Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 46811 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 46811 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato 1’08/10/2002
avverso il decreto emesso il 23/07/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Torino lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 23 luglio 2024 il Tribunale di sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile la richiesta di concessione dei benefici penitenziari dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare presentata da NOME COGNOME in relazione alla pena detentiva che doveva scontare, per effetto del provvedimento di cumulo emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino il 29 marzo 2024.
La declaratoria di inammissibilità veniva giustificata dal Tribunale di sorveglianza di Torino in conseguenza della mancanza di una residenza stabile del condannato, che era stata segnalata dalla Questura di Torino con nota del 18 aprile 2024, che non consentiva di svolgere gli accertamenti istruttori necessari alla verifica dei presupposti legittimanti la concessione dei benefici penitenziari invocati.
Avverso questo decreto NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, articolando un’unica censura difensiva.
Con tale doglianza si deducevano la violazione di legge e il vizio di motivazione del decreto impugnato, in riferimento all’art. 3 Cost., conseguente alla ritenuta insussistenza dei presupposti dei benefici penitenziari dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, che non poteva essere giustificata dalla mancanza di una residenza stabile del condannato.
Si deduceva, in proposito, che la mancanza di una residenza stabile del condannato, ai presenti fini processuali, doveva ritenersi surrogata dall’elezione di domicilio effettuata presso il difensore che aveva presentata l’istanza presupposta, l’avv. NOME COGNOME con Studio a Torino, in INDIRIZZO che imponeva di ritenere recessive le indicazioni fornite dai Carabinieri (recte Questura di Torino) con la nota richiamata nel provvedimento censurato.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile, risultando basato su motivi manifestamente infondati.
Osserva il Collegio che la declaratoria di inammissibilità della richiesta di concessione dei benefici penitenziari dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare presentata da NOME COGNOME in relazione alla pena detentiva che doveva scontare, veniva giustificata dal Tribunale di sorveglianza di Torino per la mancanza di una residenza stabile del condannato.
La mancanza di una residenza stabile di Ibra, in particolare, era stata segnalata dalla Questura di Torino, con nota del 18 aprile 2024, a seguito dell’attività istruttoria avviata dal Tribunale di sorveglianza di Torino per verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti la concessione delle misure alternative alla detenzione invocate dal condannato.
Non può, invero, non rilevarsi che tale declaratoria appare rispettosa dei principi che giustificano la concessione di una misura alternativa alla detenzione, che non può essere riconosciuta laddove la relativa richiesta risulti priva di indicazioni relative alla residenza anagrafica e al contesto familiare sociofamiliare nel quale il condannato punta a inserirsi attraverso il percorso trattamentale che intende avviare, che mira, come obiettivo ultimo, a favorirne il reinserimento sociale.
A ben vedere, l’assenza di indicazioni anagrafiche impedisce la valutazione delle prospettive di rieducazione sociale e di prevenzione dei reati del condannato, alle quali è, inderogabilmente, subordinata l’ammissione ai benefici penitenziari, non consentendo neppure di acquisire le notizie necessarie attraverso le informazioni ai competenti servizi sociali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 666, comma 5, e 678 cod. proc. pen. Né è dubitabile, in linea con la giurisprudenza di legittimità correttamente richiamata dal Tribunale di sorveglianza di Torino, che la «mancanza di una stabile residenza non consente neppure il necessario supporto ed il costante controllo del servizio sociale e del magistrato di sorveglianza del luogo, competente ad adeguare le prescrizioni alle concrete esigenze trattamentali» (Sez. 1, n. 6584 del 22/12/1998, dep. 1999, Nikolic, Rv. 213368 – 01).
Né potrebbe essere diversamente, atteso che, per valutare il comportamento di un soggetto che intende beneficiare di una misura alternativa alla detenzione, non si può prescindere dal vaglio dei comportamenti, antecedenti e successivi alla richiesta, prodronnici alla concessione del beneficio penitenziario, in funzione della valutazione prognostica del percorso trattamentale intrapreso dal condannato e del controllo dei risultati dell’attività rieducativa avviata, che deve essere effettuato periodicamente dal magistrato di sorveglianza competente (tra le altre, Sez. 1, n. 10586 del 08/02/2019, COGNOME, Rv. 274993 – 01; Sez. 1, n. 33287 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 257001 – 01).
A conclusioni differenti, invece, si deve giungere nell’ipotesi in cui il soggetto istante dispone di una residenza stabile, ma omette di indicarla in sede di presentazione di una misura alternativa alla detenzione, atteso che, in questo caso, non ponendosi un problema di verifica dei risultati dei risultati del processo rieducativo intrapreso da parte del magistrato di sorveglianza, è possibile superare l’omessa indicazione del luogo di residenza, laddove meramente formale, anche, eventualmente, attraverso l’attivazione dei poteri di cui agli artt. 666, comma 5, e 678 cod. proc. pen.; poteri, che, nel caso di specie, venivano correttamente esercitati dal Tribunale di sorveglianza di Torino.
Occorre, pertanto, ribadire che, nel caso in esame, l’assenza di una residenza stabile impediva al Tribunale di sorveglianza di Torino di valutare il processo trattamentale e le prospettive di risocializzazione alle quali era subordinata l’ammissione ai benefici penitenziari richiesta da NOMECOGNOME legittimando la declaratoria di inammissibilità censurata.
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di ritenere inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 21 novembre 2024.