Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26807 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26807 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 07/03/2024 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
(
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., GLYPH il Tribunale del Riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza con cui il Tribunale di Napoli, a seguito della convalida dell’arresto in sede di giudizio direttissimo ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura degli arresti domiciliari in ordine al delitto di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 d.P.R ottobre 1990 n. 309 e al delitto di cui agli artt. 110 e 337 cod. pen., commessi in concorso con NOME COGNOME.
I fatti nell’ordinanza genetica e in quella impugnata sono stati descritti nel modo seguente. Il 19 febbraio 2024, verso le ore 3 di notte, l’auto Fiat 500 condotta da COGNOME, con COGNOME seduto sul sedile lato passeggero, al transito di un mezzo di servizio della polizia, aveva incominciato ad intraprendere manovre sospette, tanto che gli agenti avevano intimato l’alt e attivato i lampeggianti; l’auto Fiat 500 non aveva ottemperato all’alt e aveva accelerato bruscamente, seguita dal mezzo della polizia; nel corso dell’inseguimento durato alcune centinaia di metri, COGNOME aveva posto in essere manovre pericolose per non essere raggiunto, mentre COGNOME aveva gettato dal finestrino lato passeggero una busta, all’interno della quale, una volta recuperata, erano stati trovati nove involucri contenenti sostanza stupefacente del tipo cocaina. Una volta fermato, COGNOME, in esito alla perquisizione, era stato trovato in possesso della somma di 85,00 euro, mentre sull’auto di COGNOME, parcheggiata nei pressi, era stata rinvenuta la somma di 110,00 euro.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, COGNOME aveva riferito che la droga gli era stata regalata da un amico di cui non ricordava il nome e che, pur non essendo egli assuntore abituale di sostanze, era sua intenzione, in quell’occasione, farne uso; COGNOME aveva riferito di aver buttato la busta dal finestrino, su richiesta del correo, senza sapere che cosa essa contenesse.
Contro l’ordinanza, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso, formulando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di . motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato · di resistenza. Il difensore rappresenta che il t ollegio non aveva valutato quanto rappresentato con la memoria difensiva, ovvero che la condotta di resistenza era stata desunta dalla mera percezione degli operanti; che era singolare che questi ultimi non avessero allertato il centralino per l’invio di rinforzi; l’inseguimento era avvenuto in piena notte in una zona periferica della città di
Napoli, ove le poche attività commerciali esistenti erano chiuse, sicché non poteva dirsi che la condotta di guida avesse messo a repentaglio la incolumità altrui. A fronte di tali rilievi, il Tribunale si era limitato a ribadire quan descritto nell’ordinanza genetica e non aveva chiarito in che senso l’indagato avesse ostacolato l’esercizio della funzione pubblica. Prima ancora, il difensore rileva che non era, neppure, chiaro come gli agenti alla guida dell’auto avessero potuto intimare l’alt e che, comunque, non era stato accertato che COGNOME fosse fuggito “stanti le caratteristiche dei luoghi e di tempo”.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di concorso nella detenzione della sostanza stupefacente. Il difensore osserva che nessuno degli elementi in atti valeva a provare che COGNOME fosse consapevole che nell’auto fosse custodita della droga. I verbalizzanti, infatti, non avevano notato i due imputati in circostanze sospette ed anche la brusca accelerazione della marcia non poteva che essere imputata al solo conducente dell’auto. Il fatto che COGNOME avesse gettato la busta dal finestrino non significava che egli sapesse cosa tale busta conteneva ed anche la somma di denaro rinvenuta nella sua disponibilità non valeva a dimostrare alcunchè, essendo plausibile che, come dichiarato, tale somma gli fosse stata regalata dal nonno materno.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione del reato nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90. Il difensore lamenta che, dopo che con memoria difensiva aveva avanzato tale richiesta al Tribunale del riesame, nell’ordinanza impugnata nulla si diceva al riguardo.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, GLYPH ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo è infondato. Il Tribunale, in continuità con l’ordinanza genetica, ha GLYPH fondato l’affermazione della sussistenza dei gravi indizi colpevolezza in ordine al reato di resistenza sulla base di quanto riporta verbale di arresto, in cui si è dato atto che, per opporsi all’intervento della polizia giudiziaria, GLYPH COGNOME, GLYPH alla guida dell’auto sulla quale COGNOME viaggiava come trasportato, aveva accelerato la marcia e tenuto condotte
guida i ( tali da mettere in pericolo gli operanti stessi (oltre che evidentemente altri possibili utenti della strada). La condotta così descritta, quanto meno sul piano della gravità indiziaria richiesto nella fase cautelare, integra il delitto resistenza contestato: invero l’indagato, in concorso con l’autore materiale, non si è limitato ad una mera fuga, ma, attraverso una condotta di guida pericolosa, ha posto deliberatamente in pericolo l’incolumità personale degli altri utenti della strada e delle forze dell’ordine (ex plurimis / Sez. 1 n. 41408 del 04/07/2019, Foriglio, Rv. 277137).
