Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2235 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2235 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Tesoriere NOMECOGNOME nato il 02/08/1951 a Crotone COGNOME NOMECOGNOME nato il 02/12/1960 a Collevecchio COGNOME NOMECOGNOME nato il 14/07/1969 a Viterbo COGNOME NOMECOGNOME nato il 29/06/1971 a Magliano Sabina avverso la sentenza del 15/01/2024e1 TribiinaTdelIa Corte d’appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto: per Tesoriere NOMECOGNOME l’annullamento della sentenza senza rinvio per il capo A, previa riqualificazione ex art. 319-quater cod. pen., l’annullamento senza rinvio per il capo E perché ii reato è estinto per intervenuta prescrizione, con la revoca della sanzione accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici, il rigetto del ricorso nel resto e il rinvi per la rideterminazione della pena; per COGNOME NOME, l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione; per COGNOME NOMECOGNOME la revoca delal sanzione accessoria e il rigetto del ricorso nel resto; per COGNOME NOME, l’annullamento senza rinvio per intervenuta prescrizione del reato e il rigetto del ricorso nel resto;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME del Foro di Roma, in sostituzione dell’Avvocato NOME COGNOME de Foro di Roma, che, in difesa delal parte civile ARES 118, ha chiesto il rigetto dei ricorsi e la conferma delle statuizioni civili, depositando nota spese; sentito gli Avvocati NOME COGNOME del Foro di Roma, e NOME COGNOME del Foro di Bologna, che, in difesa di Tesoriere NOMECOGNOME hanno chiesto l’annullamento della sentenza in accoglimento del ricorso; sentito l’Avvocato NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avvocato NOME COGNOME entrambi del Foro di Rieti, che, in difesa di COGNOME NOME, ha chiesto l’annullamento della sentenza in accoglimento del ricorso; sentito l’Avvocato NOME COGNOME del Foro di Roma, che, in difesa di COGNOME NOME, ha chiesto l’annullamento della sentenza in accoglimento del ricorso; sentito l’Avvocato NOME COGNOME anche in sostituzione dell’Avvocato NOME COGNOME entrambi del Foro di Rieti, che, in difesa di NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento della sentenza in accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma parzialmente riformando la decisione del Tribunale di Rieti, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME, NOME –NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione ai reati descritti nei capi G-H-I-J, perché estinti per prescrizione, e ha confermato le condanne, conseguentemente rideterminando le pene; di Tesoriere ex art. 317 cod. pen. (capo A) per avere, quale dirigente responsabile della centrale operativa RAGIONE_SOCIALE) di Rieti, costretto NOME COGNOME, presidente della associazione di volontariato “RAGIONE_SOCIALE Rieti” a versargli le somme descritte nell’imputazione per evitare che la convenzione con la ARES per la gestione di postazioni di emergenza sanitaria non fosse rinnovata; di Tesoriere, COGNOME e COGNOME ex artt. 81, comma2, 318, 319 e 321 cod. pen. (capo E) per avere Tesoriere nella qualità sopra indicata (prima per compiere atti del proprio ufficio ma dall’agosto 2012 per compiere atti contrati ai propri doveri) ricevuto in più occasioni da COGNOME (presidente dell’associazione di volontariato “NOME COGNOME Croce verde di Collevecchio”) e da COGNOME (presidente del “Consorzio Servizi sanitari di Collevecchio”) beni e servizi per affidare/rinnovare le postazioni ARES di automedica e ambulanza indicate nella imputazione; di Tesoriere e COGNOME ex art. 81, comma 2, e 314 cod. pen. (capo F) per essersi NOMECOGNOME coordinatore/capo sala della centrale operativa ARES di Rieti, appropriato del
materiale sanitario indicato nella imputazione, che egli era autorizzato a prelevare per collocarlo in una farmacia dell’ARES, consegnandolo poi a Tesoriere che lo utilizzava nello studio oculistico in cui svolgeva attività professione in convenzione con la ARES.
Nei ricorsi presentati dai loro difensori, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedono l’annullamento della sentenza.
2.1. Il ricorso di COGNOME è articolato in sei motivi.
2.1.1 Con il primo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione relativamente al capo E perché manca la prova dell’accordo corruttivo: le regalie ricevute da Tesoriere furono mere liberalità, come si evince dal loro scarso valore economico, scollegate dalle scelte relative alle postazioni della ARES, anche considerando che, comunque, con elevata probabilità, le postazioni sarebbero state assegnate proprio alla Croce verde e al Consorzio suindicati, in virtù della buona resa del servizio fornito dalle stesse (p. 11).
