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Resistenza a pubblico ufficiale: il momento del reato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un automobilista condannato per resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha stabilito che le minacce proferite durante l’intero processo di controllo stradale, e non solo dopo la stesura del verbale, configurano il reato, respingendo la tesi difensiva che mirava a una diversa valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando Scatta il Reato Durante un Controllo?

Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia, specialmente quando si tratta di definire il momento esatto in cui la condotta illecita si perfeziona. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura, stabilendo che le minacce rivolte a un agente durante l’intero svolgimento di un controllo integrano il reato, anche prima della formale redazione di un verbale. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un automobilista condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato previsto dall’art. 337 del Codice Penale. L’imputato era stato fermato per un’infrazione al Codice della Strada. Durante le operazioni di controllo, prima ancora che il verbale fosse compilato e prima dell’arrivo sul posto dei suoi familiari, l’uomo aveva proferito minacce nei confronti degli agenti operanti. La sua difesa sosteneva che tale condotta non potesse configurare il reato di resistenza, in quanto avvenuta, a suo dire, in un momento successivo alla conclusione dell’atto d’ufficio.

La Decisione della Cassazione sulla Resistenza a Pubblico Ufficiale

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il motivo di ricorso fosse una mera riproposizione di una tesi già adeguatamente respinta dalla Corte d’Appello. In sostanza, l’imputato chiedeva alla Cassazione una nuova e alternativa valutazione delle prove e dei fatti, un’attività che non rientra nelle competenze del giudice di legittimità. La Corte ha quindi confermato la condanna, obbligando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

Il punto centrale delle motivazioni risiede nella corretta interpretazione del concetto di ‘atto d’ufficio’. La Corte di Cassazione ha implicitamente confermato quanto già stabilito dalla Corte d’Appello: l’atto d’ufficio non si esaurisce nella semplice compilazione del verbale, ma comprende l’intero svolgimento del controllo di polizia. Le minacce, essendo state realizzate proprio durante l’esecuzione di tale controllo e prima della sua conclusione formale (identificata con la redazione del verbale), sono state correttamente qualificate come un’azione volta a opporsi all’adempimento di un dovere d’ufficio. La Corte ha sottolineato come le risultanze istruttorie fossero state rettamente apprezzate nel giudizio di merito, evidenziando che le minacce si erano verificate nel pieno svolgimento dell’attività di controllo da parte dei pubblici ufficiali.

Conclusioni

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: il reato di resistenza a pubblico ufficiale si configura ogni qualvolta si utilizzi violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio o servizio. L’insegnamento pratico che se ne trae è che l’atto d’ufficio deve essere inteso in senso ampio, come l’intera sequenza di azioni in cui si articola l’intervento del pubblico ufficiale. Pertanto, qualsiasi condotta oppositiva posta in essere durante questo lasso di tempo, e non necessariamente dopo la formalizzazione di un atto scritto, può integrare gli estremi del reato, con tutte le conseguenze penali che ne derivano.

Quando si considera commesso il reato di resistenza a pubblico ufficiale secondo questa ordinanza?
Il reato si considera commesso quando la violenza o la minaccia vengono poste in essere durante l’intero svolgimento dell’atto d’ufficio, come un controllo stradale, e non necessariamente solo dopo la sua conclusione formale con la stesura di un verbale.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità e non può riesaminare i fatti o le prove del processo. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti. Un ricorso che chiede una nuova valutazione dei fatti, come in questo caso, viene dichiarato inammissibile.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la condanna diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro, stabilita dal giudice, a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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