Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 632 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 632 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CATANIA il 15/07/1966
avverso la sentenza del 21/09/2022 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Catania ha riformato la sentenza emessa il 28/06/2016 dal Tribunale di Catania nei confronti di NOME COGNOME rideterminando la pena per i reati contestati ai sensi degli artt. 624 e 625, n.2, cod.pen. (così già riqualificata l’originaria imputazione di cui al capo A) e degli arti; 110 e 337 cod.pen. (capo B) in anni uno e mesi dieci di reclusione ed € 600,00 di multa; contestualmente assolvendolo dall’imputazione di cui agli artt. 582 e 585 cod.pen. (capo C) per non aver commesso il fatto e dichiarando estinto per intervenuta prescrizione il reato di cui al capo D, previa riqualificazione sotto la specie di quello previsto dall’art.75, cornma 1, del d.lgs. n.159/2011.
La Corte ha ritenuto non fondati i primi due motivi di gravame, attinenti alla richiesta esclusione dell’aggravante prevista dall’art.625, n.2, cod.pen., in ordine al fatto commesso dall’imputato – consistente nell’essersi appropriato, in concorso con soggetto non identificato, di un’imprecisata quantità di carburante sottraendola dal serbatoio di un autoarticolato ritenendo non conforme agli atti la dedotta assenza di violenza, rilevando come dagli atti utilizzabili si evinceva che altri mezzi parcheggiati nelle vicinanO: presentavano i tappi dei serbatoi danneggiati e che all’interno della vettura utilizzata dagli autori del furto erano stati rinvenuti arnesi atti allo scasso; rilevando altresì come dovesse ritenersi integrata – in conformità con quanto rilevato dal giudice di primo grado l’aggravante della esposizione alla pubblica fede, pure non considerata nel calcolo finale della pena; ha rilevato che, sulla base del verbale di arresto e delle dichiarazioni rese dal teste COGNOME, emergeva che la vettura con a bordo l’imputato si era allontanata ad alta velocità, ponendo in atto manovre di ostacolo agli inseguitori sino all’uscita di strada e che il COGNOME si era dato alla successiva fuga a piedi dimenandosi al momento del blocco da parte dell’operante / tentando di sferrare calci e pugni; ha quindi ritenuto come pienamente provata la sussistenza del reato previsto dall’art.337 cod.pen., accogliendo invece il motivo di appello inerente alle ipotizzate lesioni personali nei confronti dei due operanti, in assenza della prova della relativa volontarietà; ha altresì ritenuto, in accoglimento del quarto motivo di gravame, la condotta di cui al capo D) riqualificabile sotto la specie di quella prevista dall’art.75 del d.P.R. n.159/2011, essendo il COGNOME sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di permanere presso la propria abitazione tra le ore 21 e le ore 6, salva necessità contraria, ritenendo la relativa fattispecie contravvenzionale estinta per intervenuta prescrizione; ai fini della determinazione della pena ha
ritenuto che la personalità dell’imputato imponesse di tenere conto della contestata recidiva e che non potesse essere applicabile l’attenuante prevista dall’art.114 cod.pen., ritenendo quindi di riquantificare la pena nel senso suddetto.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando sette motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e processuale, nonché la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), c) ed e), cod.proc.pen. – in relazione agli artt. 625, n.7, 521, 522 e 597 cocl.proc.pen., 24 e 111 Cost..
Ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe violato il principio del divieto della reformatio in peius ritenendo sussistente anche l’aggravante prevista dall’art.625, n.7, cod.pen., argomentando come la stessa fosse stata ravvisata anche dal Tribunale e rilevando come non fosse stata considerata ai fini del calcolo della pena per mera dimenticanza; ne ha dedotto la conseguente nullità della statuizione nella parte in cui aveva tenuto conto della sussistenza di un’aggravante non considerata dal giudice di primo grado né nel dispositivo e né nella parte motiva inerente al calcolo della pena.
Con il secondo motivo ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in relazione all’art.625, n.2, cod.pen..
Ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe ritenuto sussistente la predetta aggravante sulla base del danneggiamento del serbatoio di mezzi parcheggiati in e zone limitrofe – e di proprietà di soggetti che non aveva t presentato alcuna denuncia – ma non di quello del mezzo oggetto della sottrazione, unico indicato nel capo di imputazione.
Con il terzo motivo ha dedotto la inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), c) ed e), cod.proc.pen. – in relazione agli artt. 624, 625, n.2 cod.pen. e 605 e 529 cod.proc.pen..
Ha dedotto che la Corte – previa esclusione delle citate aggravanti – avrebbe dovuto dichiarare improcedibile l’azione penale, essendo presente agli atti una mera denuncia sporta da soggetto diverso dall’effettivo proprietario del mezzo.
Con il quarto motivo ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in relazione all’art.337 cod. pen..
