Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30354 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 4 Num. 30354 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CUI 000007V) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, il quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria di replica a firma dell’AVV_NOTAIO per NOME, il quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato formulata nell’interesse di COGNOME NOME. In particolare, quel giudice ha preliminarmente dato atto che il richiedente era stato condannato ad anni 23 di reclusione ed euro 110.000 di multa per i reati di cui agli artt. 73 e 80 e 74 d.P.R. n. 309/1990 con sentenza divenuta irrevocabile il 30/11/2021 e, a sostegno della decisione, ha rilevato che l’istanza era stata proposta al di fuori dei casi consentiti e che la stessa era, in ogni caso, intempestiva.
Quanto al primo profilo, ha richiamato l’art. 629 bis cod. proc. pen. in vigore al momento della pronuncia d’appello (4/6/2020), per rilevare che la richiesta poteva essere presentata solo nel caso di processo celebratosi in assenza dell’imputato dovuta a una incolpevole, mancata conoscenza del procedimento. Quanto al secondo, ha precisato che l’istanza doveva essere presentata entro trenta giorni dal momento dell’avvenuta conoscenza del procedimento.
Orbene, nella specie, secondo quanto affermato dai giudici del merito, il COGNOME era stato rinviato a giudizio e condannato dal Tribunale di Milano il giorno 1/10/2008; il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, aveva proposto appello e la Corte del gravame aveva annullato la sentenza di primo grado per ragioni procedurali.
In quella sede, non era stata sollevata alcuna eccezione in ordine alla mancata conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, latitante e volontariamente sottrattosi alla cattura. Il successivo processo vedeva difensore di fiducia l’AVV_NOTAIO presso il cui studio il NOME aveva eletto domicilio il giorno 11 marzo 2010, successivamente dunque alla pronuncia annullata dal giudice d’appello (resa nel proc. n. 14350/05). Da ciò i giudici del merito hanno tratto conferma della conoscenza del processo in capo all’imputato (trascrivendo, ad ogni buon conto, anche uno stralcio della nomina del difensore).
Peraltro, all’epoca era vigente il regime della contumacia, cosicché l’interessato avrebbe dovuto agire ai sensi dell’art. 175, cod. proc. pen., procedura tuttavia non attivata, posta la consapevolezza che COGNOME era sì latitante, ma elettivamente domiciliato in Italia con difensore di fiducia (da ultimo l’AVV_NOTAIO, la cui nomina era stata regolare, non ritenendo la Corte di poter assegnare alcun valore a illazioni, affidate solo alle
affermazioni del successivo difensore, AVV_NOTAIO, circa una presunta falsificazione della firma apposta alla nomina dell’AVV_NOTAIO e alla successiva procura rilasciata alla moglie di costui, AVV_NOTAIO, dopo la sospensione del primo dall’albo degli avvocati di Paola). A tal fine, la Corte non ha ritenuto dirimente la documentata presenza del COGNOME a Durazzo lo stesso giorno del rilascio della procura all’AVV_NOTAIO (1/7/2020), egli essendosi trovato in ospedale per una semplice gastroenterite acuta, senza indicazioni del momento in cui vi era giunto, cosicché l’ingresso era compatibile con la sua presenza a Milano nella mattinata dello stesso giorno.
Sotto altro profilo, poi, la Corte ha ritenuto del tutto infondato l’assunto difensivo in base al quale l’elezione di domicilio presso l’AVV_NOTAIO sarebbe nulla poiché non preceduta dalla revoca dell’elezione fatta presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, ritenendolo nulla più che una “fantasiosa prospettazione” che avrebbe come conseguenza che la precedente elezione di domicilio continuerebbe ad esser valida nonostante la volontà contraria espressa dallo stesso interessato (rilevando la intempestività del motivo e di tutti quelli affidati a una suc:cessiva memoria, datata 22/2/2024, anche rispetto al momento dell’effettiva conoscenza del procedimento come indicato dalla parte, vale a dire il 28/7/2023).
In conclusione, la Corte d’appello, rilevato il difetto dei presupposti per azionare il mezzo straordinario della rescissione, ha osservato come la stessa difesa, perfettamente consapevole di ciò, avesse sostanzialmente opposto un vulnus ricollegabile alla sospensione del difensore di fiducia nominato, tuttavia non tutelabile con lo strumento azionato, il cui fine non è quello di rimediare a possibili lacune difensive.
