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Resistenza a pubblico ufficiale: la fuga è reato?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che una fuga prolungata e pericolosa in auto, mettendo a rischio l’incolumità pubblica, costituisce la violenza richiesta dal reato. L’inammissibilità del ricorso ha impedito l’applicazione della prescrizione, maturata successivamente alla sentenza d’appello, e ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: la Fuga è Sempre Reato?

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: quali condotte integrano il delitto di resistenza a pubblico ufficiale? Il caso in esame offre spunti di riflessione non solo sulla nozione di ‘violenza’ richiesta dalla norma, ma anche sulle conseguenze processuali di un ricorso inammissibile, specialmente in relazione alla prescrizione del reato.

La Vicenda Processuale

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 337 del codice penale. L’accusa era quella di essersi opposto a pubblici ufficiali dandosi alla fuga. L’imputato, non accettando la decisione della Corte d’Appello, proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che la sua condotta di fuga non fosse stata descritta in modo tale da configurare una vera e propria violenza, elemento costitutivo del reato contestato. Secondo la difesa, il semplice fuggire non sarebbe stato sufficiente a integrare la fattispecie penale.

L’analisi della Corte sul reato di resistenza a pubblico ufficiale

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per genericità. I giudici hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse già ampiamente e correttamente motivato la propria decisione. Era stato infatti accertato che la fuga non era stata un semplice allontanamento, ma un inseguimento protrattosi per oltre tre chilometri lungo una via molto trafficata. Tale condotta, mettendo a repentaglio l’incolumità non solo degli agenti inseguitori ma anche degli altri utenti della strada, integra pienamente la nozione di violenza richiesta per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La violenza, in questo contesto, non deve essere intesa solo come un’aggressione fisica diretta, ma anche come qualsiasi comportamento che ponga in essere un pericolo concreto per la sicurezza pubblica al fine di ostacolare l’atto d’ufficio.

Le Conseguenze dell’Inammissibilità del Ricorso

Un punto fondamentale chiarito dall’ordinanza riguarda gli effetti della dichiarazione di inammissibilità sull’estinzione del reato per prescrizione. La difesa contava sul fatto che, nel frattempo, fossero decorsi i termini per la prescrizione. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato, citando una sentenza delle Sezioni Unite: quando un ricorso è inammissibile, si preclude ogni possibilità di rilevare cause di estinzione del reato maturate in un momento successivo alla sentenza di appello. In pratica, un ricorso palesemente infondato o generico non può servire a ‘guadagnare tempo’ per far scattare la prescrizione. La condanna, a seguito della declaratoria di inammissibilità, diventa definitiva.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso generico e riproduttivo di censure già adeguatamente confutate nel giudizio di merito. La Corte d’Appello aveva evidenziato in modo chiaro come l’inseguimento, protrattosi per oltre tre chilometri su una strada trafficata, avesse messo in pericolo la sicurezza sia degli agenti che degli altri cittadini. Questa condotta integra la violenza richiesta dall’art. 337 c.p. Di conseguenza, l’inammissibilità dell’impugnazione, secondo un principio consolidato (Sez. U, n. 23428/2005), impedisce di rilevare l’eventuale prescrizione del reato maturata dopo la sentenza d’appello. Questo porta alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, fissata in tremila euro.

le conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti lezioni. In primo luogo, conferma che la fuga da un controllo di polizia, se condotta con modalità tali da creare un pericolo concreto per la pubblica incolumità, costituisce il reato di resistenza a pubblico ufficiale. In secondo luogo, ribadisce un principio processuale fondamentale: la proposizione di un ricorso inammissibile non solo non porta ad alcun risultato utile per la difesa, ma cristallizza la condanna e comporta ulteriori sanzioni economiche, impedendo anche di beneficiare di eventuali cause di estinzione del reato come la prescrizione.

Una semplice fuga integra sempre il reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No. Secondo la Corte, la fuga integra il reato quando le sue modalità, come un inseguimento prolungato e pericoloso su strade trafficate, mettono a repentaglio l’incolumità degli agenti e degli altri cittadini, configurando così la ‘violenza’ richiesta dalla norma.

Cosa succede se il reato si prescrive dopo la sentenza d’appello ma il ricorso in Cassazione è inammissibile?
L’inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione. La condanna diventa definitiva e non si può più beneficiare della prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado.

Perché il ricorso dell’imputato è stato considerato inammissibile?
È stato ritenuto generico e riproduttivo di una censura già adeguatamente esaminata e respinta dalla Corte d’Appello, la quale aveva già spiegato in modo esauriente perché la condotta di fuga dell’imputato costituisse reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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