Ha dedotto che la Corte territoriale non si sarebbe confrontata con i motivi di appello e, specificamente, nella parte in cui aveva ritenuto non dimostrata una partecipazione materiale o morale del COGNOME rispetto alla condotta di fuga e alla mancanza di un contributo oggettivamente apprezzabile al delitto di resistenza a pubblico ufficiale; ha altresì dedotto, in ordine al frammento di condotta successiva, che l’imputato si sarebbe solamente divincolato ponendo in essere una mera condotta di resistenza passiva posta in atti al solo momento in cui il COGNOME lo aveva immobilizzato a terra al fine di ammanettarlo.
Con il quinto motivo di impugnazione, ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in relazione all’art.99 cod.pen..
Ha dedotto che la Corte territoriale non avrebbe compiuto la necessaria valutazione in ordine alla peculiarità del caso di specie e alla sua idoneità a denotare un’eventuale maggiore pericolosità sociale, rendendo quindi illegittimità l’applicazione della recidiva.
Con il sesto motivo ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in relazione all’art.114 cod. pen..
Ha dedotto che la Corte territoriale avrebbe fatto cattivo governo della suddetta disposizione, escludendone la rilevanza sulla base della sola presenza dell’imputato nelle fasi preparatorie, di concerto e organizzative della condotta, in mancanza di effettiva prova in ordine a un previo accordo tra il ricorrente e il correo, non confrontandosi quindi con le relative argomentazioni difensive.
Con il settimo motivo, ha dedotto l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – in relazione all’art.62bis cod.pen. e, specificamente, per non avere preso in considerazione adeguata la condotta processuale tenuta dall’imputato e la correlativa ammissione dei fatti ai fini dell’incidenza sugli elementi connotativi della capacità a delinquere.
La difesa del ricorrente ha successivamente depositato memoria scritta, nella quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi proposti non superano il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo, con il quale è stata dedotto che la Corte avrebbe ritenuto sussistente l’aggravante prevista dall’art.625, n.7, cod.pen., in tale modo incorrendo nella violazione del divieto di reformatio in peius è da ritenere inammissibile in quanto non sostenuto – in relazione al disposto dell’art.591, comma 1, lett.a), cod.proc.pen. – dalla necessaria condizione dell’interesse a impugnare oltre a caratterizzarsi di evidente genericità.
Sul punto, la Corte territoriale (ritenendo implicitamente prevalente la valutazione compiuta dal Tribunale in parte motiva rispetto al tenore letterale del dispositivo) ha ritenuto che il giudice di primo grado avesse ritenuto sussistente anche la predetta aggravante, ma non ha posto la relativa valutazione alla base di alcuna revisione del trattamento sanzionatorio; dando anzi espressamente atto, a pag.4 della sentenza, che tale aggravante non era stata computata ai fini del trattamento medesimo.
Il secondo motivo, con il quale è stata contestata la valutazione della Corte territoriale in punto di sussistenza dell’aggravante prevista dall’art.625, n.2, cod.pen., è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Sul punto, la Corte territoriale ha ritenuto – con una motivazione non manifestamente illogica e coerente con le risultanze processuali – che i dati fattuali rappresentati dal riscontrato danneggiamento del serbatoio anche di altri mezzi T t parcheggiati sulla pubblica via e il ritrovamento sulliggit nella disponibilità dei correi di arnesi atti allo scasso fossero idonei a dimostrare l’intervenuta violenza sulle cose compiuta nell’atto della sottrazione del carburante dal mezzo di proprietà della persona offesa.
Si tratta di considerazioni a fronte delle quali il motivo di ricorso si limita proporre una diversa ricostruzione in punto di fatto da intendersi inibita nel presente giudizio di legittimità, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283:370, tra le altre).
L’inammissibilità dei primi due motivi di ricorso determina, per diretta conseguenza logica, l’inammissibilità anche del terzo motivo; con il quale il ricorrente – sul presupposto logico della non configurabilità delle predette aggravanti – ha chiesto di dichiarare l’improcedibilità del fatto asseritamente qualificabile sotto la specie del furto semplice.
Rilevando, in riferimento alla disciplina transitoria dettata dall’art.85 del d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150 in ordine ai fatti rientranti tra quelli divenuti procedibili querela, che la relativa condizione di procedibilità può ritenersi concretizzata anche quando, come nel caso in esame, la querela medesima sia stata proposta dal solo detentore della res (Sez. 2, n. 23938 del 06/12/2005, Tanga, Rv. 234994; Sez. 2, n. 41391 del 19/10/2010, COGNOME, Rv. 248925).
Con il quarto motivo di impugnazione, il ricorrente ha censurato la motivazione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto sussistenti gli elementi costitutivi del delitto previsto dall’eirt.337 cod.pen., in relazione a entrambi i frammenti di condotta rappresentati dalla fuga intrapresa dopo l’arrivo degli operanti e dalla condotta tenuta dopo l’arresto del mezzo.
