Resistenza a pubblico ufficiale: quando la reazione non è giustificata
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3944/2024, si è pronunciata su un caso di resistenza a pubblico ufficiale, offrendo un importante chiarimento sui limiti della causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis del codice penale. La vicenda riguarda un cittadino che, durante un arresto per tentato furto, ha reagito violentemente contro un agente. La questione centrale è: il rifiuto di un agente di restituire un telefono cellulare durante un’operazione di polizia può essere considerato un ‘atto arbitrario’ tale da giustificare la reazione del cittadino? La Suprema Corte ha dato una risposta netta, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando la condanna.
I Fatti del Caso
I fatti all’origine della controversia vedono un individuo colpire uno degli agenti di polizia che lo stavano arrestando per il reato di tentato furto. L’imputato, nel suo ricorso, ha tentato di giustificare la propria condotta sostenendo di aver reagito a un comportamento ingiusto da parte dell’agente. Nello specifico, l’agente si era rifiutato di restituirgli il telefono cellulare, che l’uomo intendeva visionare in quel preciso momento. Secondo la tesi difensiva, tale rifiuto avrebbe configurato un atto arbitrario, legittimando la sua reazione e rendendo applicabile l’esimente dell’art. 393-bis c.p.
La Decisione sulla resistenza a pubblico ufficiale
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le argomentazioni presentate non erano nuove, ma riproducevano deduzioni già esaminate e respinte con adeguata motivazione dalla Corte d’Appello. La decisione si fonda su una valutazione precisa del contesto in cui si sono svolti i fatti.
L’Esclusione della Causa di Giustificazione (art. 393-bis c.p.)
Il punto cruciale della decisione riguarda l’inapplicabilità dell’esimente prevista per chi reagisce a un atto arbitrario di un pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che per ‘atto arbitrario’ si deve intendere un comportamento che eccede gravemente le competenze e le finalità istituzionali dell’agente, manifestandosi come un abuso di potere o una prevaricazione ai danni del cittadino. Nel caso di specie, la condotta dell’agente non rientrava in questa categoria. L’arresto era in corso per un reato grave come il tentato furto, e in tale contesto, la gestione degli oggetti personali dell’arrestato, incluso il telefono, rientra nelle legittime operazioni di sicurezza e controllo svolte dalla polizia giudiziaria.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha motivato la sua decisione evidenziando che la Corte d’Appello aveva già correttamente valutato la situazione. La violenza dell’imputato non era una reazione a un sopruso, ma un’opposizione a un atto legittimo, ovvero l’arresto. Il rifiuto di restituire il telefono, considerato il frangente operativo, non può essere qualificato come un atto arbitrario che lede i diritti fondamentali della persona in modo tale da giustificare una reazione violenta. La condotta dell’agente era pienamente inserita nell’ambito delle sue funzioni e finalizzata a completare l’arresto in sicurezza. Pertanto, la condanna per il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) è stata ritenuta corretta e l’esimente dell’art. 393-bis c.p. è stata giustamente esclusa.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la causa di giustificazione per la reazione a un atto arbitrario non può essere invocata per opporsi a legittime attività di polizia. La valutazione del carattere ‘arbitrario’ di un atto deve essere rigorosa e contestualizzata. Un disagio o una richiesta non esaudita durante un’operazione di polizia, come un arresto, non legittima l’uso della violenza. La decisione della Cassazione, quindi, consolida l’orientamento giurisprudenziale che tutela l’operato delle forze dell’ordine, ponendo un chiaro confine tra la legittima reazione a un abuso e l’illegittima opposizione all’autorità.
Quando una reazione violenta contro un pubblico ufficiale è considerata un reato?
L’uso di violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio integra sempre il reato di resistenza (art. 337 c.p.), a meno che non ricorrano specifiche cause di giustificazione.
Cosa si intende per ‘atto arbitrario’ di un pubblico ufficiale?
Un atto è considerato arbitrario quando il pubblico ufficiale abusa del suo potere, agendo in modo prevaricatore e al di fuori dei limiti e delle finalità previste dalla legge, ledendo ingiustamente i diritti del cittadino.
Il rifiuto di un agente di restituire un telefono durante un arresto giustifica una reazione violenta?
No. Secondo questa ordinanza, nel contesto di un arresto legittimo per un reato, il rifiuto di restituire immediatamente un telefono non è un atto arbitrario che possa giustificare la resistenza violenta dell’arrestato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3944 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
30442/23
Ritenuto che il ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME riproduce deduzioni già vagliate e disattese dalla Corte di appello che ha adeguatamente motivato circa l sussistenza del reato ex art. 337 cod. pen. , con esclusione della esimente ex art. 393-bis cod. pen., perché l’imputato colpi uno degli agenti che lo stavano arrestando per il reato di tenta furto e, in quel contesto, non risulta essere stato il rifiuto di fargli riavere il telefono c che egli intendeva in quel frangente visionare;
ritenuto, pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023
fe estensore
sente