Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3657 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Fabriano il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Padova il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Cordoba il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a San Severino il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a San Miniato il DATA_NASCITA
COGNOME NOMENOME nato a Pordenone il DATA_NASCITA
NOME, nato a Benevento il DATA_NASCITA
NOME, nato a Feltre il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2022 della Corte di appello di Bologna;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; sentita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore dei ricorrenti, che nella memoria difensiva pervenuta il 14 novembre 2023 ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Bologna limitatamente alla pena applicata a NOME COGNOME, ha confermato la condanna dei ricorrenti per i delitti di resistenza aggravata a pubblico ufficiale, danneggiamento aggravato e altri, contestati a ciascuno singolarmente, avvenuti nel corso dello sgombero, da parte delle forze dell’ordine, di un edificio occupato abusivamente da diverse famiglie con la solidarietà di associazioni di cittadini che ne rivendicavano il diritt all’abitazione.
1.1. La Corte distrettuale chiariva che, Polizia e carabinieri, per evitare l’intervento dei manifestanti, avevano creato un cordone di autovetture ed agenti uno dei quali, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME, era stato aggredito fisicamente e gravemente insultato da un uomo con un casco, poi identificato per COGNOME.
Successivamente, mentre alcuni manifestanti erano accorsi all’esterno dell’immobile per tentare di sfondare le barriere delle forze dell’ordine ed impedirne lo sgombero, era giunto sul posto un furgone dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” che doveva provvedere all’apertura della villa: detto furgone venne preso d’assalto da COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME per impossessarsi del materiale che trasportava (un trapano, sacchi di cemento e una lunga trave di legno) e che venne poi lanciato all’indirizzo degli operanti, tanto da ferire NOME COGNOME, come riferito dai testimoni presenti e confermato dai filmati. Nel frattempo, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO aveva scattato le fotografie degli aggressori.
Infine, vi era stato un terzo momento delle condotte contestate,consistito nel far sedere per terra i manifestanti su richiesta del ricorrente COGNOME, così da ostacolare l’intervento dei RAGIONE_SOCIALE presso l’immobile da sgomberare.
Avverso detta sentenza hanno proposto un unico ricorso gli imputati, tramite il loro difensore, deducendo i motivi di seguito indicati.
2.1. Con il primo si censurano violazioni di legge e vizi della motivazione in relazione agli artt. 337 cod. pen. e 339, commi 2 e 3, cod. pen. per tutti i ricorrenti e il travisamento della prova per il solo NOME COGNOME.
La sentenza della Corte di appello, da leggere unitamente a quella di primo grado, ha erroneamente qualificato violenta la presenza dei manifestanti, che solidarizzavano con gli abitanti, nel corso del presidio di Polizia e Carabinieri dell’immobile occupato di INDIRIZZO a Bologna. I ricorrenl:i, infatti, si erano limitati a gettare a terra gli oggetti siti all’interno del furgoncino della ditta e 14 RAGIONE_SOCIALE, senza ostacolare l’attività degli operanti o creare con loro un contatto diretto, eccetto l’episodio isolato avvenuto tra COGNOME e il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME.
In particolare, non solo COGNOME e COGNOME non avevano gettato nulla, ma il secondo non era presente neanche al momento del prelievo degli oggetti dal furgoncino, essendo arrivato quando l’immobile ormai era sotto il controllo delle forze dell’ordine: ciò nonostante, con travisamento del fatto, COGNOME era stato condannato per concorso morale sebbene l’operante COGNOME avesse dato atto di altro (a pagina 53 delle trascrizioni la sua condotta è descritta in questi termini: «fronteggia un poliziotto dello schieramento…fa sedere i manifestanti a terra per impedire l’arrivo dei vigili del RAGIONE_SOCIALE»).
