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Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga pericolosa

La Corte di Cassazione conferma la condanna per resistenza a pubblico ufficiale a carico di un motociclista fuggito contromano per evitare un controllo di polizia. La Corte ha stabilito che una guida pericolosa, atta a ostacolare l’inseguimento, integra il reato, superando il concetto di mera fuga non punibile. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga pericolosa in scooter è reato

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19225/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di resistenza a pubblico ufficiale: la semplice fuga non costituisce reato, ma se questa si traduce in una condotta di guida pericolosa, tale da ostacolare l’azione delle forze dell’ordine, il delitto è pienamente configurato. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso riguarda un giovane alla guida di un motociclo che, per sottrarsi a un controllo delle forze dell’ordine, si dava alla fuga. L’imputato, peraltro già noto agli agenti e privo di casco, non si limitava a scappare, ma percorreva una strada contromano, ponendo in essere una condotta di guida estremamente pericolosa. Tale manovra rendeva di fatto impossibile l’inseguimento da parte della pattuglia, mettendo a rischio la sicurezza stradale.

I motivi del ricorso

La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Errata individuazione del colpevole e insussistenza del reato: si contestava che l’imputato fosse stato correttamente riconosciuto e che la sua condotta potesse essere qualificata come resistenza.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: si lamentava che la Corte d’Appello non avesse concesso una riduzione di pena, nonostante la richiesta.

La decisione della Corte sulla resistenza a pubblico ufficiale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati. I giudici hanno chiarito in modo netto la linea di demarcazione tra la fuga passiva e la resistenza attiva. La condotta dell’imputato non è stata una semplice omissione (il non fermarsi), ma un’azione positiva e pericolosa (guidare contromano) finalizzata a impedire l’adempimento di un atto d’ufficio, ovvero il controllo di polizia.

L’identificazione dell’imputato

Sul primo punto, la Corte ha ritenuto del tutto plausibile il riconoscimento effettuato dagli agenti. L’imputato era un soggetto già noto alle forze dell’ordine e, particolare non di poco conto, guidava senza casco, rendendo il suo volto facilmente visibile e riconoscibile.

Il diniego delle attenuanti generiche

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte di Cassazione ha validato la decisione della Corte d’Appello, la quale aveva ampiamente e logicamente motivato il perché non fossero state concesse le attenuanti generiche. Non sono emersi elementi tali da poter ridurre la gravità della condotta, caratterizzata da un’elevata pericolosità.

Le motivazioni: la configurabilità della resistenza a pubblico ufficiale

La motivazione centrale dell’ordinanza risiede nella qualificazione giuridica della fuga. La giurisprudenza è costante nel distinguere tra la mera fuga, che non integra il reato di cui all’art. 337 c.p., e la fuga attuata con modalità violente o minacciose. In questo contesto, la ‘violenza’ non deve essere intesa solo come aggressione fisica diretta agli agenti, ma anche come qualsiasi condotta che ponga in essere un serio pericolo per l’incolumità pubblica o per gli stessi agenti, al fine di ostacolarne l’operato. La guida contromano è stata considerata un esempio emblematico di tale ‘violenza’ indiretta, sufficiente a integrare il reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione serve come un chiaro monito: tentare di sottrarsi a un controllo di polizia con manovre di guida spericolate non è una semplice infrazione al Codice della Strada, ma un grave reato penale. La decisione sottolinea che la tutela della funzione pubblica e della sicurezza stradale prevale sulla libertà individuale di darsi alla fuga. Per l’imputato, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma a favore della Cassa delle ammende.

Fuggire dalla polizia è sempre reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No, la semplice fuga non è sufficiente. Diventa reato quando, per scappare, si compiono atti di violenza o minaccia, come ad esempio una guida pericolosa che mette a rischio l’incolumità altrui e ostacola attivamente l’inseguimento, come la guida contromano nel caso esaminato.

Perché l’identificazione dell’imputato è stata ritenuta valida in questo caso?
L’identificazione è stata considerata pienamente valida perché l’imputato era un soggetto già ben noto alle forze dell’ordine e, al momento del fatto, non indossava il casco, rendendo il suo riconoscimento agevole e plausibile per gli agenti.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito perché ritenuto manifestamente infondato o privo dei requisiti di legge. La sentenza impugnata diventa quindi definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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