Il motivo è inammissibile, in quanto manifestamente infondato.
In relazione al primo profilo, costituisce arresto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello in base al quale, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l’elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all’intervento delle forze dell’ordine, si dia alla fuga , alla guida di un’autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l’incolumità personale degli altri utenti della strada (Sez. 1, n. 41408 del 04/07/2019, COGNOME, Rv. 277137; Sez. 2, n. 44860 del 17/10/2019, Besana, Rv. 277765).
In punto di principi inerenti al concorso nel delitto di resistenza, va altresì richiamato il principio in forza del quale integra il concorso morale nel delitto di cui all’art. 337 cod. pen. la condotta di chi, assistendo ad una resistenza attiva posta in essere con violenza da altra persona nei confronti di pubblici ufficiali, rafforzi l’altrui azione offensiva o ne aggravi gli effetti (Sez. 6, n. 18485 del 27/04/2012, Carta, Rv. 252690; Sez. 6, n. 13160 del 05/03/2020, Mirabille, Rv. 279030); dovendosi specificamente ritenere che – in ordine alla predetta fattispecie concreta di fuga a bordo di una vettura – risponda del reato anche il passeggero che, avendo manifestato la volontà di sfuggire alla cattura, ha accettato in tale modo di condividere ogni possibilità offerta dalla vettura stessa in quanto idonea a riuscire nell’intento (Sez. 2, n. 4235 del 13/10/1982, dep. 1983, COGNOME, Rv. 158908).
In diretta applicazione di tali principi, deve quindi ritenersi non manifestamente illogica la valutazione della Corte territoriale che – in presenza di una comprovata fuga messa in atto con manovre di ostacolo all’inseguimento degli operanti – ha ritenuto comunque ascrivibile al Bonforte, pur in assenza della prova certa in ordine al fatto se lo stesso fosse o meno il conducente, il concorso nella contestata fattispecie delittuosa.
In riferimento all’ulteriore frammento di condotta, rappresentato da quella posta in essere al momento del blocco da parte degli operanti, il motivo di ricorso omette – di fatto – di confrontarsi con le ragioni poste alla base dell’argomentazione della Corte territoriale.
La quale ha fatto applicazione del principio in base al quale integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale lo strattonare o il divincolarsi posti in essere da un soggetto onde impedire il proprio arresto, ogni qualvolta quest’ultimo non si limiti a una mera opposizione passiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale, ma impieghi la forza per neutralizzarne l’azione e sottrarsi alla presa, nel tentativo di guadagnare la fuga e quando cioè la condotta non costituisca una reazione spontanea ed istintiva al compimento dell’atto del pubblico ufficiale, ma un vero e proprio impiego di forza diretto a neutralizzarne l’azione ed a sottrarsi alla presa (Sez. 5, n. 8379 del 27/09/2013, dep.2014, COGNOME, Rv. 259043; Sez. 1, n. 29614 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283376).
Nel caso di specie, quindi, la Corte – con motivazione corgrua e conforme rispetto al contenuto degli atti esaminabili – ha dato conto di come l’imputato non abbia posto in essere una mera resistenza passiva o atti comunque istintivi di reazione ma abbia invece posto in essere “calci e pugni” al momento del blocco, in tale modo esorbitando dai limiti di una mera resistenza passiva e non connotandosi di contraddittorietà la motivazione nella parte in cui ha dato atto che la condotta era avvenuta – sulla base della testimonianza del COGNOME – nel momento in cui l’imputato era stato bloccato e messo a pancia in giù sul terreno, in quanto la reazione era da ritenere finalizzata – in relazione ai predetti principi comunque alla possibilità di garantirsi ulteriormente la fuga.
Il quinto motivo, con il quale è stata censurata la valutazione della Corte territoriale in punto di valutazione della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della recidiva, è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
In ordine al riconoscimento della recidiva, va rilevato che – sul punto – è richiesta al giudice una specifica motivazione sia che egli affermi sia che escluda la sussistenza della stessa; con la specificazione che tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, anche con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato (Sez. 6, n. 56972 del 20/06/2018, Franco, Rv. 274782), ovvero si dia comunque atto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore (Sez. 6, n. 20271 del 27/04/2016, Duse, Rv. 267130).
Nel caso di specie, la Corte ha dato atto – sia pure in modo stringato – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della circostanza aggravante essendo l’imputato un soggetto pluripregiudicato e che ha commesso i fatti
durante il periodo in cui era sottoposto al regime di sorveglianza speciale, dimostrando in tale modo l’assenza di qualsiasi significativo percorso di ripensamento in ordine al suo pregresso percorso criminale.
