Resistenza a pubblico ufficiale: quando la fuga in auto diventa reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del reato di resistenza a pubblico ufficiale, distinguendolo dalla semplice violazione del Codice della Strada. La decisione sottolinea come una fuga spericolata per sottrarsi a un controllo delle forze dell’ordine non costituisca una mera infrazione, ma un vero e proprio delitto quando mette a rischio la sicurezza altrui. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un automobilista contro la sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’uomo, alla guida di un’autovettura pur essendo privo di patente e di copertura assicurativa, era stato intercettato da una pattuglia dei Carabinieri. Intimatogli l’alt, invece di fermarsi, decideva di aggirare il veicolo delle forze dell’ordine e di darsi alla fuga nel centro cittadino. La sua condotta di guida, caratterizzata da manovre pericolose, metteva a repentaglio l’incolumità non solo degli stessi militari, ma anche degli altri utenti della strada.
L’Analisi della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale
La difesa dell’imputato sosteneva che non sussistessero gli elementi necessari per configurare il delitto di resistenza, tentando di presentare una lettura alternativa dei fatti. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il ricorso non mirava a contestare una violazione di legge, bensì a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività che non rientra nelle competenze della Suprema Corte, la quale è giudice di legittimità e non di merito.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha stabilito che la condotta dell’automobilista integra pienamente il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La fuga, infatti, non è stata una semplice omissione di fermarsi, ma un comportamento attivo e pericoloso volto a opporsi all’atto d’ufficio dei Carabinieri. L’aggiramento della pattuglia e la successiva fuga spericolata nel centro abitato costituiscono una forma di ‘violenza’ o ‘minaccia’ indiretta, idonea a ostacolare l’operato dei pubblici ufficiali e a generare un pericolo concreto per la pubblica incolumità. La Corte di merito, secondo la Cassazione, aveva correttamente analizzato i dati processuali, evidenziando come le azioni del ricorrente fossero andate ben oltre una semplice infrazione stradale.
Conclusioni
La decisione della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: sottrarsi a un controllo con una fuga che crea pericolo per gli altri non è un semplice atto di disobbedienza. Tale comportamento si qualifica come reato di resistenza a pubblico ufficiale. Le conseguenze per chi agisce in questo modo sono significative: oltre alla condanna penale, l’inammissibilità del ricorso ha comportato per l’imputato anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito, chiarendo che la sicurezza pubblica prevale sul tentativo di eludere le proprie responsabilità.
La semplice fuga da un posto di blocco costituisce sempre resistenza a pubblico ufficiale?
No, non sempre. Secondo la Corte, il reato si configura quando la fuga non è una semplice disobbedienza, ma avviene con modalità pericolose, come una guida spericolata in un centro cittadino, che mettono a repentaglio l’incolumità pubblica e quella degli agenti, integrando così una forma di violenza o minaccia idonea a opporsi all’atto d’ufficio.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, invece di contestare una violazione di legge, tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo compito non spetta alla Corte di Cassazione, la quale si occupa solo della corretta applicazione del diritto (giudizio di legittimità) e non di riesaminare il merito dei fatti (giudizio di merito).
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito di questa decisione?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso ritenuto inammissibile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5050 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5050 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MELFI il 26/02/1971
avverso la sentenza del 27/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME Pasquale Vincenzo;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo con cui è stata dedotta la violazione di legge in ordine alla sussistenza degli elementi necessari ai fini della integrazione del delitto di resistenza a pubblico ufficial manifestamente infondato e teso ad una rivalutazione ed alternativa rilettura delle fonti di prova che la Corte di merito ha dimostrato di aver correttamente effettuato attraverso l’analisi dei da processuali a disposizione che mettevano in evidenza la condotta del ricorrente che, intimato di fermarsi da una pattuglia dei Carabinieri con colori di istituto, alla guida dell’autovettura s quale viaggiava, privo di patente e assicurazione, decideva di aggirare l’auto delle forze di polizi ed intraprendeva una fuga per il centro cittadino mettendo a repentaglio l’incolumità degli utenti della strada e degli stessi militari;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025.