A fronte di tale percorso argomentativo, la censura dedotta non coglie nel segno. Alcuni rilievi, volti a sindacare il giudizio sull’efficacia dimostrativa d circostanze di fatto evidenziate (quali quello per cui non sarebbe chiaro in che modo gli agenti avessero intimato l’alt), sono inammissibili ed esulano dall’ambito del sindacato di questa Corte, in quanto vertenti su profili di merito, in assenza di una manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. L’obiezione per cui l’inseguimento era durato per un breve tratto dì strada è inconferente, posto che la condotta intimidatoria, che vale ad integrare il delitto di resistenza, può in astratto concretizzarsi anche in una sola manovra pericolosa; altrettanto inconferente è il rilievo per cui, data l’ora notturna l’assenza di traffico, non era stata messa a repentaglio la sicurezza degli utenti, giacché i giudici hanno spiegato che la condotta degli indagati aveva messo in pericolo la incolumità stessa degli agenti, oltre che quella di eventuali altre persone che si fossero trovate a impegnare la strada.
Il secondo motivo è infondato. Il Tribunale ha ritenuto sussistente un compendio indiziario grave in ordine al delitto di detenzione illecita di sostanze stupefacenti in ragione di una complessiva lettura di elementi di fatto, da cui ha dedotto che l’azione criminosa fosse stata concordata da COGNOME e COGNOME. I giudici hanno spiegato che COGNOME aveva avuto a disposizione la droga e, al fine di disfarsene per non farla trovare agli inquirenti, egli l’aveva gettata da finestrino dell’auto: la tesi difensiva, per cui egli non era consapevole che la busta contenesse sostanza stupefacente, è stata ritenuta GLYPH smentita dalla dinamica dei fatti come ricostruita nel verbale di arresto ancheu – fil -relazione alla condotta GLYPH di resistenza precedente, attraverso un ragionamento non imanifestamente illogico.
Il terzo motivo, con cui il ricorrente invoca la riqualificazione del reat contestato nei capo di incolpazione provvisoria in quello di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990 e la mancata motivazione del Tribunale in merito, è inammissibile.
Occorre ribadire il principio per cui la imputazione, nella fase dell’arresto i flagranza e della successiva richiesta di applicazione della misura cautelare, è necessariamente fluida in relazione allo sviluppo, ancora embrionale, delle indagini. Correlativamente si è sostenuto che “in tema di misure cautelari personali, sussiste l’interesse ad impugnare quando l’indagato tende ad ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto dalla quale consegua per lui una concreta utilità, mentre non rileva la sua mera pretesa all’esattezza teorica della decisione che non realizzi alcun vantaggio pratico. (Fattispecie nella quale la Corte ha escluso l’interesse del ricorrente all’inquadramento del fatto ascrittogli nella più lieve fattispecie di cui dell’art. comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, poiché la derubricazione non avrebbe avuto alcuna valenza ostativa rispetto alla misura dell’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, nelle more disposta dal riesame in sostituzione di quella degli arresti domiciliari) (sez.6, n. 46387 del 24/10/2023, COGNOME, Rv. 285481; GLYPH nello stesso senso sez. 6, n. 41003, del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 264762). Di contro GLYPH è stato valorizzato l’interesse all’inquadramento del fatto nella più lieve fattispecie di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. cit., in quanto il limite edittale di pena di tale fattispecie avrebbe impedi l’adozione della custodia cautelare in carcere (Sez. 6, n..10941 del 15/02/2017, COGNOME, Rv. 269783).
Si tratta di principi che discendono da quello generale, dettato dall’art. 568 comma 4 cod. proc. pen, per cui per proporre impugnazione è necessario avervi interesse. Per evidenti ragioni di economia processuale il legislatore ha subordinato l’attivazione dello strumento di controllo all’esistenza in capo al soggetto legittimato di un concreto ed attuale interesse, inteso, nella elaborazione della giurisprudenza di legittimità, non già quale pretesa della esattezza teorica della decisione, bensì come misura della utilità pratica derivante dalla impugnazione, sussistente ogni qualvolta dal raffronto fra la decisione oggetto di gravame e quella che potrebbe essere emessa, se il gravame fosse accolto, emerge per l’impugnante una situazione di vantaggio meritevole di tutela giuridica (in tal senso Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, COGNOME, Rv.202269, secondo cui la facoltà di attivare i procedimenti di gravame è «subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e l’eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso», e più di recente Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953 in tema di legittimazione della parte civile ad impugnare la sentenza di primo grado che
abbia dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come nei confronti della sentenza di appello che tale decisione abbia confermato).
Nel caso in esame, tenuto conto che il reato di cui all’art. 73, comma 5, d. P.R. n 309/90 è punito con pena edittale che consente l’applicazione della misura detentiva (anche della custodia in carcere a seguito della nuova formulazione, ad opera dell’art. 4, comma 3, del D.L. 15 settembre 2023, n. 123, convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 159), nessuna utilità pratica è stata invocata dal ricorrente, che non ha contestato la sussistenza delle esigenze cautelari, rispetto alla diversa qualificazione giuridica, né ha posto il tema della scadenza del termine di fase della misura cautelare.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso GLYPH e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.