2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso si deducono violazione di legge e vizio della motivazione nel non qualificare le condotte oggetto del capo E ex art. 318 cod. pen., considerando che Tesoriere aveva un potere discrezionale nella stipula delle convenzioni, vincolato soltanto dai criteri di efficienza e di garanzia di copertura del territorio, e valutate le problematiche sorte con altre associazioni (p. 13). In definitiva, si osserva che nella fattispecie le decisioni di Tesoriere soddisfecero l’interesse pubblico e che l’assegnazione delle postazioni, pur in assenza della iscrizione del Consorzio nel registro dei fornitori, fu soltanto un errore commesso in buona fede. Inoltre, si evidenzia mancanza di correlazione fra l’accusa e la sentenza, con violazione dell’art. 321 cod. proc pen. perché nell’imputazione la contrarietà ai doveri d’ufficio non è correlata alla irregolarità dovuta alla assenza di iscrizione del – Consorzio nell’albo dei fornitori (p. 17).
2.1.3. Con il terzo motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione per avere disconosciuto l’attenuante ex art. 323-bis cod. pen. in considerazione dell’aspetto economico della vicenda, mentre l’attenuante (a differenza di quella ex art. 64 n. 4 cod. pen.) va valutato in relazione alla vicenda nel suo complesso.
2.1.4. Con il quarto motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione per avere erroneamente ritenuto che l’attuale formulazione dell’art. 317-bis cod. pen., con le sue previsioni di pene accessorie, sia applicabile ai reati per i quali si procede, sicché le pene accessorie vanno revocate.
2.1.5. Con il quinto motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione per non avere considerato che l’abuso di ufficio si consuma al momento della emanazione dell’atto illegittimo, quando si percepisce l’ingiusto vantaggio patrimoniale, sicché, anche considerando la data dell’ultima delibera (1/07/2014) e l’episodio di sospensione dei termini di prescrizione (151 giorni), il reato sarebbe estinto 1’1/06/2022 (prima della decisione del Tribunale.
2.1.6. Con il motivo di ricorso si deducono violazione della legge e vizio della motivazione per non avere riconosciuto che il reato oggetto del capo I si è prescritto il 12/12/2022 e quello oggetto del capo 3 il 24/03/2023.
2.2. Il ricorso di COGNOME è articolato in due motivi.
2.2.1. Con il primo motivo si deduce vizio della motivazione circa la prova della responsabilità del ricorrente, osservando che la Corte di appello ha fondato tale prova solo sul ruolo di infermiere coordinatore/capo-sala della centrale operativa ARES che avrebbe consentito a COGNOME di prelevare il materiale sanitario dato a Tesoriere.
2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione dell’art. 47 cod. pen. per avere escluso che NOME ignorasse la illiceità sostanziale della richiesta avanzatagli dal suo superiore gerarchico Tesoriere e la impossibilità per questi, quale dirigente generale, di svolgere attività medica.
2.3. Il ricorso di COGNOME è articolato in tre motivi.
2.3.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce vizio della motivazione per avere ravvisato una condotta corruttiva pur in assenza di dati materiali che provino la sussistenza di un pactum sceleris fra COGNOME e Tesoriere che colleghi quanto ricevuto dal secondo a una causa illecita.
2.3.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce violazione dell’art. 319 cod. pen. perché non soltanto manca la prova di una accordo corruttivo ma anche manca la prova che la condotta di Tesoriere sia stata contraria all’interesse pubblico, considerando che la RAGIONE_SOCIALE e il Consorzio assegnatari delle postazioni erano soggetti da già da molto tempo accreditati presso l’ARES 118 come gestori di postazioni.
2.3.3. Con il terzo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge perché le conversazioni intercettate utilizzate per prova erano state autorizzate solo in relazione 4 , reato ex art. 317 cod. pen. e non a anche per quelli per i quali si procede, né ricorrono le condizioni che, ex l’art. 270 cod. proc. pen., ne
consentirebbero l’utilizzazione in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposte.
