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Resistenza a pubblico ufficiale: appello inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due persone condannate per resistenza a pubblico ufficiale durante una manifestazione. Il ricorso è stato respinto perché basato su mere contestazioni dei fatti, non riesaminabili in sede di legittimità. La Corte ha confermato la corretta applicazione delle aggravanti e la valutazione della pena, ritenendo le motivazioni della corte d’appello congrue e logiche rispetto alla condotta sinergica e preordinata degli imputati.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Resistenza a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 5541/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in sede di legittimità per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il riesame dei fatti è precluso, e i ricorsi basati su una diversa interpretazione delle prove sono destinati all’inammissibilità. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza di condanna della Corte d’Appello nei confronti di due persone per il reato di resistenza a pubblico ufficiale, commesso durante una manifestazione. Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, i due imputati avevano partecipato attivamente a un’azione collettiva e preordinata.

In particolare, uno dei ricorrenti aveva imbracciato uno scudo e si era scagliato contro gli agenti, mentre l’altra aveva sferrato un calcio nella loro direzione. Queste azioni si inserivano in un contesto più ampio, caratterizzato dalla presenza di un furgone di supporto contenente caschi e fumogeni, e dal lancio di pietre e altri oggetti contundenti da parte di altri manifestanti. L’obiettivo comune era sfondare il cordone delle forze dell’ordine creato per contenere la manifestazione.

La Decisione della Corte e la Resistenza a Pubblico Ufficiale

I due condannati hanno proposto ricorso in Cassazione, contestando la ricostruzione dei fatti, l’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 339 c.p., e la mancata concessione di attenuanti o della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda sul principio consolidato secondo cui la Corte di Cassazione è giudice di legittimità, non di merito. Ciò significa che non può effettuare una nuova valutazione delle prove o sostituire la propria ricostruzione dei fatti a quella, logicamente motivata, dei giudici dei gradi precedenti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che i motivi del ricorso erano costituiti da ‘mere doglianze in punto di fatto’. Gli imputati, in sostanza, proponevano una lettura alternativa delle risultanze probatorie, attività che non è consentita in sede di legittimità. Le motivazioni dell’inammissibilità possono essere così sintetizzate:

* Ricostruzione Fattuale: La Corte d’Appello aveva fornito una ricostruzione coerente e logica dell’azione collettiva e preordinata, basata sulle dichiarazioni dei verbalizzanti e su elementi oggettivi come la presenza del furgone. Questa ricostruzione, essendo priva di vizi logici, non poteva essere messa in discussione.
* Applicazione delle Aggravanti: L’aggravante prevista dall’art. 339 c.p. è stata ritenuta correttamente applicata, proprio in virtù delle concrete modalità della condotta, del contributo partecipativo di ciascun imputato e delle finalità comuni dell’azione violenta.
* Esclusione di Attenuanti e Cause di Non Punibilità: La Corte ha ritenuto corrette anche le decisioni di non applicare l’attenuante della minima partecipazione (art. 114 c.p.) e la causa di non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.). La prima è stata esclusa per il ruolo attivo svolto, mentre la seconda per la gravità della condotta, protrattasi nel tempo ai danni di più agenti.
* Determinazione della Pena: Anche la pena, sebbene di poco superiore al minimo, è stata considerata il frutto di un bilanciamento ragionevole tra la gravità dei fatti, la personalità degli imputati e le circostanze del caso.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza riafferma un caposaldo del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per avere successo, il ricorso deve evidenziare vizi di legge o difetti manifesti di logica nella motivazione della sentenza impugnata. Chi intende ricorrere in Cassazione per resistenza a pubblico ufficiale, o per qualsiasi altro reato, deve concentrarsi su questioni strettamente giuridiche, evitando di proporre una semplice rilettura delle prove a proprio favore, poiché tale approccio è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un ricorso in Cassazione per resistenza a pubblico ufficiale rischia di essere dichiarato inammissibile?
Quando si basa su mere contestazioni della ricostruzione dei fatti o su una valutazione delle prove alternativa a quella dei giudici di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

La partecipazione a un’azione collettiva e preordinata può giustificare l’applicazione di aggravanti?
Sì, secondo la Corte, la condotta sinergica e consapevole di più persone verso un obiettivo comune, come sfondare un cordone di polizia, supportata da elementi come la presenza di un veicolo con attrezzature, giustifica correttamente l’applicazione dell’aggravante del reato.

Perché è stata negata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha ritenuto la condotta non di lieve entità perché si era protratta nel tempo e aveva coinvolto più pubblici ufficiali, caratteristiche che escludono l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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