Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando la Fuga Diventa Reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce un importante chiarimento sui confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale. La decisione analizza il caso di un automobilista che, per sottrarsi a un controllo, si è dato alla fuga, ponendo in essere una serie di condotte pericolose. Questo provvedimento è fondamentale per comprendere la differenza tra una semplice fuga, non sempre punibile come resistenza, e una condotta oppositiva violenta che integra pienamente il reato.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un uomo condannato dalla Corte d’Appello per il reato di resistenza. I fatti sono chiari: l’imputato, alla guida della sua autovettura, non si è fermato all’alt intimatogli dalle forze dell’ordine. Anzi, ha iniziato una fuga ad alta velocità, compiendo manovre estremamente pericolose per la circolazione. La sua corsa non si è interrotta neanche dopo aver causato una collisione con un altro veicolo, proseguendo la fuga senza prestare soccorso né fermarsi.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo i giudici, la Corte d’Appello ha correttamente qualificato la condotta dell’imputato. Non si è trattato di una mera ‘passiva ritrosia’ a un controllo, ma di una vera e propria condotta oppositiva violenta. La decisione ha quindi confermato la condanna, aggiungendo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Corte sulla resistenza a pubblico ufficiale
Il punto centrale delle motivazioni della Cassazione risiede nella distinzione tra la semplice fuga e la resistenza attiva. I giudici hanno sottolineato che il delitto di resistenza a pubblico ufficiale si configura quando la condotta dell’agente non si limita a un tentativo di scappare, ma si traduce in un comportamento che ostacola attivamente l’operato del pubblico ufficiale, mettendo a repentaglio la sicurezza.
Nel caso specifico, gli elementi che hanno trasformato la fuga in reato sono stati:
1. L’alta velocità: La guida spericolata ha creato un pericolo concreto.
2. Le manovre pericolose: Queste azioni non erano finalizzate solo a scappare, ma a impedire l’inseguimento, creando un rischio per l’incolumità pubblica.
3. La collisione: L’aver urtato un altro veicolo e aver continuato la fuga dimostra un’indole violenta e una totale noncuranza delle conseguenze, qualificando l’azione come ‘violenta condotta oppositiva’.
La Corte ha quindi stabilito che questi comportamenti, nel loro insieme, superano la soglia della semplice disobbedienza e integrano gli estremi della violenza richiesti dalla norma penale.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: non ogni fuga è resistenza. Tuttavia, quando la fuga è attuata con modalità tali da creare un pericolo concreto e da manifestare un’opposizione attiva e violenta all’azione del pubblico ufficiale, il reato di resistenza a pubblico ufficiale è pienamente configurato. La decisione serve da monito: la scelta di sottrarsi a un controllo può avere conseguenze penali molto gravi se, nel farlo, si mette a rischio la sicurezza altrui. La condanna al pagamento di una somma alla Cassa delle ammende, motivata dai ‘sottesi profili di colpa’, rafforza ulteriormente il messaggio di riprovazione verso tali condotte.
La semplice fuga in auto costituisce reato di resistenza a pubblico ufficiale?
No. Secondo l’ordinanza, la sola fuga non è sufficiente. Per integrare il reato, la fuga deve essere accompagnata da una condotta violenta, come la guida ad alta velocità e manovre che mettono a rischio l’incolumità pubblica.
Quali comportamenti trasformano una fuga in resistenza secondo la Corte?
La Corte ha identificato come elementi qualificanti la guida ad alta velocità, l’esecuzione di manovre pericolose e il fatto di aver causato una collisione con un’altra vettura senza fermarsi. Questi elementi dimostrano una ‘violenta condotta oppositiva’ e non una semplice ‘passiva ritrosia’.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito in questa ordinanza, quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, data la colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14798 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14798 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi di ricorso,
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto il delitto di resistenza è stato correttamente correlato non ad una passiva ritrosia, ma alla violenta condotta oppositiva del ricorrente, che, nonostante l’alt intimatogli, si era dato alla fuga alla guida della vettura ad alta velocità compiendo manovre pericolose fino a collidere con altra vettura, senza fermarsi neanche in tale circostanza;
Ritenuto in conclusione che il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei sottesi profili di colpa, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende,
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 febbraio 2024
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