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Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga in auto

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per resistenza a pubblico ufficiale di un automobilista che, per sfuggire a un controllo, si era dato a una fuga pericolosa guidando contromano. La Suprema Corte ha stabilito che tale condotta non è una semplice inosservanza all’alt, ma una vera e propria azione violenta che ostacola l’operato delle forze dell’ordine e crea un pericolo concreto per la collettività, giustificando la condanna e il diniego delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: quando la fuga in auto diventa reato

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di resistenza a pubblico ufficiale, chiarendo quando una fuga rocambolesca in automobile cessa di essere una semplice disobbedienza per trasformarsi in un delitto penalmente rilevante. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un imputato, stabilendo che la sua condotta pericolosa ha concretamente ostacolato l’attività di controllo delle forze dell’ordine, integrando gli estremi del reato.

I Fatti del Caso: una fuga pericolosa nel centro cittadino

I fatti alla base della decisione riguardano un uomo che, alla guida della sua autovettura, per sottrarsi a un controllo dei Carabinieri, ha intrapreso una fuga spericolata. L’imputato ha percorso una via contromano e si è dileguato per le strade del centro cittadino, in un orario di punta coincidente con l’uscita degli studenti dalle scuole e la chiusura di uffici ed esercizi commerciali. Tale comportamento ha generato una situazione di grave pericolo non solo per gli agenti che lo inseguivano, ma anche per gli altri utenti della strada, inclusi pedoni e altri veicoli.

La Decisione della Corte: la resistenza a pubblico ufficiale e i suoi confini

La Corte d’Appello aveva già ritenuto sussistente il delitto di resistenza a carico dell’imputato. I giudici di merito avevano sottolineato come l’uomo non si fosse limitato a non fermarsi all’alt, ma avesse posto in essere una serie di manovre finalizzate a impedire attivamente l’inseguimento. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha pienamente avallato questa interpretazione. I giudici di legittimità hanno ribadito che la condotta dell’imputato, caratterizzata da violenza e minaccia implicite nella guida pericolosa, ha ostacolato concretamente l’esercizio della funzione pubblica e indotto negli inseguitori una percezione di pericolo per la propria e altrui incolumità.

Il diniego delle attenuanti generiche e la personalità dell’imputato

Il ricorrente si era lamentato anche della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. Anche su questo punto, la Cassazione ha respinto le doglianze, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello logica e non sindacabile. La decisione di negare le attenuanti si basava su una valutazione complessiva che teneva conto della notevole entità dei fatti, della personalità negativa dell’imputato, gravato da numerosi precedenti penali (anche specifici per reati simili), e dell’assenza di elementi positivi da poter valorizzare a suo favore.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile principalmente perché i motivi proposti erano costituiti da “mere doglianze in punto di fatto”. In altre parole, l’imputato non contestava errori di diritto, ma cercava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse “completa e logicamente ineccepibile”, evidenziando come la sussistenza del reato di resistenza a pubblico ufficiale fosse stata correttamente accertata.
La condotta, consistita in una serie di manovre per impedire l’inseguimento, rientra pienamente nel concetto di resistenza, poiché non si è trattato di una mera fuga passiva, ma di un’azione che ha attivamente creato un ostacolo e un pericolo.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa pronuncia consolida un principio fondamentale: la fuga da un controllo di polizia, quando attuata con modalità che mettono a repentaglio la sicurezza pubblica e l’incolumità degli agenti, integra il delitto di resistenza a pubblico ufficiale. Non è necessario un contatto fisico o una minaccia esplicita; la “violenza” o la “minaccia” richieste dall’articolo 337 del codice penale possono manifestarsi anche attraverso una guida spericolata e aggressiva. La decisione serve da monito, chiarendo che la reazione all’attività delle forze dell’ordine non può mai tradursi in un comportamento che esponga a rischio la comunità.

Guidare in modo pericoloso per sfuggire alla polizia costituisce resistenza a pubblico ufficiale?
Sì. Secondo la Corte, una fuga attuata con manovre pericolose, come guidare contromano in un centro cittadino affollato, non è una semplice disobbedienza ma una condotta che ostacola attivamente la funzione pubblica e integra gli estremi del reato di resistenza a pubblico ufficiale.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati dall’imputato erano considerati “mere doglianze in punto di fatto”, ossia tentativi di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività che non è consentita alla Corte di Cassazione. Il suo compito è solo verificare la corretta applicazione della legge.

Per quale motivo non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
Le attenuanti generiche non sono state concesse a causa della gravità complessiva dei fatti, della personalità negativa dell’imputato, del suo nutrito curriculum di precedenti penali (anche specifici), e della totale assenza di elementi positivi che potessero essere valutati a suo favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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