Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26633 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26633 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Vercelli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/07/2023 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Novara del 7 gennaio 2020, che aveva condannato l’imputato NOME COGNOME per il reato di concorso in resistenza a pubblico ufficiale.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge (art. 125, comma 3 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione, motivazione mancante ed illogica sulla condanna del ricorrente e anche sulla qualificazione giuridica del fatto.
Si censura in primo luogo la ricostruzione del fatto, quanto all’individuazione dell’imputato quale autore della condotta illecita: si è risaliti al ricorrente s perché proprietario dell’autovettura coinvolta nella vicenda e a seguito di uno pseudo-riconoscimento fotografico effettuato dall’agente di polizia (quest’ultimo al momento del riconoscimento fotografico era già al corrente di chi fosse l’intestatario dell’auto; nel corso della condotta illecita aveva visto l’autore d reato solo in modo approssimativo, essendosi nascosto tra altre autovetture all’avvicinarsi dell’auto in questione).
In ogni caso, nella condotta contestata non si ravvisano gi estremi del reato di resistenza a pubblico ufficiale, difettando la violenza o minaccia volontariamente rivolte nei confronti dell’agente (l’auto non è stata direzionata volontariamente verso di lui, ma il conducente intendeva soltanto guadagnare l’uscita del parcheggio per fuggire).
La sentenza impugnata va annullata in quanto risulta carente la motivazione.
2.2. Violazione di legge in ordine alla recidiva, in quanto contestata ma non verificata ed accertata.
La recidiva non è stata compiutamente accertata ma solo contestata e applicata in regime di mera equivalenza.
La recidiva andava pertanto esclusa anche agli effetti della prescrizione (trattandosi di fatto risalente al 2012).
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
Il primo motivo di ricorso si limita a reiterare le censure proposte con l’appello, astraendosi del tutto dalla risposta fornita dalla Corte di appello, che ricorrente in modo assertivo definisce mancante ed illogica.
Quanto al riconoscimento del ricorrente, si veda in particolare la pag. 4 della sentenza impugnata, in cui si dà atto della deposizione del teste COGNOME che aveva dichiarato di aver visto “con chiarezza” l’autore del reato, da lui poi riconosciuto con le foto segnaletiche.
In ordine alla condotta illecita tenuta dal ricorrente, la Corte di appello ha risposto adeguatamente ed in modo corretto alle obiezioni difensive (cfr. pag. 4).
Invero, ai fini della configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale non è necessario che la violenza o la minaccia sia usata sulla persona del pubblico ufficiale, ma soltanto che sia stata posta in essere per opporsi allo stesso nel compimento di un atto di ufficio (Sez. 6, n. 6069 del 13/01/2015, Rv. 262342).
Pertanto, nel caso in esame era irrilevante che l’auto fosse stata rivolta al solo indirizzo dell’agente. Quel che ha costituito la prova della resistenza era piuttosto che la condotta tenuta dal ricorrente, nella misura in cui poneva in essere manovre pericolose per la pubblica incolumità e gli stessi agenti, era volta ad ostacolare l’esercizio della pubblica funzione.
Il secondo motivo articola censure manifestamente infondate e precluse.
In primo luogo, il punto della recidiva non era stato attinto dall’appello, con il quale il ricorrente si era limitato – vieppiù genericamente – a richiedere i riconoscimento delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva.
Quindi i vizi sul riconoscimento della recidiva non possono essere sollevati in questa Sede.
Inoltre, è principio pacifico che la confluenza della recidiva nel giudizio di comparazione tra circostanze concorrenti eterogenee comporti la rilevanza della stessa ai fini del calcolo dei termini di prescrizione del reato (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, Schettino, Rv. 275319).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
ammende. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle
Così deciso il /05/2024.