Il ricorso contesta la ritenuta sussistenza delle aggravanti alla luce delle testimonianze degli stessi operanti. Questi, infatti, avevano fatto riferimento alla presenza di circa dieci persone, non assumendo rilievo la presenza dei manifestanti sul luogo dello sgombero perché intervenuti successivamente agli scontri e risultando che delle venticinque persone presenti ed identificate solo otto erano state ritenute coinvolte nel delitto. Gli operanti COGNOME e COGNOME avevano escluso il lancio di oggetti contundenti, lasciati per terra per consentire ai ricorrent di fuggire e non anche per contrastare l’intervento delle forze dell’ordine.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 635 cod. pen. in quanto dall’accertamento dei fatti era emerso che i ricorrenti non volessero danneggiare gli oggetti prelevati dal furgone, ma solo utilizzarli per evitare di essere travolti dalla carica della Polizia.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 633 cod. pen. con riguardo alla posizione di COGNOME, ritenuto promotore dell’occupazione in base a video pubblicati su “youtube” nonostante si fosse limitato ad un mero supporto sociale degli occupanti, senza partecipare all’occupazione abusiva.
Inoltre, dalle stesse testimonianze degli operanti era emerso come COGNOME avesse soltanto informato gli occupanti di quanto accadeva, svolgendo un’attività di mediazione in occasione dell’intervento delle forze dell’ordine, laddove si era erroneamente valorizzato il suo ruolo nella restituzione dei beni degli occupanti.
2.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 633, comma 2, cod. pen. con riguardo alla posizione di COGNOME, in quanto condannato
come concorrente morale nonostante l’assenza di prove sul numero degli occupanti dell’immobile nell’ottobre del 2014 e la remissione di querela.
2.5. Con il quinto e il sesto motivo deduce violazione di legge e vizi della motivazione, come travisamento della prova, per erronea applicazione dell’aggravante di cui all’art. 339-bis cod. pen., anche nella forma putativa ex art. 59 cod. pen., alla luce della giurisprudenza della Corte EDU e della Corte di legittimità circa la proporzione dell’intervento delle Forze dell’ordine rispetto a condotte non violente di manifestanti che si erano limitati ad esprimere solidarietà agli occupanti. Peraltro, dalla testimonianza di COGNOME era risultato che vi fosse in corso una trattativa con la proprietà dell’immobile, cosicchè i ricorrenti, tornati dopo una pausa per il pranzo, assistendo allo sgombero avevano ritenuto legittima la resistenza, quantomeno ai sensi dell’art. 59 cod pen. per errore sul fatto.
2.6. Con il settimo motivo deduce vizio della motivazione sulla identificazione dei ricorrenti, compiuta dall’operante COGNOME senza riscontri, in mancanza dei requisiti richiesti per l’efficacia probatoria dell’atto ricognitivo e in base all’asserita conoscenza personale degli imputati.
2.7. Con l’ottavo motivo, relativo alla posizione di COGNOME, deduce violazione di legge in relazione all’art. 341-bis cod. pen., in quanto l’offesa rivolta al pubblico ufficiale non era connessa alla funzione svolta, ma meramente personale, e comunque in assenza di prova che soggetti terzi l’avessero ascoltata.
2.8. Con il nono motivo, relativo a COGNOME, deduce violazione di legge in ordine all’art. 582 cod. pen. per mancanza di motivazione sul dolo della spinta.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’art 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, stante l’intempestiva richiesta di discussione orale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono inammissibili perché riversati in fatto, reiterativi di precedenti doglianze e in parte generici.
2.Vanno congiuntamente trattati il primo e il secondo motivo, strettamente connessi tra loro, riguardanti l’erronea applicazione dell’art. 337 cod. pen., anche nella forma aggravata di cui all’art. 339, commi 2 e 3, cod. pen,
La Corte di appello di Bologna ha ricostruito la vicenda storico-fattuale sulla base di argomenti esenti da vizi in questa sede rilevabili e con una completa
descrizione delle prove assunte, già adeguatamente delineate nella sentenza di primo grado. Invero, alla luce delle testimonianze precise, coerenti e concordanti degli operanti, per come confermate dai video e dall’estrapolazione dei fotogrammi tratti dai filmati della Digos che avevano ripreso tutti i ricorrenti, era sta accertata la modalità degli scontri, la commissione dei delitti contestati e il ruolo assunto da ciascun imputato, regolarmente riconosciuto e identificato.
