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Resistenza a pubblico ufficiale: dolo del passeggero

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6292/2024, ha annullato la condanna per resistenza a pubblico ufficiale a carico dei passeggeri di un’auto il cui conducente aveva forzato un posto di blocco. La Corte ha chiarito che, per la configurabilità del concorso, è necessaria la prova di un dolo specifico, ovvero la volontà di opporsi all’atto dell’ufficio, non desumibile da comportamenti successivi alla commissione del fatto. È stato così distinto nettamente il ruolo del conducente da quello dei trasportati, per i quali non era emersa una chiara condivisione dell’intento criminoso.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a pubblico ufficiale: quando il passeggero non è complice?

La partecipazione a un reato non è mai automatica. Essere presenti sulla scena del crimine, o addirittura in fuga con l’autore materiale, non significa necessariamente essere suoi complici. Questo principio è stato ribadito con forza dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza che affronta il tema della resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) commessa dal conducente di un’auto, analizzando la posizione dei passeggeri. La decisione chiarisce i confini dell’elemento psicologico richiesto per il concorso di persone in questo specifico delitto, distinguendo nettamente la responsabilità di chi guida da quella di chi è semplicemente trasportato.

I Fatti: la Fuga e le Condanne

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di quattro persone per una serie di reati, tra cui furto aggravato e, per l’appunto, resistenza a pubblico ufficiale. Nello specifico, il conducente di un’autovettura, a bordo della quale si trovavano gli altri tre coimputati, aveva forzato un posto di blocco dei Carabinieri per sottrarsi al controllo e assicurarsi la fuga dopo aver commesso dei furti. I giudici di merito avevano ritenuto tutti i quattro occupanti del veicolo colpevoli in concorso del reato di resistenza, basando la loro decisione sulla presunta condivisione dell’azione delittuosa.

Le Questioni Giuridiche Sottoposte alla Cassazione

I ricorsi presentati alla Suprema Corte sollevavano diverse questioni. Le principali erano:
1. La corretta configurazione del concorso di persone nel reato di resistenza a pubblico ufficiale, con particolare riguardo all’elemento soggettivo (il dolo) dei passeggeri.
2. L’applicazione retroattiva della Riforma Cartabia, che ha reso procedibili a querela alcuni reati di furto aggravato, e la sua incidenza sui ricorsi ritenuti inammissibili per altri motivi.
3. Vizi di motivazione in merito al trattamento sanzionatorio, come la quantificazione della pena e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

La Decisione della Suprema Corte: Distinguere le Responsabilità

La Cassazione ha accolto i ricorsi dei tre passeggeri limitatamente al reato di resistenza, annullando la sentenza su questo punto con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. Ha invece dichiarato inammissibili tutti gli altri motivi di ricorso, incluso l’intero ricorso del conducente.

Resistenza a pubblico ufficiale e il dolo del passeggero

Il cuore della decisione risiede nell’analisi del dolo nel reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha ribadito che tale delitto richiede un dolo specifico, ossia la coscienza e volontà di usare violenza o minaccia con il fine preciso di opporsi al compimento di un atto d’ufficio. Per configurare il concorso dei passeggeri, non è sufficiente la loro mera presenza in auto. È indispensabile dimostrare che essi abbiano condiviso tale specifico intento.

Secondo i giudici di legittimità, la Corte d’Appello ha errato nel desumere la condivisione del proposito criminoso da comportamenti tenuti dagli imputati dopo che la resistenza si era consumata (come il tentativo di fuga a piedi di uno o l’occultamento della refurtiva da parte di un’altra). Questi atti, sebbene possano dimostrare la consapevolezza dell’azione furtiva precedente, non provano in alcun modo che i passeggeri abbiano preventivamente condiviso, incoraggiato o supportato la decisione del conducente di forzare il posto di blocco.

Le altre censure: Riforma Cartabia e trattamento sanzionatorio

Per quanto riguarda la richiesta di proscioglimento per i furti, divenuti procedibili a querela con la Riforma Cartabia, la Cassazione ha dichiarato i motivi inammissibili. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, ha specificato che una causa di non procedibilità sopravvenuta non può ‘sanare’ un ricorso che sia già inammissibile per altre ragioni. In sostanza, l’inammissibilità del ricorso preclude l’esame nel merito, anche se nel frattempo la legge è cambiata in senso favorevole all’imputato. Anche le doglianze sul trattamento sanzionatorio sono state respinte, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello adeguata e logica.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è cruciale: per affermare la responsabilità penale dei passeggeri nel reato di resistenza, è necessaria la prova della loro partecipazione psicologica all’azione violenta del conducente. Tale prova deve basarsi su elementi concreti che dimostrino, quanto meno sotto il profilo del dolo eventuale, la chiara rappresentazione della possibilità che il conducente avrebbe forzato il posto di blocco e l’accettazione di tale rischio. La Corte d’Appello, invece, ha operato un salto logico, inferendo la condivisione dell’intento resistenziale da condotte successive e non contestuali, che non sono idonee a dimostrare un’adesione preventiva alla condotta violenta.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante principio di garanzia: la responsabilità penale è personale e non può essere estesa per ‘trascinamento’ solo per il fatto di trovarsi insieme all’autore di un reato. Per il concorso nel delitto di resistenza a pubblico ufficiale, la semplice presenza a bordo del veicolo in fuga non basta. Occorre un quid pluris: la prova certa che il passeggero abbia contribuito, anche solo moralmente, alla decisione di opporsi con violenza o minaccia alle forze dell’ordine. In assenza di tale prova, la condotta del conducente non può essere automaticamente attribuita anche ai suoi trasportati.

Un passeggero in auto è sempre responsabile per la resistenza a pubblico ufficiale commessa dal conducente che forza un posto di blocco?
No. Secondo la sentenza, la mera presenza a bordo del veicolo non è sufficiente a configurare il concorso nel reato. È necessario dimostrare che il passeggero abbia condiviso lo specifico intento (dolo specifico) del conducente di opporsi all’atto delle forze dell’ordine, o che abbia quantomeno accettato il rischio concreto che ciò avvenisse (dolo eventuale).

La ‘Riforma Cartabia’, che ha reso alcuni furti procedibili solo su querela, si applica automaticamente ai processi in corso di Cassazione?
No. La Corte ha stabilito che se un ricorso per cassazione è inammissibile per altri motivi (ad esempio, perché generico o manifestamente infondato), questa causa di inammissibilità prevale. Di conseguenza, il giudice non può applicare la nuova e più favorevole disciplina sulla procedibilità a querela. L’inammissibilità impedisce di entrare nel merito della questione.

Cosa si intende per ‘dolo specifico’ nel reato di resistenza a pubblico ufficiale?
Per ‘dolo specifico’ si intende l’elemento psicologico che richiede, oltre alla volontà di compiere l’azione (usare violenza o minaccia), anche il fine specifico di opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto del suo ufficio. Non basta quindi la violenza o la minaccia in sé, ma è necessario che essa sia finalizzata proprio a impedire o intralciare l’attività del pubblico ufficiale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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