Il sesto motivo, con il quale è stata censurata la valutazione della Corte territoriale in punto di mancata applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art.114 cod.pen. – con valutazione da intendersi riferita alla fattispecie contestata al capo A) – è manifestamente infondato e comunque del tutto generico.
Sul punto, va premesso che la circostanza attenuante del contributo concorsuale di minima importanza trova applicazione laddove l’apporto del correo risulti così lieve da apparire, nell’ambito della relazione di causalità, quasi trascurabile e del tutto marginale; ne consegue che il relativo giudizio non può limitarsi ad una mera comparazione tra le condotte dei vari soggetti concorrenti, dovendosi invece accertare il grado di efficienza causale dei singoli comportamenti rispetto alla produzione dell’evento, onde verificare se detta efficienza causale sia minima, cioè tale da poter essere – in via prognostica – avulsa dalla seriazione causale senza apprezzabili conseguenze pratiche sul risultato complessivo dell’azione criminosa (Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, COGNOME, Rv. 264455) e in modo da assumere un’efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso (Sez. 6, n. 34539 del 23/06/2021, I., Rv. 281857); ragione per la quale, in riferimento specifico al reato di furto, non è stata riconosciuta l’attenuante in questione in favore del concorrente che si sia limitato a svolgere il ruolo di “palo”, atteso che tale condotta facilita la realizzazione dell’attività criminosa, rafforzando l’efficienza dell’oper degli esecutori materiali e garantendo loro l’impunità (Sez. 5, n. 21469 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 281312 – 02). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso di specie, quindi, il motivo di ricorso risulta affetto da intrinseca genericità in quanto omette del tutto di specificare quali siano state le connotazioni concrete del comportamento concorrente tenuto dall’imputato e ritenute idonee a giustificare la concessione dell’attenuante; in ogni caso, lo stesso ha omesso di confrontarsi con le ragioni esposte dalla Corte territoriale, la quale ha congruamente dato atto del fatto che il COGNOME era stato presente nelle fasi preparatorie ed esecutive del fatto e rilevando sulla base dei predetti principi che non può ritenersi potenzialmente di nessuna valenza la circostanza che l’imputato si fosse solo trovato a bordo del mezzo al momento della sottrazione del carburante.
Il settimo motivo, inerente al diniego di applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è pure manifestamente infondato.
In relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche va difatti ricordato che lo stesso può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis cod.pen., disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489); mentre, sul punto, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549, che ha specificato che al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente).
Va altresì rilevato che il giudizio di diniego delle circostanze attenuanti generiche ben può evincersi anche implicitamente sulla base degli elementi di fatto posti alla base della commisurazione del trattamento sanzionatorio ovvero sulla scorta degli elementi posti alla base della valutazione in ordine alla sussistenza della recidiva o comunque dell’esame degli elementi previsti dall’art.133 cod.pen. (Sez. 6, n. 36382 del 04/07/2003, COGNOME, Rv. 227142; Sez. 1, n. 12624 del 12/02/2019, COGNOME, Rv. 275057) e rilevando che il relativo diniego può essere motivato anche con formule sintetiche riferite alla congruità del trattamento sanzionatorio medesimo (Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 256201).
Nel caso di specie, la motivazione della Corte in ordine al diniego delle attenuanti generiche deve quindi ritenersi essere stata congruamente esposta attraverso l’implicito richiamo ai predetti elementi posti alla base del riconoscimento della recidiva.
Mentre, in ordine all’elemento di fatto posto alla base del relativo motivo di appello, la Corte si è adeguatamente confrontata con il medesimo, ritenendo che il comportamento processuale tenuto dall’imputato non potesse essere utilmente valutato in relazione al disposto dell’art.133 cod.pen., atteso lo scarso valore da attribuire all’ammissione dei fatti a fronte dell’evidenza della responsabilità e da ritenersi quindi non dovuta a effettiva resipiscenza (sul punto, Sez. 6, n. 11732
del 27/01/2012, COGNOME, Rv. 252229; Sez. 1, n. 35703 del 05/C4/2017, COGNOME, Rv. 271454).
9. L’inammissibilità del ricorso, come detto, rende inapplicabile la discipli transitoria dettata dall’art.85, comma 1, d. Igs. 10 ottobre 2022, n.150 in relaz al reato di furto anche nella fattispecie aggravata in riferimento all’art.2, c 1, lett.i), del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, con cui il comma 3 dell’ar cod.pen. è stato sostituito dal seguente testo «Il delitto è punibile a querela persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio se la persona offesa è incapace, età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articol numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e bis).» (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, COGNOME, Rv. 273551 – 01; nonché, i relazione specifica alla disciplina introdotta dalla suddetta novella, Sez. 5, n. del 17/01/2023, COGNOME, Rv. 284176).
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugn 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso sen versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibiltà», il ricorre va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso, il 29 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente