Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4865 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 4865  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME CELESTE nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME che conclude per l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla memoria scritta.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME COGNOME del foro di CATANIA in difesa di COGNOME NOME CELESTE che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Catania, adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania del 24 maggio 2023, con la quale è stata applicata a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere per i reati di porto illecito in luogo pubblico di arma comune da sparo, ricettazione di arma rubata e resistenza a pubblico ufficiale, commessi in Catania il 17 dicembre 2022.
1.1. Il 17 dicembre 2022, intorno alle ore 23:10 una pattuglia della Polizia di Stato di Catania, durante un servizio di controllo in INDIRIZZO, intimava l’alt a due soggetti di sesso maschile, travisati da scaldacollo e cappuccio, che transitavano a bordo di un ciclomotore; lo scooter, anziché fermarsi, proseguiva la marcia a velocità sostenuta, e veniva visto da un operante, che si trovava in loco libero dal servizio, attraversare perpendicolarmente la carreggiata di INDIRIZZO salendo sullo spartitraffico centrale per oltrepassarlo e venire investito da un veicolo che non era riuscito ad evitare l’impatto; i due uomini a bordo del ciclomotore rovinavano a terra e uno dei due veniva visto zoppicare vistosamente; giungeva quindi un veicolo con a bordo due donne che caricava i due uomini e si allontanava. Nelle immediate vicinanze, a ridosso dello spartitraffico, veniva rinvenuto un fucile automatico marca Benelli TARGA_VEICOLO, munito di cartuccia in canna, risultato provento di furto.
1.2. Il ciclomotore incidentato veniva rinvenuto con le chiavi di accensione ancora inserite nel quadro; risultava essere di proprietà di NOME COGNOME, madre di NOME COGNOME, che risultava essere stato ricoverato, quella stessa notte, presso l’Ospedale San Marco in seguito ad un sinistro stradale.
1.3. Con concorde valutazione, i Giudici di merito hanno ritenuto sussistente la gravità indiziaria in capo al COGNOME in relazione a tutti i tre i delitti contestati, in qua le emergenze probatorie consentivano di ritenere che egli fosse il conducente dello scooter; la condotta di guida dal medesimo tenuta prima del sinistro, allo scopo di evitare il controllo di polizia, aveva posto deliberatamente in pericolo l’incolumità personale degli utenti della strada; il fucile, risultato essere di provenienza delittuosa, rinvenuto sul manto stradale nei pressi dello spartitraffico era da ricondurre certamente ai soggetti che, con lo scooter, avevano cercato di sfuggire al controllo di polizia.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato,
t
articolando i seguenti motivi di ricorso, riassunti nei limiti di cui all’art. 173 disp. a cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il delitto di resistenza di cui al capo 3) ed in relazione all’aggravante del travisamento.
Osserva la Difesa come la condotta di fuga posta in essere dal COGNOME, che non aveva costituito un pericolo per la pubblica incolumità, poteva al massimo qualificarsi come illecito amministrativo per violazione dell’art. 192 cod. strada, dal momento che il conducente del ciclomotore, senza porre in essere alcuna violenza o minaccia, si era limitato non fermarsi innanzi ad un posto di controllo, e non ad un posto di blocco.
Peraltro, osserva il ricorrente, la condotta di COGNOME era necessitata dall’esigenza di rientrare in fretta a casa dal momento che si trovava in permesso premio con obbligo di rientrare a casa entro le ore 21.30.
Anche in relazione all’asserito travisamento da parte dell’autore del fatto, secondo la difesa, difettavano elementi indiziari sufficienti a far ritenere che l’abbigliamento indossato fosse volto ad eludere eventuali controlli.
2.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione ex art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i delitti di porto d’arma da fuoco e ricettazione di cui ai capi 1 e 2.
La difesa contesta la riconducibilità soggettiva del fucile, rinvenuto a 20 metri dal luogo ove si è verificato l’incidente, al COGNOME: le caratteristiche tecniche dell’arma (lungo quasi 200 cm) erano tali che il fucile non poteva essere celato dal passeggero del motoveicolo, ma sarebbe risultato ben visibile agli agenti; eppure né essi né l’agente fuori servizio che si trovava in loco lo avevano notato.
Il Procuratore Generale ha concluso, come da memoria precedentemente depositata, chiedendo declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha concluso insistendo per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile e sconta la sua natura fattuale e confutativa delle argomentazioni espresse nell’impugnata ordinanza, con la quale peraltro non si confronta compiutamente.
1.1. La disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco tracciato da diversi principi di diritto, così brevemente riassumibili.
1.2. In tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.), oltre che delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare – entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione di specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Essa, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì deve dirigersi controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull’argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01 e le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460 – 01).
In riferimento ai limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari personali, questa Corte è quindi priva di potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e di rivalutazione degli apprezzamenti di merito, rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del Tribunale del riesame. Il controllo di legittimità, quindi, è limitato all’esame del contenuto dell’atto impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che lo determinavano e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza del tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie ( tra le altre, Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, COGNOME, Rv. 221001; Sez. Un., n. 11 del 22/03/2000 , COGNOME, Rv. 215828 ), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più.adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (cfr. Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, COGNOME, Rv. 215331; Sez. 1, n. 1496 dell’11/03/1998, COGNOME, Rv. 211027; Sez. Un., n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199391).