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il difensore del NOME/ formulando un motivo unico, con il quale ha dedotto erronea applicazione della legge penale e vizio della motivazione, per non avere il condannato avuto conoscenza del procedimento, ogni nomina ed elezione di domicilio riferendosi al primo procedimento (quello, cioè,, annullato dalla Corte d’appello di Milano con restituzione degli atti al pubblico ministero). Nel secondo procedimento, il COGNOME era stato assistito dall’AVV_NOTAIO COGNOME, eleggendo domicilio presso lo stesso, ma senza revocare la precedente elezione presso l’AVV_NOTAIO, deponendo a favore della ignoranza del procedimento l’intervenuta sospensione del primo dall’albo degli avvocati, con nomina dell’AVV_NOTAIO con procura rilasciata lo stesso giorno che il COGNOME risultava ricoverato all’ospedale di Durazzo, indicando quale dies a
quo ai fini della tempestività della richiesta il 29 luglio 2023, giorno in c era stato comunicato al NOME che l’AVV_NOTAIO era stato sospeso dal 13/12/2019 al 4/12/2020.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso )con condanna del ricorrente alle spese.
Il difensore del NOME ha depositato memoria di replica, con la quale sviluppati gli argomenti COGNOME di COGNOME cui COGNOME al COGNOME ricorso, NOME ha COGNOME insistito COGNOME per l’accoglimento dello stesso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo.
Il tema introdotto con il ricorso richiede uno sforzo di inquadramento preliminare che pare utile anche al fine di individuare la regola di giudizio per il caso concreto esaminato. A tal fine, non può mancarsi di operare un richiamo al diritto vivente, i cui principi costituiscono, a ben vedere, il precipitato di una complessa evoluzione del sistema processuale italiano, passato da un processo in contumacia a un processo in assenza, attraverso un percorso graduale, inteso a un progressivo ampliamento delle garanzie del condannato che non abbia partecipato al processo. Un incedere per tappe che è stato analiticamente delineato dal Supremo Collegio di questa Corte di legittimità in una recente pronuncia (Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, in motivazione).
Il Supremo collegio, in particolare, ha preso le mosse dalla novella di cui al d.l. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 22 aprile 2005, n. 60, modificativa del secondo comma dell’art. 175, cod. proc. rien., con la quale il legislatore italiano si è adeguato alle pronunce del giudice sovranazionale che avevano riscontrato il contrasto tra la disciplina della contumacia ed il diritto dell’imputato di partecipare al proprio processo e di esercitarvi e facoltà difensive (per tutte, COGNOME c. Italia, 18/5/2004 e COGNOME c. Italia, 10/11/2004).
Orbene, l’introduzione della rescissione del giudicato, dapprima disciplinato dall’art. 625 ter, cod. proc. pen., poi sostituito dall’art. 629 bis, cod. proc. pen., costituisce il punto di arrivo di tale percorso evolutivo e ne riflette i principi ispirat tale mezzo di impugnazione straordinario (Sez. U, n. 36848 del 17/7/2014, COGNOME, in motivazione) costituisce, infatti, uno strumento di chiusura del sistema, in quanto istituto che non si limita, come già previsto dall’art. 175, cod. proc. pen., a restituir
nel termine per impugnare la sentenza emessa nel processo in cui l’imputato sia rimasto assente, ma garantisce l’instaurazione del processo ab initio, allorquando la mancata partecipazione non sia stata volontaria e sia stata accertata la violazione dei diritti partecipativi dell’imputato. Proprio in tale arresto giurisprudenziale si tracciato il legame esistente tra l’art. 629 bis e l’art. 420 bis c.p.p., affermandosi che la rescissione del giudicato pare avere una sua plausibilità proprio in ragione degli specifici accertamenti ora demandati al giudice ai fini della dichiarazione di assenza (in motivazione Sez. U, COGNOME, cit.; ma anche sez. U, COGNOME, cit.).
Fatta tale premessa, nella specie, come correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato, l’istanza è stata dunque proposta fuori dai casi consentiti, atteso che si versa in ipotesi di processo celebrato nella contumacia dell’imputato latitante, assistito da difensore di fiducia. Il mezzo straordinario azionato non può essere neppure convertito nello strumento previsto dall’art. 175, cod. proc. pen., quest’ultimo non essendo un mezzo di impugnazione, neppure straordinario (sul punto, sez. 4, n. 863 del 13/12/2021, dep. 2022, Okoro, Rv. 282566-01, in cui, in ipotesi speculare, si è affermato che l’istanza di restituzione nel termine proposta dall’imputato dichiarato assente a norma dell’art. 420 bis cod. iproc. pen. non può essere riqualificata nella richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629 bis cod. proc. pen., perché il principio di conservazione di cui all’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., è applicabile ai soli rimedi qualificati come impugnazioni dal codice di rito, tra i quali non rientra la restituzione nel termine; sez. 3, n. 33647 del 8/7/2022, COGNOME, Rv. 283474-01; Sez. U, n. 15498 del 26/11/2020, dep. 2021, COGNOME, cit., Rv. 280931-02, con riferimento alla richiesta di incidente d’esecuzione, parimenti non riqualificabile ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., come richiesta di rescissione del giudicato, attesa la eterogeneità, per natura e funzione, dei due rimedi). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 25 giugno 2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME