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Resistenza a pubblico ufficiale: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di un gruppo di manifestanti condannati per resistenza a pubblico ufficiale aggravata durante uno sgombero. La sentenza conferma che l’assalto a un furgone e il lancio di oggetti verso le forze dell’ordine integrano pienamente il reato, comprese le aggravanti del numero di persone e dell’uso di corpi contundenti. I ricorsi sono stati respinti in quanto basati su riesami dei fatti, non consentiti in sede di legittimità.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando la Protesta Diventa Reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 3657/2024, offre un’importante analisi sui confini tra il diritto di manifestare e la commissione del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il caso esamina le azioni di un gruppo di attivisti durante lo sgombero di un immobile occupato, chiarendo quando la protesta si trasforma in condotta penalmente rilevante e quali elementi integrano le circostanze aggravanti. La decisione finale ha dichiarato inammissibili i ricorsi degli imputati, confermando le condanne dei precedenti gradi di giudizio.

I Fatti di Causa

I fatti risalgono allo sgombero di un edificio occupato abusivamente da diverse famiglie, supportate da associazioni di cittadini. Durante le operazioni delle forze dell’ordine, un gruppo di manifestanti ha posto in essere una serie di azioni per impedire l’intervento. In particolare, un furgone di un’impresa edile, giunto sul posto per i lavori di messa in sicurezza, è stato preso d’assalto. I manifestanti si sono impossessati del materiale che trasportava – tra cui un trapano, sacchi di cemento e una lunga trave di legno – e lo hanno lanciato contro gli agenti, ferendone uno. Le condotte contestate includevano, oltre alla resistenza aggravata, anche il danneggiamento e, per uno degli imputati, l’oltraggio e le lesioni personali nei confronti di un commissario.

L’Iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

La Corte di Appello di Bologna aveva confermato le condanne emesse in primo grado, operando solo una parziale riforma della pena per uno degli imputati. Avverso tale decisione, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, tramite un unico atto difensivo, sollevando diverse questioni. Essi contestavano la qualificazione giuridica dei fatti come resistenza a pubblico ufficiale, sostenendo che la loro presenza non fosse stata violenta. Inoltre, mettevano in discussione la sussistenza delle aggravanti, sia quella del numero di persone superiore a dieci, sia quella dell’uso di oggetti atti a offendere. Altri motivi di ricorso riguardavano il presunto travisamento della prova, l’erronea applicazione della legge in materia di danneggiamento e occupazione abusiva, e vizi nella procedura di identificazione dei responsabili.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Corte di Cassazione ha ritenuto i ricorsi inammissibili perché riversati in fatto, reiterativi di precedenti doglianze e in parte generici. In sostanza, gli imputati cercavano di ottenere dalla Suprema Corte un nuovo giudizio sul merito dei fatti, un’operazione non consentita in sede di legittimità.

La Corte ha sottolineato come la sentenza della Corte di Appello avesse ricostruito la vicenda in modo logico e coerente, basandosi su prove solide come le testimonianze degli operanti, i video e i fotogrammi acquisiti.

In particolare, i giudici hanno confermato la correttezza della qualificazione del reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata. L’assalto al furgone per impossessarsi del materiale e il successivo lancio dello stesso contro le forze dell’ordine sono stati considerati atti che integrano pienamente la violenza richiesta dalla norma.

Anche le aggravanti sono state ritenute correttamente applicate:

1. Numero di persone: Le prove video mostravano la presenza di circa trenta persone, delle quali almeno dieci avevano partecipato attivamente all’assalto. La Corte ha ribadito il principio secondo cui l’aggravante sussiste anche quando un numero elevato di soggetti interviene per impedire l’attività istituzionale con modalità aggressive.
2. Uso di oggetti atti a offendere: Il materiale prelevato dal furgone, come la trave di legno e i sacchi di cemento, è stato qualificato come corpi contundenti, in quanto utilizzato con lo scopo di sfondare la linea di difesa della polizia e colpire gli agenti.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul fatto. Le valutazioni su prove e testimonianze, se motivate in modo logico e non contraddittorio dai giudici di merito, non sono sindacabili in sede di legittimità. Dal punto di vista sostanziale, la decisione chiarisce che la condotta di chi, durante una manifestazione, si oppone attivamente alle forze dell’ordine utilizzando violenza e lanciando oggetti, integra senza dubbio il reato di resistenza a pubblico ufficiale aggravata. La finalità sociale della protesta non può giustificare azioni che mettano in pericolo l’incolumità degli agenti e ostacolino l’esecuzione di un provvedimento legittimo.

Quando una protesta contro uno sgombero si trasforma in resistenza a pubblico ufficiale aggravata?
Secondo la sentenza, la protesta si trasforma in resistenza aggravata quando i manifestanti non si limitano a una presenza passiva ma compiono atti di violenza o minaccia per opporsi agli agenti. L’assalto a un veicolo per prelevare oggetti e lanciarli contro le forze dell’ordine è stato considerato un atto di violenza che integra pienamente il reato.

Lanciare oggetti non classificati come armi proprie contro le forze dell’ordine integra un’aggravante?
Sì. La Corte ha confermato che oggetti come una trave di legno o sacchi di cemento, se utilizzati per offendere o colpire, vengono qualificati come corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere ai sensi dell’art. 339 cod. pen., facendo scattare la relativa circostanza aggravante.

È possibile contestare in Cassazione l’identificazione di un imputato se è stata ritenuta valida nei gradi di merito?
No, se la contestazione si basa su una diversa valutazione delle prove. La Cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso sull’identificazione, poiché i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro decisione basandosi su prove ritenute attendibili (come il riconoscimento da parte di un agente che conosceva già gli imputati e l’analisi di video), e la Suprema Corte non può riesaminare tali prove nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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