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Rescissione del giudicato: le regole per l’assente

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava la rescissione del giudicato a un’imputata condannata in assenza. La Corte ha stabilito che la mera elezione di domicilio presso un difensore d’ufficio, effettuata anni prima durante le indagini, non costituisce prova sufficiente della conoscenza del processo, specialmente se non emerge un effettivo rapporto professionale. Per negare la rescissione del giudicato, il giudice deve verificare concretamente se l’imputato fosse a conoscenza del procedimento o si fosse volontariamente sottratto.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rescissione del giudicato: il domicilio presso il legale d’ufficio non basta

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6575/2024) riafferma un principio fondamentale in materia di processo in assenza e rescissione del giudicato. Quando un imputato viene condannato senza essere presente, la semplice elezione di domicilio presso un difensore d’ufficio, avvenuta nella fase iniziale delle indagini, non è sufficiente a dimostrare che egli fosse a conoscenza del processo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una cittadina straniera, residente all’estero, veniva condannata in primo grado e in appello. La donna, tuttavia, non aveva mai partecipato al processo, essendo stata dichiarata assente. Le notifiche degli atti processuali, inclusa la citazione a giudizio, erano state inviate al difensore d’ufficio presso cui lei aveva eletto domicilio molti anni prima, al momento di un sequestro durante le indagini preliminari.

Venuta a conoscenza della condanna definitiva solo a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione, presentava istanza di rescissione del giudicato, sostenendo di non aver mai avuto colpevolmente conoscenza del procedimento a suo carico. La Corte d’Appello rigettava la sua richiesta, ritenendo che, conoscendo i contatti del legale, avrebbe potuto e dovuto informarsi sulla sua posizione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’imputata, annullando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito che non può esistere alcun automatismo tra l’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio e la presunzione di conoscenza del processo.

Il giudice, di fronte a una richiesta di rescissione, ha il dovere di compiere una verifica più approfondita. Non può limitarsi a constatare l’avvenuta elezione di domicilio, ma deve accertare, anche attraverso altri elementi, se si sia effettivamente instaurato un rapporto professionale tra l’imputato e il legale. Solo un rapporto reale può far ritenere con certezza che l’imputato fosse a conoscenza del processo o che si sia volontariamente sottratto alla giustizia.

Le motivazioni e la questione della rescissione del giudicato

La Corte fonda la sua decisione sui principi già espressi dalle Sezioni Unite nella nota sentenza ‘Ismail’. Il punto centrale è la distinzione tra difensore d’ufficio e difensore di fiducia. Mentre la nomina di un legale di fiducia implica un rapporto basato sulla volontà e sul contatto diretto, la designazione di un difensore d’ufficio è un atto dovuto per garantire la difesa tecnica, che non presuppone necessariamente un contatto o un mandato effettivo da parte dell’indagato.

Di conseguenza, la sola elezione di domicilio presso il legale d’ufficio, soprattutto se avvenuta in una fase embrionale del procedimento e senza successivi contatti, non può essere considerata un presupposto idoneo per dichiarare l’assenza. Il giudice deve verificare se vi sia stata una ‘effettiva instaurazione di un rapporto professionale’ che garantisca la reale conoscenza della vocatio in iudicium (la chiamata in giudizio).

In questo caso, la ricorrente aveva fornito un elemento processuale chiaro: la sua mancata conoscenza del processo era dovuta al fatto che tutte le notifiche erano state effettuate presso un avvocato d’ufficio con cui non aveva più avuto contatti. Era quindi onere del giudice della rescissione verificare se, nonostante ciò, esistessero altri elementi concreti (non indicati dalla Corte d’Appello) che provassero l’esistenza di un reale rapporto e, quindi, di una colpevole ignoranza del processo.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza le garanzie difensive dell’imputato assente. Si chiarisce che per negare un rimedio fondamentale come la rescissione del giudicato, non basta appellarsi a formalismi come l’elezione di domicilio. È necessaria una valutazione sostanziale della situazione, volta ad accertare la ‘conoscenza effettiva’ del processo. Il principio è chiaro: non si può presumere che una persona si disinteressi volontariamente a un processo di cui, forse, non ha mai saputo l’esistenza. La decisione impone ai giudici un’analisi più rigorosa e attenta, evitando automatismi che potrebbero ledere il diritto a un giusto processo.

È sufficiente l’elezione di domicilio presso un difensore d’ufficio per dichiarare un imputato assente e negargli la rescissione del giudicato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, specie se avvenuta nella fase delle indagini preliminari, non è un presupposto idoneo a far ritenere con certezza che l’imputato abbia avuto conoscenza del processo o si sia volontariamente sottratto.

Cosa deve verificare il giudice prima di negare la rescissione del giudicato in un caso come questo?
Il giudice deve verificare se, al di là della formale elezione di domicilio, si sia instaurato un effettivo rapporto professionale tra l’imputato e il legale domiciliatario. Deve ricercare elementi concreti che dimostrino che l’imputato fosse a conoscenza del procedimento e abbia scelto volontariamente di non partecipare.

Qual è la differenza tra eleggere domicilio presso un difensore d’ufficio e uno di fiducia ai fini della conoscenza del processo?
La giurisprudenza tende a dare un peso diverso alle due situazioni. L’elezione di domicilio presso un difensore di fiducia, scelto personalmente dall’imputato, è un indice più forte di un rapporto continuativo e di una probabile conoscenza degli sviluppi processuali. Al contrario, il rapporto con il difensore d’ufficio, assegnato per legge, non presuppone necessariamente un contatto effettivo e continuativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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