Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5138 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5138 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CONTRADA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/07/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del COGNOME NOME COGNOME Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
Gli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, difensori di fiducia di RAGIONE_SOCIALE, chiedono l’annullamento dell’ordinanza impugnata; si riportano ai motivi di ricorso ed insistono per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 luglio 2023, il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame, decidendo in sede di rinvio a seguito della sentenza di annullamento di questa Corte del 30 marzo 2023 del precedente provvedimento del 14 dicembre 2022, confermava l’ordinanza con la quale Tribunale di Avellino aveva rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare della custodia in carcere (o, in subordine, della sua sostituzione con gli arresti domiciliari) avanzata da NOME COGNOME, per i delitti di cui all’art. 416 bis cod. pen. e per numerosi (in numero di 16) episodi di turbativa d’asta (relativi ad immobili pignorati), tutti aggravati ai sensi dell’a 416 bis 1 cod. pen..
Avverso l’ordinanza genetica, del Gip del Tribunale di Avellino del 26 ottobre 2020, la COGNOME non aveva proposto riesame.
L’istanza di revoca si era, invece, fondata sull’elemento di novità che, secondo la ricorrente, era intervenuto nel processo di merito, in particolare l’avere lei stessa ammesso le sue responsabilità in ordine ai reati fine che le erano stati ascritti, indicando, anche, nei coimputati, i corresponsabili.
1.1. La Prima sezione di questa Corte aveva annullato la precedente ordinanza del Tribunale per il riesame di Napoli – sempre di rigetto dell’appello avverso il diniego della revoca o della sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere – osservando, quanto al requisito della persistenza delle esigenze di cautela, che si era incorsi in un vizio di motivazione laddove si era esclusa la rescissione dei rapporti fra la COGNOME e gli ambienti malavitosi a cui si era dimostrata prossima.
In particolare, il Tribunale non aveva tenuto adeguato conto delle dichiarazioni dibattimentali confessorie della COGNOME, in ordine ai reati fine (escludendo solo il suo coinvolgimento nel delitto associativo), indicando anche come corresponsabili degli stessi alcuni degli altri coimputati e, quindi, con chiara valenza eteroaccusatoria, tali da rendere quantomeno problematico un suo rientro nel precedente contesto associativo.
Accuse, quelle della COGNOME, che si erano allargate anche ad ulteriori, rispetto a quelli oggetto del processo in corso, episodi di turbativa d’asta, muovendo così accuse (che avevano determinato l’apertura di un nuovo procedimento) che avevano anche trovato adeguato riscontro nelle indagini effettuate dai carabinieri del Ros, le cui annotazioni erano state depositate con nota difensiva.
1.2. Nella nuova ordinanza, oggi impugnata, il Tribunale per il riesame osservava quanto appresso.
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Il ruolo rivestito dalla COGNOME (il cui patrimonio non era stato interamente sequestrato e che continuava, attraverso i propri familiari, a percepire affitti anche dagli immobili sottoposti a sequestro) nel RAGIONE_SOCIALE camorristico “RAGIONE_SOCIALE” era provato, nonostante la stessa, nel procedimento in oggetto davanti al Tribunale di Avellino, non l’avesse ammesso (a fronte, invece, delle dichiarazioni auto ed etero accusatorie relative ai reati fine a lei contestati), da plurimi elementi di prova (in particolare da attività di intercettazione e da dichiarazioni rese dalle persone offese).
Era così emerso come la COGNOME fosse la referente del RAGIONE_SOCIALE nell’attività di controllo delle aste pubbliche degli immobili pignorati, indette dal Tribunale di Avellino, organizzandone le conseguenti turbative. Una percentuale dei cui proventi ella versava al sodalizio malavitoso.
In particolare, le conversazioni intercettate ne dimostravano l’assoluto spessore criminale ed il suo pieno inserimento nel RAGIONE_SOCIALE, anche in posizione di vertice (quantomeno per il settore indicato). E ne avevano disvelato gli stretti rapporti, anche personali, con gli altri referenti della consorteria, in particolare con NOME COGNOME (che, in virtù di tale rapporto, si dice in una conversazione, “le perdonerebbe tutto”).
In tale contesto, le dichiarazioni di NOME COGNOME – di ammissione dei soli delitti fine, di turbativa d’asta (escludendo le sole estorsioni e la valenza mafiosa di tali condotte) – apparivano finalizzati ad una sua auspicata scarcerazione, che le avrebbe consentito di ritornare ad operare sul territorio per conto e nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE.
Del resto, i COGNOME, destinatari delle sue accuse, erano già raggiunti da un tale compendio probatorio da rendere superflue, al fine della loro condanna, le sue dichiarazioni accusatorie. E si era detto come NOME COGNOME tutto le avrebbe perdonato se solo ella si fosse scusata.
Così che il suo atteggiamento processuale appariva come NOME rescissione solo formale dal sodalizio di riferimento.
Né mutava il quadro descritto il fatto che la COGNOME avesse ammesso anche ulteriori (rispetto a quelle oggetto del presente processo) episodi di turbativa d’asta, i cui positivi riscontri erano stati riferiti dal Ros, perché ciò era avvenut sempre nell’ottica di ottenere quella scarcerazione che era, anche, nell’interesse del RAGIONE_SOCIALE.
In altri termini, le dichiarazioni accusatorie della COGNOME, lungi dal provare la rescissione della stessa dalle logiche camorristiche, altro non erano state che uno strumento per, invece, continuare a perseguirle.
Propone ricorso l’imputata, a mezzo dei propri difensori AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, deducendo, con l’unico complesso motivo, la violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza, concreta ed attuale, delle esigenze di cautela ed all’adeguatezza della misura custodiale massima.
L’elemento di novità dedotto dalla difesa consisteva nelle dichiarazioni dibattimentali (e rese, ancor prima, in sede di indagini preliminari) della prevenuta, auto ed etero accusatorie, tali da rescindere ogni legame con i precedenti sodali.
Sul punto – che aveva costituito la ragione dell’annullamento della precedente ordinanza – il provvedimento oggi impugnato mostrava la medesima illogicità manifesta.
Superfluo era il richiamo, da parte del Tribunale, al complessivo compendio probatorio raccolto nei confronti della COGNOME quanto al delitto associativo, posto che doveva, invece e solo, valutarsi l’elemento nuovo, le dichiarazioni ammissive ed etero accusatorie da costei rilasciate.
Irrilevante era anche l’eventuale menzogna della COGNOME in ordine ai rapporti intrattenuti al tempo con i vertici del RAGIONE_SOCIALE di appartenenza’ posto che il tema devoluto era l’attuale rescissione dei rapporti con il RAGIONE_SOCIALE a seguito delle accuse mosse ad alcuni dei suoi componenti. Tanto più che non si era affermato che la COGNOME avesse mentito quando aveva accusato i suoi sodali.
Il Tribunale, però, nella nuova ordinanza, aveva, nuovamente, eluso l’argomento, affermando che le dichiarazioni rese dalla COGNOME – di accusa nei confronti dei camorristi COGNOME – sarebbero prive di rilievo, posto che la prova della loro responsabilità derivava già da un solido quadro probatorio, che non aveva pertanto necessità alcuna di essere integrato da tali accuse, così che le stesse non potevano costituire un motivo di rescissione dei rapporti fra la COGNOME ed i COGNOME, soprattutto se la prima avesse mantenuto l’impegno di versare una quota del provento dei propri illeciti affari al sodalizio.
Un’ipotesi, questa, che non poteva che definirsi meramente congetturale.
Come meramente congetturale era anche l’affermazione che il compendio probatorio raccolto sulle condotte illecite dei COGNOME fosse – nel processo di merito – di per sé già sufficiente per pervenire alla loro condanna. Peraltro, era stato lo stesso pubblico ministero del processo a chiedere l’escussione della COGNOME, così ritenendone l’evidente rilevanza (escludendone pertanto la prospettata superfluità) probatoria.
Altrettanto ipotetica era l’ulteriore affermazione del Tribunale secondo cui l’eventuale scarcerazione della COGNOME costituirebbe, per il RAGIONE_SOCIALE, un vantaggio maggiore del danno derivante dalle sue accuse, potendo nuovamente disporre
della stessa per rimpinguare, con i proventi degli illeciti che, anche nel suo interesse avrebbe consumato, le casse del sodalizio.
Né poteva fondatamente dedursi il futuro perdono della COGNOME da parte degli uomini di vertice del RAGIONE_SOCIALE dal rapporto personale che, prima del processo, ella aveva con i COGNOME, perché di questo si era parlato un una conversazione intercettata fra terze persone, intranee alla consorteria, ma con evidente riferimento a fatti ben diversi da quello costituito da una chiamata di correo in giudizio.
Elusiva, da parte del Tribunale, era stata anche la risposta all’argomento, citato nella sentenza rescindente, circa la valenza delle annotazioni dei Ros che avevano confermato l’attendibilità delle dichiarazioni d’accusa rese dalla COGNOME, posto che da tale circostanza si era tratta solo conferma della strumentalità della parziale confessione degli addebiti (escludendo il delitto associativo), al solo fine di ritornare sul territorio, assicurando al sodalizio l’ipotizzato appoggio economico. Formulando così, ancora, una mera ipotesi.