Giova sul punto richiamare anche il dictum di Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628, secondo cui: «In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la
ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito».
In termini generali, deve anche ribadirsi che ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – giacché il comma 1-bis dell’art. 273 cod. proc. pen. richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 27498 del 23/5/2019, COGNOME, Rv. 276704; Sez. 1, n. 43258 del 22/05/2018, Tantone, Rv. 275805; Sez. 2, n. 22968 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270172).
Applicando i principi generali al caso in esame, va rilevato che, nel caso in esame, non si riscontra alcuna violazione di legge né vizio motivazionale rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen.: il ricorrente reitera i medesimi motivi di doglianza sollevati con sede di riesame cautelare, e decisi con il provvedimento impugnato con motivazione congrua, scevra da aporie logiche, in relazione alla quale il COGNOME omette di confrontarsi.
3. Il primo motivo è generico, aspecifico oltre che manifestamente infondato.
Il Tribunale del Riesame, nel premettere come fosse pacifica ed incontestata la materiale condotta tenuta dal COGNOME – il quale, alla guida del motociclo, al quale la pattuglia di polizia aveva intimato l’alt, aveva posto in essere manovre di guida pericolose, tagliando perpendicolarmente la carreggiata, salendo sullo spartitraffico centrale per oltrepassarlo, raggiungendo l’opposta carreggiata, tanto da venire investito dall’autovettura che sopraggiungeva – ha fatto corretta applicazione dei canoni ermeneutici stabiliti dalla giurisprudenza, per cui, in tema di resistenza a pubblico ufficiale, integra l’elemento materiale della violenza la condotta del soggetto che, per sfuggire all’intervento delle forze dell’ordine, si dia alla fuga, alla guida di un’autovettura, ponendo deliberatamente in pericolo, con una condotta di guida pericolosa, l’incolumità personale degli altri utenti della strada (Sez. 1, n. 41408 del 04/07/2019, Foriglio, Rv. 277137 – 01). Analogamente è stato posto in luce che integra il delitto di resistenza la condotta di chi, nel porre in essere una fuga, riveli il proposito di interdire o ostacolare il pubblico ufficiale nel compimento del proprio
ufficio, in particolare fuggendo in macchina contromano e mettendo in pericolo la vita dei passanti (Sez. 6, n. 3713 del 20/11/1979, Pappada, Rv. 144689).
Del tutto inconferenti risultano dunque le osservazioni formulate nel ricorso, sul fatto che si sarebbe dovuta semmai ravvisare la violazione dell’art. 192 cod. strada: in realtà tale ipotesi concerne l’obbligo di fermarsi all’invito dei funzionari competenti, ma non contempla altresì il ricorso a violenza o minaccia, finalizzato ad opporsi al compimento di un atto di ufficio, che rende nel caso di specie ravvisabile il contestato delitto di resistenza.
Quanto alle censure mosse rispetto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante del travisamento, il motivo è meramente reiterativo di doglianza già avanzata in sede di gravame e decisa dal Tribunale con motivazione congrua e non illogica, con la quale il ricorrente omette di confrontarsi. I Giudici della cautela, infatti, hanno osservato come l’indagato indossasse cappuccio e scaldacollo, ed hanno correttamente richiamato il principio per cui ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento, nel delitto di rapina, è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. (Fattispecie in cui l’aggravante è stata riconosciuta in relazione al travisamento realizzato indossando un cappello con visiera ed un paio di occhiali scuri) (sez. 2, n. 18858 del 27/04/2011, Di Camillo, Rv. 250114 – 01).
Tuttavia, a monte e con efficacia tranciante di ogni doglianza, si osserva che il ricorrente non vanta un effettivo e concreto interesse a sollevare tale questione in sede cautelare, considerato che dalla ritenuta sussistenza o dalla esclusione dell’aggravante non scaturiscono effetti sui termini di durata massima della custodia cautelare (Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508).
Manifestamente infondato è poi l’ultimo motivo di ricorso, con il quale COGNOME contesta la gravità indiziaria in ordine ai reati di ricettazione e porto del fucile.
Sul punto va ribadito che, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, sia pure altrettanto logica (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621).
Nella concreta fattispecie sottoposta al vaglio della Corte, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente sviscerato tutti gli elementi indiziari gravanti sul COGNOME (in particolare, il rinvenimento del fucile, risultato poi essere provento di furto, sulla sede stradale, in prossimità dello spartitraffico, poco distante dal luogo di
rinvenimento dello scooter incidentato), e avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, con riferimento ai reati di ricettazione e di porto d’arma da fuoco. Peraltro il ricorso omette di confrontarsi con la specifica deduzione operata dal Tribunale in merito all’atteggiamento sospetto del passeggero dello scooter, percepito dagli agenti che avevano intimato l’alt, secondo i quali alla loro vista, il passeggero aveva assunto una posizione sul veicolo come a voler occultare un oggetto che portava al seguito, integrando in tal modo anche il vizio di aspecificità.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
Copia del presente provvedimento deve essere trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dall’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 17 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente