Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22058 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22058 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME, nato a Palermo il 28/11/1998
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 26/10/1990
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 15/02/1994
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 01/02/1982
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 20/01/1998
Lo COGNOME NOME nata a Palermo il 07/02/1992
COGNOME NOMECOGNOME nato a Cagliari il 12/09/1994
NOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 12/12/1992
COGNOME NOMECOGNOME nato a Caltagirone il 03/05/1987
COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 09/01/1996
avverso la sentenza del 28/11/2024 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità di tutti i ricorsi; uditi i difensori, avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso; avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME e, in
sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del 18 dicembre 2023 del Tribunale di Palermo, con cui NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME venivano ritenuti responsabili del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, aggravato ai sensi del secondo comma dell’art. 339 cod. pen., per la presenza di più di dieci persone e per l’utilizzo di un’arma.
Avverso la suddetta sentenza hanno proposto ricorso NOME COGNOME per il tramite dell’ a vv. NOME COGNOME, NOME COGNOME, per il tramite dell’ avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per il tramite del comune difensore avv. NOME COGNOME.
2.1. L’ avvocato NOME COGNOME per NOME COGNOME ha dedotto:
vizio di motivazione, per avere la Corte di appello travisato la prova ed omesso di fornire motivare in ordine alla pur segnalata divergenza tra quanto riportato nell’annotazione di servizio, in cui si dava atto di come COGNOME fosse intervenuto al solo fine di sottrarre dalla presa degli agenti di p.g. un giovane manifestante e senza realizzare condotte violente, e quanto invece riferito in dibattimento dal teste di p.g. COGNOME ‘ di essere stato nel l’occorso colpito dallo COGNOME con ripetuti calci e pugni;
violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione all’art. 339 , secondo comma, cod. pen., per avere la Corte territoriale ritenuto esistente la circostanza aggravante delle persone riunite, nonostante COGNOME avesse preso parte all’azione assieme al solo NOME COGNOME i Giudici di merito non avrebbero considerato che, in occasione della manifestazione, si erano formati due distinti gruppi, di cui uno composto da otto persone e l’altro da NOME COGNOME e NOME COGNOME che si mossero in modo autonomo e distaccato da tutti gli altri;
-violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della ipotesi prevista dall’art. 393 -bis cod. pen., quanto meno in forma putativa, per non avere i Giudici di merito considerato che COGNOME intervenne al solo fine di liberare un giovane manifestante che veniva picchiato dagli agenti di p.g.
2.2. L’ avvocato NOME COGNOME per NOME COGNOME ha dedotto:
-vizio di motivazione per avere la Corte territoriale affermato la responsabilità del COGNOME senza rinnovazione della istruzione mediante visione dei filmati, che avevano ritratto gli accadimenti per cui è processo, e assunzione di prova dichiarativa, mediante escussione del teste di p.g. COGNOME presente sul luogo teatro dell’evento ; la Corte di appello -reiterando l’errore del primo giudice -ha invece fondato la responsabilità di NOME COGNOME solo sulla scorta di quanto emerso dalla informativa di p.g., senza formarsi un autonomo convincimento circa l’accaduto ; l ‘ attività di rinnovazione era inoltre assolutamente necessaria, essendo emerso dai frames allegati alla stessa informativa come il COGNOME fosse presente sul posto, ma non avesse realizzato alcuna condotta violenta nei confronti delle Forze dell’ Ordine, mantenendo un contegno meramente passivo.
2.3. L’ avvocato NOME COGNOME per NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ha dedotto:
violazione di legge, in relazione agli artt. 63 e 157 cod. pen. per non avere i Giudici di appello dichiarato la estinzione del reato per prescrizione, nonostante nel calcolo della pena non avessero tenuto conto della circostanza aggravante di cui al secondo comma dell’art. 339 cod. pen. ;
violazione di legge, in relazione all’art. 393 -bis cod. pen., per avere la Corte di appello ritenuto non configurabile la scriminante, nemmeno a livello putativo, nonostante l’arbitrarietà e illegittimità della condotta degli agenti di polizia che operarono in violazione delle norme del T.U.L.P.S.;
-violazione di legge, in relazione all’art. 533 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale ritenuto i ricorrenti responsabili del reato di resistenza nonostante, mentre l’azione si concluse nell’arco di pochi secondi, di guisa che sarebbe stato più corretto inquadrare la fattispecie nell’ambito della mera resistenza passiva.
