arresto. Il rifiuto di restituire il telefono, considerato il frangente operativo, non può essere qualificato come un atto arbitrario che lede i diritti fondamentali della persona in modo tale da giustificare una reazione violenta. La condotta dell’agente era pienamente inserita nell’ambito delle sue funzioni e finalizzata a completare l’arresto in sicurezza. Pertanto, la condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) è stata ritenuta corretta e l’esimente dell’art. 393-bis c.p. è stata giustamente esclusa.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la causa di giustificazione per la reazione a un atto arbitrario non può essere invocata per opporsi a legittime attività di polizia. La valutazione del carattere ‘arbitrario’ di un atto deve essere rigorosa e contestualizzata. Un disagio o una richiesta non esaudita durante un’operazione di polizia, come un arresto, non legittima l’uso della violenza. La decisione della Cassazione, quindi, consolida l’orientamento giurisprudenziale che tutela l’operato delle forze dell’ordine, ponendo un chiaro confine tra la legittima reazione a un abuso e l’illegittima opposizione all’autorità.

Quando una reazione violenta contro un pubblico ufficiale è considerata un reato?
L’uso di violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio integra sempre il reato di resistenza (art. 337 c.p.), a meno che non ricorrano specifiche cause di giustificazione.

Cosa si intende per ‘atto arbitrario’ di un pubblico ufficiale?
Un atto è considerato arbitrario quando il pubblico ufficiale abusa del suo potere, agendo in modo prevaricatore e al di fuori dei limiti e delle finalità previste dalla legge, ledendo ingiustamente i diritti del cittadino.

Il rifiuto di un agente di restituire un telefono durante un arresto giustifica una reazione violenta?
No. Secondo questa ordinanza, nel contesto di un arresto legittimo per un reato, il rifiuto di restituire immediatamente un telefono non è un atto arbitrario che possa giustificare la resistenza violenta dell’arrestato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati