Resistenza a pubblico ufficiale: quando un’azione integra più reati
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 337 del codice penale, è una fattispecie che tutela il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione. Ma cosa accade quando la condotta di resistenza è rivolta simultaneamente a più agenti? Si tratta di un unico reato o di tanti reati quanti sono gli ufficiali coinvolti? Con l’ordinanza n. 21807/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato, offrendo importanti chiarimenti sulla qualificazione giuridica del fatto e sulle conseguenze sanzionatorie.
I fatti di causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di resistenza a un pubblico ufficiale. L’imputato, attraverso i suoi legali, sollevava diverse questioni, tra cui la presunta erronea applicazione della legge penale riguardo alla pluralità di reati contestati, la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e la richiesta di correzione di un errore materiale presente nella sentenza impugnata.
La decisione della Corte di Cassazione e la resistenza a pubblico ufficiale
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la solidità della decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno affrontato punto per punto i motivi del ricorso, fornendo una motivazione chiara e ancorata a precedenti giurisprudenziali di massima importanza.
Il fulcro della decisione riguarda la configurabilità del concorso formale di reati. La difesa sosteneva che la condotta, pur rivolta a più agenti, dovesse essere considerata come un unico reato, poiché ledeva un unico bene giuridico: il normale funzionamento della pubblica funzione. La Cassazione, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (la massima espressione della Corte), ha respinto questa tesi.
Le motivazioni
La Corte ha spiegato che, sebbene il reato di resistenza a pubblico ufficiale tuteli in via primaria l’interesse pubblico, la condotta si concretizza in singole e distinte offese contro la libertà di azione e il libero espletamento delle funzioni di ciascun pubblico ufficiale. Di conseguenza, una singola azione violenta o minacciosa diretta contro più agenti integra un concorso formale di reati, ai sensi dell’art. 81, primo comma, del codice penale. Questo significa che l’imputato risponde di tanti reati quanti sono gli ufficiali a cui si è opposto, con un conseguente adeguamento della pena.
In merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche, i giudici hanno ritenuto la decisione della Corte territoriale corretta e ben motivata. La sentenza impugnata aveva infatti fatto buon governo dei principi in materia, basando la propria valutazione su elementi decisivi emersi sia nel giudizio di primo grado che in quello d’appello, senza alcuna illogicità.
Infine, per quanto concerne la richiesta di correzione di un errore materiale nella data di nascita dell’imputato, la Corte ha specificato che, essendo il ricorso inammissibile, la competenza a provvedere alla correzione non è della Cassazione, ma del giudice che ha emesso il provvedimento viziato, secondo quanto previsto dall’art. 130 del codice di procedura penale.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. La qualificazione della resistenza a pubblico ufficiale contro più persone come concorso formale di reati ha implicazioni dirette sul trattamento sanzionatorio, che sarà più severo rispetto all’ipotesi di reato singolo. La decisione sottolinea inoltre il rigore con cui la Cassazione valuta i motivi di ricorso, dichiarando inammissibili quelli che non presentano critiche fondate e pertinenti rispetto alla logicità e coerenza delle sentenze di merito. Per l’imputato, la dichiarazione di inammissibilità comporta non solo la definitività della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Opporsi a più pubblici ufficiali costituisce un unico reato o più reati?
Secondo la Corte di Cassazione, la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali integra il concorso formale di reati. Ciò significa che si configurano tanti reati distinti quanti sono gli ufficiali coinvolti, poiché viene lesa l’attività funzionale di ciascuno di essi.
Perché la Corte ha confermato la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse corretta e motivata in modo logico e puntuale, basandosi su elementi ritenuti decisivi emersi nel corso dei processi di primo e secondo grado.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile e la sentenza impugnata contiene un errore materiale?
In caso di inammissibilità del ricorso, la Corte di Cassazione non può procedere alla correzione dell’errore materiale. La competenza per la correzione spetta al giudice che ha emesso il provvedimento contenente l’errore, come stabilito dall’articolo 130 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21807 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21807 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BUSTO ARSIZIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO COGNOME
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui alli art. 337 cod. pen.);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto, con riguardo ai primi due motivi di ricorso, che la Corte territoriale ha motivato in maniera logica, coerente e puntuale richiamando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità espresso a Sezioni Unite, secondo il quale, in tema di resistenza a un pubblico ufficiale integra il concorso formale di reati, a norma dell’art. 81, primo comma, cod. pen., la condotta di chi usa violenza o minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio mentre compiono un atto del loro ufficio o servizio (Sez. U, n. 40981 del 22/02/2018, Apolloni, Rv. 273771); rilevato infatti che la resistenza, pur ledendo unitariamente il pubblico interesse alla tutela del normale funzionamento della pubblica funzione, si risolve in altrettante e distinte offese al libero espletamento dell’attività funzionale di ciascun pubblico ufficiale;
Ritenuto inoltre, che la sentenza è altresì corretta quanto alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio con particolare riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, là dove ha fatto buon governo dei principi operanti in materia (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, dep. 2022, Bianchi, Rv. 282693), riferendosi agli elementi ritenuti decisivi, (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata, oltre alla pag. 4 della sentenza di primo grado);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Ritenuto infine, quanto alla richiesta di correzione di errore materiale contenuto in sentenza circa la data di nascita dell’imputata, che in caso di impugnazione inammissibile provvede il giudice che ha emesso il provvedimento ex art. 130 cod. proc. pen.;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22/04/2024