RITENUTO IN DIRITTO
Va accolto, perché fondato, il primo motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME mentre tutti gli altri ricorsi vanno dichiarati inammissibili, perché manifestamente infondati e aspecifici.
Per motivi di ordine logico – sistematico va affrontata la questione preliminare introdotta dal ricorrente NOME COGNOME che, con un unico articolato motivo, si duole della mancata rinnovazione della istruzione ex art. 603 cod. proc.
pen. e conseguentemente della assenza di autonoma valutazione critica della prova documentale.
2.1. Il motivo è manifestamente infondato.
I Giudici del gravame hanno correttamente interpretato la norma dell’art. 603 cod. proc. pen. che disciplina l’istituto della rinnovazione della istruzione dibattimentale in grado di appello. Congruamente si è spiegato -sul presupposto della eccezionalità della rinnovazione in grado di appello -come, nel caso in esame, il compendio istruttorio avesse consentito di ricostruire nel dettaglio i momenti e le fasi salienti della manifestazione che si era svolta a Palermo nel dicembre del 2016 e dei disordini che ne seguirono per la contestazione di alcuni gruppi studenteschi che non avevano approvato e gradito la visita e l’intervento di NOME COGNOME all’epoca Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ed invero, già la sentenza di primo grado -cui i Giudici di appello operano ampio rinvio per la puntuale ricostruzione della vicenda nella sua oggettiva storicità -ripercorre, in modo analitico, la genesi e la evoluzione degli accadimenti per cui processo, dando atto delle modalità attraverso le quali i giovani manifestanti erano stati individuati e poi generalizzati, nonché ritagliando per ciascuno di loro lo specifico ruolo assunto e le condotte in concreto realizzate in quel determinato contesto.
La analiticità e la precisione della informativa di p.g., posta a fondamento della ricostruzione dei fatti, rendeva, per un verso, superflua la visione in dibattimento dei filmati e la escussione del teste di p.g., e, per altro verso, fugava ogni dubbio sulla partecipazione attiva del COGNOME.
Né, d’altronde , il ruolo di mero spettatore è reclamabile sulla scorta della visione dei frames , che notoriamente ‘immortalano’ segmenti di un unicum molto più complesso e, quindi, possono solo offrire una visione parcellizzata del concreto contesto operativo.
Per tale ragione, la prova richiamata dal ricorrente non è idonea a destrutturare il compendio probatorio e non introduce nel processo informazioni distoniche che avrebbero potuto rendere indispensabile la rinnovazione della istruzione.
Parimenti inammissibili per manifesta infondatezza e per aspecificità sono i ricorsi, proposti con un unico atto nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
3.1. Non coglie nel segno la invocata estinzione del reato per prescrizione dal momento che la circostanza aggravante ad effetto speciale contestata e riconosciuta dai Giudici di merito non è stata esclusa.
Tanto lo si desume dal corpo motivazionale delle due conformi sentenze di merito: in primo luogo per essersi i Giudici di merito soffermati sulla configurabilità in fatto e in diritto della circostanza aggravante del numero di persone superiori a dieci (pag. 16 della sentenza di primo grado); in secondo luogo per avere in sede di determinazione del trattamento sanzionatorio concesso le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti (pag. 17 della sentenza di primo grado).
3.2. Aspecifico, perché congruamente e correttamente scrutinato nelle sentenze di merito, è il tema della configurabilità della scriminante degli atti arbitrari.
Nella impugnata sentenza (pagg. 14 e ss.), i Giudici di appello – con argomentazioni puntuali, per nulla illogiche e conformi al consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità -hanno spiegato le ragioni per le quali nel caso di specie la scriminante non fosse configurabile nemmeno a livello putativo.
Ed invero, a prescindere dalle diverse letture che pur si sono registrate nella giurisprudenza di legittimità in ordine alla definizione ed estensione del concetto di ‘atto arbitrario’ ex art. 393bis cod. pen. – essendo stato, come noto, ora richiesta la mera illegittimità dell’atto , ora un quid pluris , rappresentato dal compimento di un atto ingiustamente persecutorio e vessatorio – va rilevato come nel caso in esame l’assenza delle formalità ex lege previste per lo scioglimento della manifestazione no n si riflettesse né sulla legittimità ed efficacia dell’ordine di scioglimento né rendesse arbitrario il modus operandi degli agenti di p.g., anche in considerazione del contesto frenetico e convulso in cui si svolsero i fatti, con le Forze dell’Ordine impegnate a contenere una vera e propria carica da parte dei manifestanti.
