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Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga non basta

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato una condanna per spaccio e resistenza a pubblico ufficiale. Secondo la Corte, per configurare il reato di resistenza non è sufficiente la mera fuga in auto, ma è necessario dimostrare un pericolo concreto e oggettivo. La sentenza ha anche chiarito che la continuazione tra i due reati è ipotizzabile, dato che la necessità di forzare un controllo di polizia è un’eventualità prevedibile durante il trasporto di droga.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga non basta, serve un pericolo concreto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 47039 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale: quando una fuga in auto per sottrarsi a un controllo di polizia integra il grave reato di resistenza a pubblico ufficiale? La decisione chiarisce che non è sufficiente eludere l’inseguimento, ma è indispensabile che la condotta di guida crei una situazione di pericolo reale e provato per l’incolumità pubblica. Questo principio ha portato all’annullamento parziale di una condanna, con rinvio alla Corte di Appello per una nuova valutazione.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un automobilista condannato in primo e secondo grado per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio e per resistenza a pubblico ufficiale. I fatti si sono svolti durante un controllo di polizia, dal quale l’imputato si era sottratto dandosi alla fuga a bordo della sua autovettura, riuscendo a far perdere le proprie tracce all’agente che lo inseguiva in motocicletta. La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, contestando diversi punti della sentenza d’appello, tra cui la configurabilità stessa del reato di resistenza e il mancato riconoscimento della continuazione tra i reati.

L’analisi della Cassazione sulla resistenza a pubblico ufficiale

Il punto focale della sentenza è la critica mossa alla motivazione della Corte di Appello riguardo al reato di resistenza. I giudici di merito avevano dedotto la pericolosità della fuga dalla semplice circostanza che l’imputato fosse riuscito a seminare un veicolo, la motocicletta della polizia, ritenuto più agile nel traffico urbano.

La Cassazione ha giudicato tale ragionamento carente e puramente congetturale. Secondo gli Ermellini, per integrare l’elemento oggettivo dell’art. 337 c.p., non basta una semplice fuga. È necessario che l’azione si svolga con modalità tali da mettere concretamente in pericolo la sicurezza degli altri utenti della strada o degli stessi agenti. Nel caso di specie, la difesa aveva prodotto video dai quali non emergevano né una velocità elevata né situazioni di rischio. La Corte di Appello, invece di analizzare questi elementi oggettivi, si è basata su una deduzione illogica. Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la sentenza su questo punto, imponendo al giudice del rinvio di verificare, sulla base di prove concrete, se la fuga abbia effettivamente creato una situazione di pericolo.

Il Riconoscimento della Continuazione tra Reati

Un altro motivo di ricorso accolto riguarda il mancato riconoscimento della continuazione tra il reato di spaccio e quello di resistenza. La Corte di Appello aveva escluso il “medesimo disegno criminoso” sostenendo che chi trasporta droga non si prefigura necessariamente di dover forzare un posto di blocco.

Anche su questo punto, la Cassazione ha ribaltato la decisione. Il rischio di subire un controllo stradale, per chi trasporta illegalmente sostanze stupefacenti in auto, è un’ipotesi “tutt’altro che imprevedibile”. Pertanto, la volontà di opporsi con la forza a un eventuale accertamento può essere considerata come parte del programma criminoso iniziale. La decisione di riconoscere o meno la continuazione deve basarsi su una valutazione complessiva delle circostanze del caso concreto (durata, modalità del trasporto, orario), per stabilire se la resistenza fosse un’eventualità prevedibile e accettata dall’autore del reato sin dall’inizio.

La Questione del Reato di Lieve Entità

La Corte ha invece rigettato il motivo di ricorso volto a riqualificare il reato di spaccio nell’ipotesi di “lieve entità” (comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90). La valutazione dei giudici di merito è stata considerata corretta e ben motivata. A escludere la lieve entità non era solo il dato quantitativo della droga (oltre 31 grammi di cocaina pura, pari a più di duecento dosi), ma anche le modalità dell’azione. In particolare, la presenza di un’altra autovettura con funzione di “staffetta” (per anticipare e segnalare controlli) è stata ritenuta un chiaro indice di un’attività di traffico strutturata e su larga scala, incompatibile con la minima offensività richiesta dalla norma.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema riaffermano due principi giuridici fondamentali. Primo, per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, la prova non può basarsi su congetture, ma deve fondarsi su elementi oggettivi che dimostrino la creazione di un pericolo concreto per la pubblica incolumità. La sola fuga non è sufficiente. Secondo, ai fini del riconoscimento della continuazione tra reati, il nesso ideologico non deve essere inteso in senso restrittivo. Se la commissione di un secondo reato (la resistenza) è uno sviluppo prevedibile e logicamente conseguente al primo (il trasporto di droga), allora è possibile configurare un unico disegno criminoso, a meno che non emerga una chiara occasionalità.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata parzialmente con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello di Napoli. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso, attenendosi ai principi stabiliti dalla Cassazione, per decidere se la fuga dell’imputato abbia effettivamente integrato il reato di resistenza e se tra questo e lo spaccio sussista il vincolo della continuazione. La decisione ribadisce l’importanza di un’analisi rigorosa e basata su prove concrete, respingendo le motivazioni fondate su mere presunzioni.

Fuggire da un posto di blocco costituisce sempre reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No. Secondo la sentenza, la semplice fuga non è sufficiente. È necessario che la condotta si svolga con modalità tali da creare un pericolo concreto e provato per l’incolumità degli altri utenti della strada o degli stessi agenti di polizia, costringendoli a un inseguimento pericoloso.

È possibile riconoscere la continuazione tra il reato di spaccio e quello di resistenza?
Sì, è possibile. La Corte ha stabilito che, poiché il rischio di subire un controllo stradale è un’eventualità prevedibile per chi trasporta droga, l’intenzione di resistere a tale controllo può far parte del medesimo disegno criminoso iniziale. La decisione dipende dalla valutazione delle circostanze concrete del caso.

Quali elementi escludono la qualificazione di un fatto di spaccio come di “lieve entità”?
Oltre al dato quantitativo e qualitativo della sostanza, elementi come le modalità e le circostanze dell’azione sono determinanti. Nel caso specifico, l’utilizzo di un’auto “staffetta” per eludere i controlli è stato considerato un indice di un’attività di traffico su larga scala, incompatibile con l’ipotesi della lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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