2.1. Per esaminare le censure difensive è opportuno sinteticamente riportare quanto accertato dalle sentenze impugnate.
La Corte di appello di Bologna, con stringente e c:ompleta capacità persuasiva e in applicazione della giurisprudenza di legittimità, ha correttamente qualificato come resistenza a pubblico ufficiale aggravata l’assalto dei ricorrenti al furgone dell’RAGIONE_SOCIALE “RAGIONE_SOCIALE” che doveva provvedere all’apertura della villa, –
per impossessarsi del materiale che trasportava (un trapano, sacchi di cemento e una lunga trave di legno) e lanciarlo contro le forze dell’ordine, tra cui una lunga trave che aveva colpito l’agente COGNOME; nella medesima vicenda sono state altresì ravvisate minacce per opporsi al legittimo svolgimento del pubblico servizio degli agenti di P.S., incaricati di impedire l’ingresso nell’area da sgomberare durante le attività necessarie a detto fine.
2.2. Ad identiche conclusioni si deve pervenire in ordine alle censure mosse dai ricorrenti circa l’insussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 339, commi 2 e 3, cod. pen.
La sentenza impugnata, al punto 2A), ha correttamente ritenuto presente a un numero superiore a dieci persone in base ai filmati che mostravano, all’esterno della villa occupata, circa trenta persone – la gran parte identificate dieci delle quali avevano assalito il furgone lanciando gli oggetti che vi erano all’interno contro le forze dell’ordine: circostanza di fatto, questa, contrastata da singoli elementi riportati, peraltr000lo in modo parcellizzat5 nel ricorso.
Come correttamente sostenuto nella requisitoria scritta del AVV_NOTAIO generale, anche a volere ammettere che le persone identificate fossero meno di dieci, in tema di resistenza al pubblico ufficiale ricorre detta aggravante anche quando un numero elevato di soggetti intervenga, su sollecitazione degli stessi autori materiali, per impedire l’espletamento dell’attività istituzionale con modalità aggressive e violente (Sez. 6, n. 25303 del 01/04/2021, Rv. 281954 con r( , riferimento al richiamo degli abitanti del quartiere), in quanto la ratio e quella di rafforzare il proposito dell’autore materiale, agevolandone la condotta.
Con riferimento alla seconda aggravante, la sentenza ha qualificato gli oggetti usati dagli imputati come «corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere» ai sensi dell’ultimo comma dell’art. :339 cod. pen. essendo risultato che
il materiale, prelevato con violenza dal furgone, non era stato affatto adagiato per terra, ma utilizzato per sfondare la linea di difesa predisposta dalla Polizia e per colpire gli agenti, come infatti avvenuto con la trave.
Il secondo motivo di ricorso, riguardante il delitto di danneggiamento, è generico in quanto non si confronta in alcun modo con la sentenza di appello che, al paragrafo 3B), dà atto che le videoriprese avevano mostrato la distruzione del trapano ed il lancio dei sacchi di cemento che ne aveva determinato la rottura, così integrando l’elemento oggettivo e soggettivo del reato.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso, manifestamente infondati, possono essere trattati congiuntamente in quanto riguardano la posizione di NOME COGNOME.
La Corte di appello ha ritenuto integrato il delitto di occupazione abusiva, nella forma aggravata dal numero delle persone, per invasione arbitraria dell’immobile alla luce: a) dei video pubblicati su “you tube” nel ,gennaio 2015, che ritraevano COGNOME nell’atto di rivendicare l’occupazione dell’immobile; b) dei fotogrammi in cui assieme ad altri esponeva uno striscione di protesta dopo l’occupazione; c) dell’avere fomentato la strenua resistenza degli occupanti facendosi portavoce con le forze dell’ordine e chiedendo la restituzione dei beni che si trovavano all’interno dell’immobile; d) delle dichiarazioni del custode giudiziario secondo il quale i locali all’interno della villa erano circa venti e ciascuno di essi erano stati collocati più letti, tanto da rendere il numero degli occupanti superiore a dieci.
Si tratta di conclusioni in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale integra il delitto di cui all’art. 633 cod. pen. l’ “invasione” contra ius, che può anche avvenire in modo non violento, e che rende la conseguente “occupazione” estrinsecazione materiale della condotta vietata (Sez. 2, n. 29657 del 27/03/2019, Rv. 277019). Trattandosi di reato permanente in cui, nonostante il realizzarsi dell’evento, gli effetti antigiuridici non cessano, diventa ininfluente c sia ad iniziare materialmente la condotta criminosa perché ciò che rileva è la presenza arbitraria nell’immobile con l’inequivoca volontà di occuparlo.