Analogamente, l’evidenziato contesto operativo non avrebbe potuto lasciare spazio alla ipotizzabilità della scriminante in forma putativa, dovendo essere escluso in radice il ragionevole convincimento in capo ai ricorrenti di trovarsi al cospetto di un atto arbitrario delle Forze de ll’Ordine (pag. 15 e ss della sentenza di appello).
E rispetto a tali ineccepibili argomentazioni i ricorrenti non si confrontano e non ‘dialogano’, riproponendo acriticamente il tema della violazione delle norme del T.U.L.P., già congruamente ritenuto, anche sulla scorta di affermata giurisprudenza di legittimità, del tutto inconferente ai fini della configurabilità della scriminante invocata.
3.3. L’ultimo motivo – con cui il difensore offre una lettura minimalista della vicenda riportandola nell’alveo della resistenza passiva e , dunque, del penalmente irrilevante – è inammissibile, perché declinato in fatto e perché manifestamente infondato.
I ricorrenti, infatti, propongono una ricostruzione in fatto che non trova alcun aggancio nel compendio probatorio come riportato e come analizzato in sentenza, invero nemmeno contestato in modo specifico; ad ogni buon conto, sollecitano una diversa lettura del dato probatorio che in sede di legittimità non è consentito, non potendo la Corte di cassazione rileggere le prove assunte secondo un diverso parametro di valutazione, ma solo sindacare la correttezza, la congruità, completezza e logicità del percorso motivazionale posto a fondamento di una determinata valutazione.
Offrono, inoltre, una esegesi della norma manifestamente non corretta in diritto, dal momento che la reazione violenta al legittimo operare degli agenti di p.g. – seppure si fosse esaurita in una breve arco di tempo – non perde ex se ed ipso iure il disvalore penale e la intrinseca carica di offensività.
Fondato è il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME.
Le due conformi sentenze di merito non risolvono, in modo convincente ed esaustivo, la divergenza puntualmente segnalata dal difensore tra l’informazione contenuta nella informativa di p.g. e la versione resa in dibattimento dall’ agente COGNOME in ordine al tipo di intervento spiegato dal NOME COGNOME.
Se in fatto è rimasto accertato che il COGNOME era presente sul locus commissi delicti e che prese parte alla manifestazione e intervenne in aiuto di un manifestante bloccato dagli agenti, nondimeno rimane irrisolto il contrasto che traspare dalla indicata prova documentale e da quella dichiarativa; nella informativa iniziale è invero chiaro il riferimento all’intervento del ricorrente senza tuttavia la specifica segnalazione di condotte aggressive; al contrario, nella deposizione resa in dibattimento dal teste COGNOME è esplicito il riferimento a condotte aggressive ai danni delle Forze dell’Ordine da parte del La Spina, il quale – per ‘liberare’ il giovane manifestante dalla presa degli Agenti – li avrebbe spinti, presi a calci e colpiti con pugni.
4.1. Né la segnalata divergenza è stata risolta dai Giudici di appello, là dove fanno riferimento ad una seconda informativa di p.g. richiamata dal teste COGNOME e che conterebbe rispetto alla prima informativa una ricostruzione molto più dettagliata dell’accaduto. Ed infatti, detta successiva informativa che -viene richiamata nel corpo motivazionale della sentenza (pag. 12) e che è stata indicata dallo stesso teste COGNOME nel corso della deposizione -non ha alcuna attinenza al caso di specie, perché – come segnalato e come dimostrato dal ricorrente -essa è relativa ad altri episodi e alla posizione di altri manifestanti, tra cui non compare il nominativo di NOME COGNOME
4.2. Pertanto, al precipuo fine di fare chiarezza su tale quaestio facti da cui dipende la corretta qualificazione giuridica della fattispecie concreta, la sentenza deve essere annullata con rinvio.
Al Giudice di merito è devoluto il compito, in piena libertà, di rivalutazione della prova al fine di chiarire quale fu la condotta in concreto posta in essere da NOME COGNOME, anche eventualmente – se ritenuto necessario – procedendo alla rinnovazione della istruzione dibattimentale con riascolto sullo specifico punto del teste di Pg COGNOME.
Sono assorbiti gli ulteriori due motivi di ricorso.
Alla inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME segue ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. la condanna degli stessi al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo.
Dichiara inammissibili i restanti ricorsi e condanna i relativi ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/05/2025.