2.4. Il ricorso di Tesoriere è articolato in nove motivi.
2.4.1 Con il primo motivo di ricorso, concernente il capo A, si deducono violazione della legge e vizio della motivazione nell’utilizzare copie delle tracceaudio registrate di conversazioni, fatte recapitare agli inquirenti, che sarebbero avvenute fra NOME COGNOME (e dallo stesso registrate) e Tesoriere quale unica prova a sostegno della condanna del ricorrente (tranne l’opinabile riscontro costituito da due prelievi di COGNOME e di sua moglie dei quali non è stata individuata la destinazione), della quale non è accertatati l’autenticità. Si assume che esse sono prove atipiche precostituite da COGNOME e acquisite senza l’audizione del loro autore, così violando l’art. 191 cod. proc. pen.
2.4.2. Con il secondo motivo di ricorso concernente il capo A, si deducono violazione della legge e vizio della motivazione per avere ravvisato gli elementi costitutivi del reato ex art. 317 cod. pen. senza la necessaria valutazione dell’indebito vantaggio perseguito dal privato e nonostante che la stessa sentenza di primo grado abbia riconosciuto che COGNOME mirava a ottenere la consegna di un extraprofitto indebito, erroneamente previsto dalla convenzione con l’ARES che gli consentiva di guadagnare la rilevante somma non dovuta, sicché la fattispecie sarebbe eventualmente qualificabile come induzione indebita ex art. 317-quater cod. pen. o come corruzione propria ex art. 319 cod. pen., dal che deriverebbe anche la prescrizione del reato (p. 33 del ricorso) .
2.4.3. Con il terzo motivo di ricorso, concernente i capi A (concussione) e E (corruzione propria), si deducono vizio della motivazione circa la fonte del potere esercitato da Tesoriere (schemi di convenzione fra la ARES e le associazioni convenzionate) e violazione legge nella individuazione della qualifica soggettiva e della condotta tipica richieste dalle norme incriminatrici. Si contesta che la delibera ARES 217/2011 attribuisse all’imputato il potere funzionale di compiere atti idonei a incidere sulla sfera soggettiva singole associazionR quali soggetti aggiudicatari della convenzioni stipulate dall’ARES centrale di Roma (pp. 34-35 del ricorso). Si osserva che sia la deliberazione che la convenzione non erano sottoscritte da Tesoriere: in altri termini, non vi è coincidenza fra l’autore della determinazione rilevante verso terzi e ipoteticamente contrario ai dovere di ufficio e l’imputato, il cui intervento nella vicenda fu soltanto successivo alla determinazione. Si rimarca che, anche dopo l’inchiesta che ha dato avvio al presente procedimento e l’emersione delle irregolarità nell’esecuzione delle prestazioni, le Convenzioni oggetto dei capi A e E delle imputazioni sono state
tutte rinnovate (soltanto dopo anni sono cambiate le modalità di assegnazione degli incarichi).
2.4.4. Con il quarto motivo di ricorso, concernente il capo E, si deducono vizio della motivazione e violazione del principio di correlazione fra sentenza e impugnazione: l’imputazione valuta l’adozione/rinnovo della convenzione contrario ai doveri di ufficio perché non tiene conto delle violazioni realizzate dalla Croce verde e dal Consorzio; invece, la condanna considera l’atto contrario ai doveri di ufficio perché il Consorzio non avrebbe potuto stipulare la convenzione non essendo ancora accreditato (né il capo E richiama il capo H, dove in effetti le vicende relative all’accreditamento son state contestate).
2.4.5. Con il quinto motivo di ricorso, relativo al capo E, si deducono violazione della legge e vizio della motivazione nel ravvisare il reato in assenza della prova dell’accordo corruttivo e del nesso consequenziale tra le promesse o le dazioni e il compimento di un atto contrario ai doveri dell’ufficio: le dazioni appaiono occasionali e scaglionate nel tempo. Inoltre, si deduce nullità ex art. 522 (con riferimento alla violazione dell’art. 516) cod. proc pen. della sentenza impugnata per il preteso assorbimento delle corruzioni improprie avvenute prima dell’agosto del 2012, nel più grave reato di corruzione impropria (p 53).
2.4.6. Con il sesto motivo di ricorso relativo al capo F (peculato) si deduce la inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche autorizzate per il diverso reato di concussione, in assenza di una connessione ex art. 12 cod. proc pen. fra i reati oggetto dei capi AeF e vizio della motivazione nell’affermare l’identità del disegno criminoso fra i due reati, trattandosi di condotte eterogenee.