Restavano prive di elementi concreti di sostegno anche le ulteriori affermazioni del Tribunale circa la presa di distanza solo “formale” della COGNOME dal RAGIONE_SOCIALE e la conseguente ripresa, qualora fosse revocata o sostituita la misura cautelare in atto, personalmente o attraverso i propri familiari, di quegli affari illeciti prima consumati, anche considerando il sequestro dell’intero patrimonio familiare (oltre che degli immobili citati nelle imputazioni).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME merita accoglimento.
Già la Prima sezione di questa Corte, nella precedente sentenza di annullamento, aveva considerato come il Tribunale non avesse adeguatamente motivato in ordine alla rescissione del legame criminale fra la COGNOME ed il sodalizio criminoso di cui sarebbe stata partecipe a seguito delle proprie dichiarazioni ammissive ed etero accusatorie (seppure limitate ai delitti fine, e non coinvolgenti anche il reato associativo, pure alla medesima contestato).
Il Tribunale di Napoli, nella nuova ordinanza, riteneva di integrare la precedente motivazione, osservando, in buona sostanza, come le ammissioni e le accuse della COGNOME in giudizio (e, anche, le nuove accuse mosse in relazione a fatti non ricompresi nel processo nel cui dibattimento la predetta era stata esaminata) fossero espressione di una precisa strategia – non della sola ricorrente ma anche dei suoi computati, dalla medesima strumentalmente accusati – volta ad ottenerne
la remissione in libertà (o l’attenuazione della misura), così da potere operare, ancora, a favore del “RAGIONE_SOCIALE“, capeggiato dai COGNOME.
Il Tribunale poneva a fondamento di tale esito ricostruttivo la frase intercettata all’epoca dei fatti, in cui un aderente del RAGIONE_SOCIALE aveva affermato che la COGNOME era così prossima a NOME COGNOME che questi, se solo lei si fosse scusata, “tutto” le avrebbe perdonato.
Militava poi, a carico della COGNOME, secondo il Tribunale, anche il fatto che costei, nonostante il vincolo reale apposto su alcuni immobili a lei intestati, ne avesse ancora riscosso i canoni di locazione, attraverso i suoi familiari.
A giudizio di questo Collegio, la tesi esposta dal Tribunale appare certamente suggestiva ma gli scarni elementi concreti che ne svelerebbero l’esistenza non sono, affatto, significativi e convincenti, così da determinare, ancora, un complessivo vizio di motivazione dell’ordinanza.
L’intervenuta ammissione della commissione dei reati fine, le accuse in ordine ai medesimi mosse ai coimputati (che, comunque, formano un compendio probatorio la cui esaustività, a prescindere da tale apporto, non può che essere demandata al giudice del merito piuttosto che a quello della c:autela), gli ulteriori episodi delittuosi riferiti anche a carico di altri componenti del RAGIONE_SOCIALE (la cu attendibilità era stata positivamente saggiata dagli inquirenti) non possono, in assenza di più precisi e concreti elementi, essere pianamente ricondotti a quegli errori o mancanze che il COGNOME, secondo altri esponenti del RAGIONE_SOCIALE, avrebbe “perdonato” alla COGNOME, se solo questa si fosse “scusata”.
Ciò non appare, invero, rispondere alle ordinarie logiche criminali associative (che, invece, sono svolte a “scoraggiare” la collaborazione con la giustizia, in tutte le sue forme) e, comunque, costituisce una mera congettura.
Peraltro, la tesi di fondo del Tribunale non è neppure questa (la COGNOME avrebbe sbagliato ma tanto sarebbe stata facilmente perdonata): si era ipotizzato, infatti, un preciso disegno (e, quindi, un accordo fra la COGNOME e i COGNOME) per il quale la prima, ammettendo solo di avere commesso i reati fine, avrebbe potuto ottenere la revoca della misura cautelare così da continuare a contribuire, alle fortune economiche del RAGIONE_SOCIALE, non recando, poi, danno ai coimputati, già raggiunti da un convincente quadro probatorio.
E’ evidente però che di tale intento, di tale disegno, non è stata offerta alcuna concreta conferma (nulla è emerso nel corso del processo che possa prefigurarlo), conferma che, certo, non può derivare dall’incasso dei canoni di locazione degli immobili in sequestro, incasso che non emerge sia andato, ad esempio, a favore del RAGIONE_SOCIALE (e della conversazione intercettata si è già detto).
Ne discende che l’ipotesi, complessiva, formulata dal Tribunale del riesame (in ordine alla mancata rescissione dei legami fra la COGNOME ed il RAGIONE_SOCIALE di appartenenza a seguito delle dichiarazioni confessorie ed accusatorie) è di liatura prettamente congetturale, tale, pertanto, da non poter giustificare, il nuovo rigetto dell’istanza di revoca o di sostituzione della misura cautelare in atto, determinando così un nuovo annullamento della decisione per difetto di motivazione.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al tribunale di Napoli.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, in Roma il 13 dicembre 2023.