Resistenza a pubblico ufficiale: quando la fuga in auto è reato
Il concetto di resistenza a pubblico ufficiale è spesso al centro di dibattiti giuridici, specialmente quando si tratta di distinguere una condotta meramente passiva da un’azione attivamente violenta o minacciosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 35914/2024) offre un chiarimento fondamentale: la fuga in automobile, se condotta in modo pericoloso, integra pienamente gli estremi del reato. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I fatti del caso: una fuga pericolosa nel centro città
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata nei primi due gradi di giudizio per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, per sottrarsi a un controllo, si era dato alla fuga a bordo della propria autovettura. La fuga non era stata un semplice tentativo di allontanarsi, ma si era protratta per oltre due chilometri nel centro abitato, in mezzo a una folla di persone e altri veicoli. Questa condotta aveva creato una situazione di grave pericolo sia per l’incolumità pubblica sia per gli stessi agenti che lo inseguivano.
La difesa dell’imputato aveva tentato di presentare l’accaduto come una mera resistenza passiva, una lettura dei fatti definita dalla Corte “estremamente riduttiva”. Il ricorso in Cassazione si basava principalmente su questo punto e sulla contestazione del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La decisione della Corte di Cassazione e la resistenza a pubblico ufficiale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno sottolineato come il ricorso non facesse altro che riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata.
Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione della condotta. Secondo la Cassazione, la fuga descritta non può essere considerata una semplice resistenza passiva. Al contrario, essa costituisce una “vera e propria azione violenta e minacciosa”. La pericolosità della guida, la velocità sostenuta in un’area affollata e la persistenza nella fuga per un lungo tratto integrano pienamente la violenza richiesta dalla norma penale, poiché mettono a repentaglio la sicurezza di terze persone, inclusi gli agenti inseguitori.
Il diniego delle attenuanti generiche
Un altro motivo di ricorso riguardava la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Anche su questo punto, la Corte ha rigettato le doglianze della difesa. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito non è tenuto a esaminare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole all’imputato. È sufficiente che la motivazione del diniego si basi sugli elementi ritenuti decisivi e rilevanti per il giudizio.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, immune da vizi, per negare le attenuanti. Pertanto, tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità.
Le motivazioni della Corte
Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, la genericità e la natura reiterativa del ricorso, che si limita a esprimere un dissenso rispetto alla valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito, senza individuare vizi logici o giuridici specifici nella sentenza impugnata. In secondo luogo, la corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di resistenza a pubblico ufficiale e di concessione delle attenuanti generiche. La Corte ha confermato che la violenza richiesta dal reato non si limita all’aggressione fisica diretta, ma include qualsiasi comportamento che crei un pericolo concreto e sia finalizzato a impedire l’azione del pubblico ufficiale.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: chi fugge da un controllo di polizia alla guida di un veicolo, ponendo in essere una condotta pericolosa per la pubblica incolumità, non sta compiendo un atto di mera disobbedienza, ma un’azione violenta che integra il grave reato di resistenza a pubblico ufficiale. Questa decisione serve da monito e chiarisce che la tutela della sicurezza pubblica e degli operatori di polizia prevale su interpretazioni riduttive del comportamento dell’imputato. La condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende suggella l’inammissibilità del ricorso e la piena validità della sentenza di condanna.
La fuga in auto durante un inseguimento della polizia costituisce sempre resistenza a pubblico ufficiale?
Sì, secondo questa ordinanza, una fuga in auto che si svolge con modalità pericolose per l’incolumità pubblica e per gli agenti inseguitori (ad esempio, per una lunga distanza in un centro abitato affollato) non è mera resistenza passiva, ma integra una vera e propria azione violenta che costituisce il reato di resistenza a pubblico ufficiale.
Perché la Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha confermato il diniego delle attenuanti generiche perché la motivazione del giudice di grado inferiore è stata ritenuta logica e sufficiente. La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui il giudice di merito non deve considerare ogni singolo elemento, ma è sufficiente che basi la sua decisione su quelli ritenuti più rilevanti, e tale valutazione non è censurabile in sede di legittimità se priva di illogicità manifeste.
Quali sono i motivi per cui un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile per diverse ragioni, tra cui la genericità e la manifesta infondatezza dei motivi. Nel caso specifico, il ricorso era anche ‘reiterativo’, ovvero si limitava a riproporre le stesse censure già formulate e respinte in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35914 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35914 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ALBANO LAZIALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi del ricorso.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi, reiterativi di censure formulate in appello, disattese con motivazione congrua con la quale il ricorso non si confronta, limitandosi la difesa a ribadire il propr dissenso. Il ricorrente propone una lettura alternativa ed estremamente riduttiva del fatto, già respinta in sentenza, laddove i giudici hanno precisato che non di mera resistenza passiva si era trattato, ma di vera e propria azione violenta e minacciosa, posto che la fuga, a bordo di una autovettura per oltre 2 km, nel centro abitato e in mezzo a una calca di gente, con modalità pericolose sia per gli imputati che per gli altri utenti della strada e per gli stessi operanti che hann dovuto procedere all’inseguimento integra tutti gli effetti il reato di resistenza pubblico ufficiale (pag. 3).
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, e, pertanto, insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, COGNOME, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fa riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244) e, nel caso in esame, la sentenza impugnata si è attenuta a tali regole (cfr. pag. 4).
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
Il Consigliere-estensore
Il Presi ente