Ne consegue che risponde a titolo di concorso colui che, anche senza avere partecipato all’iniziale invasione, abbia successivamente contribuito a perpetuare la condotta criminosa (Sez. 2, n. 4393 del 04/12/2018, dep. 2019, Rv. 274902), prestando una qualunque agevolazione al colpevole prima che la condotta sia cessata (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Rv. 253151).
Applicando i menzionati principi di diritto alla fattispecie in oggetto, ne consegue che il ricorrente non si è limitato a fornire un mero supporto solidaristico ai numerosi occupanti, ma ha integrato una condotta illecita che, se anche non
sostanziatasi in quella di materiale di forzatura del cancello, si è di certo manifestata nei termini di un’attiva partecipazione, se non determinazione, all’occupazione illecita aggravata dal numero di persone, protrattasi per mesi, nella forma del concorso morale.
Il quinto ed il sesto motivo di ricorso, entrambi generic:amente formulati, possono essere trattati congiuntamente ponendo le medesime questioni.
La sentenza impugnata, al paragrafo 3A), spiega, con argomenti adeguati e logici, le ragioni dell’esclusione dell’invocata causa di non punibilità prevista dall’art. 393-bis cod. pen., anche nella forma putativa, partendo dalle dichiarazioni dell’agente di polizia giudiziaria COGNOME, menzionate nel ricorso, secondo il quale vi erano non generiche trattative in corso con gli occupanti, di per sé inidonee ad indurre in errore circa l’arbitrarietà dello sgombero dei pubblici ufficiali.
Si tratta di argomenti con i quali il ricorso non si è affatto confrontato limitandosi, da un lato, a proporre una lettura alternativa e non pertinente degli elementi di fatto, e, dall’altro, a citare sentenze della Corte EDU e della Corte di legittimità riguardanti questioni del tutto estranee all’oggetto del giudizio, ovverosia la proporzione dell’intervento delle forze di polizia a fronte di manifestazioni pacifiche e non violente, come non è stata quella in esame.
6. Il settimo motivo è generico e reiterativo.
Anche sotto tale profilo il ricorso non menziona in alcun modo gli argomenti utilizzati dalla sentenza impugnata, riportati al paragrafo 1A), e ripropone le medesime doglianze dell’atto di appello.
L’identificazione dei ricorrenti, secondo quanto chiarito dalla Corte distrettuale, è avvenuta attraverso le attendibili e puntuali dichiarazioni rese dall’agente COGNOME, che vi aveva provveduto grazie alla loro pregressa conoscenza, derivante da precedenti attività investigative, e dopo l’estrapolazione delle loro foto dal video della Digos, dal quale le sembianze di ciascuno risultavano molto chiare.
Si tratta di argomenti logici e coerenti che danno conto di come il giudice di merito abbia congruamente operato la valutazione di una prova legittimamente assunta, quale è l’esame del testimone, ritenuto attendibile e credibile, a prescindere dalla formale ricognizione di persona.
L’ottavo ed il nono motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente in quanto riguardano entrambi la posizione del ricorrente NOME COGNOME.
La sentenza impugnata, ai paragrafi 4B) e 5B), fornisce puntuali e logici argomenti sia in ordine alle lesioni provocate dal ricorrente, all’inizio dei disordini, ai danni del AVV_NOTAIO COGNOME, per come confermate da certificazione
medica; sia in ordine alle frasi gravemente oltraggiose pronunciate da COGNOME mentre l’operante compiva un atto del suo ufficio nel corso di un’affollata contrapposizione tra Polizia e manifestanti, dunque alla presenza di più persone.
A fronte di tali argomenti, congruamente esposti dai Giudici di merito, le censure del ricorrente si risolvono in apodittiche asserzioni, omettendo di svolgere una motivata e precisa critica ai su indicati passaggi motivazionali della sentenza impugnata.
In conclusione, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione della natura delle questioni dedotte, si stima di quantificare nella misura di euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16 novembre 2023.