2.4.7. Con il settimo motivo di ricorso e con il motivo nuovo, relativamente al capo F, si deducono: omessa valutazione della delibera del 27/03/2014, pur acquisita come documento rilevante; assenza di motivazione circa la pur necessaria valutazione del danno arrecato alla pubblica amministrazione; violazione di legge nel disconoscimento delle circostanze attenuanti ex art. 62 n. 4 e 323-bis cod. pen. Si osserva che la delibera indicata è rilevante perché mostra che – a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di appello -Tesoriere era autorizzato, nonostante il pensionamento, a svolgere l’attività di anestesista e rianimatore presso l’Oculistica Ciampino convenzionata con la ARES; ne deriva un travisamento della prova per omissione. Si evidenzia, relativamente al diniego delle attenuanti indicate, che il valore commerciale del materiale di cui Tesoriere si sarebbe appropriato è di circa 80 euro e di euro 12,15 per l’azienda ospedaliera; si osserva che esso sarebbe stato utilizzato per l’attività di anestesista e rianimazione e, peraltro, è stato restituito (p. 20 della sentenza impugnata). Inoltre (nel motivo nuovo), si argomenta che l’attività della “RAGIONE_SOCIALE Ciampino”
costituiva una delle modalità di espletamento del servizio pubblico da parte dell’ARES di Rieti e, in particolare, delle prestazioni di anestesia e rianimazione, per il tramite del dott. Tesoriere, a ciò debitamente autorizzato in forza della Convenzione rinnovata (acquisita agli atti), il quale espletava l’attività per un fine pubblico sia presso la struttura pubblica (da cui provenivano i farmaci oggetto di contestazione) che presso la struttura privata (che compensava l’ARES per l’attività del sanitario e, nella misura del 5%, di altro personale impiegato in attività di supporto), sicché, semmai, la condotta avrebbe dovuto essere qualificata, prima dell’aboliti° criminis, ex art. 323 cod. pen.”. Si rimarca che l’interesse pubblico sotteso all’attività è affermato expressis verbis nel testo della convenzione: ” il presente provvedimento , a seguito dell’istruttoria effettuata, nella forma e nella sostanza è legittimo, utile e proficuo per il servizio pubblico […1.
2.4.8. Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce violazione di legge circa gli aumenti della pena in continuazione e il calcolo della pena a seguito della prescrizione dei reati effetto dei capi H, I e J, perché la Corte ha eliminato soltanto la pena relativa al capo H, e non ha giustificato la riduzione della pena non nel massimo per la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Si aggiunge che Tesoriere ha chiesto di accedere a un programma di giustizia riparativa, ma la Corte ha dichiarato non doversi procedere sull’istanza perché non son ancora stati individuati gli enti che dovrebbero gestire i centri di giustizia riparativa.
2.4.9. Con il nono motivo di ricorso, si deduce violazione di legge perché la pena accessoria prevista dall’art. 317-bis cod. pen. è stata introdotta successivamente al reato per il quale si procede.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso di Tesoriere è parzialmente fondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso, nella parte concernente l’utilizzazione di copie delle tracce-audio registrate di conversazioni fra NOME COGNOME e il ricorrente, è infondato.
La Corte ha osservato che in tutti i casi in cui gli elementi di prova vengono desunti da intercettazioni di conversazioni non è certo che il materiale acquisito (nel caso in esame costituito da tre conversazioni) esaurisca tutti i contatti fra gli interlocutori, i quali comunque potrebbero avere utilizzato canali alternativi di comunicazione e nelle prospettazioni difensive non si indicano tali eventuali, ulteriori comunicazioni, né si sviluppano argomentazioni specificamente concernenti la loro rilevanza.
La Corte di appello ha puntualmente vagliato la datazione delle conversazioni (p. 18) e ha rilevato che la Polizia giudiziaria ha individuato le loro date come connettibili agli scambi epistolari fra COGNOME e alla documentazione acquisita (né la Difesa ha offerto specifici elementi di valutazione per disattendere la datazione delle conversazioni), mentre, per quanto riguarda la mancata audizione di COGNOME (e di COGNOME), nella sentenza correttamente si osserva che COGNOME era un coindagato con Tesoriere (p. 19)
1.2. Invece, va esclusa la possibilità di estendere la utilizzabilità delle intercettazioni, acquisite in relazione al capo A (concussione), anche in relazione al capo F (peculato), stante il divieto ex art. 270 cod. proc. pen. di utilizzazione dei risultati delle captazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali le stesse siano state autorizzate (salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza). Tale divieto non opera con riferimento agli esiti relativi ai soli reati che risultino connessi, ex art. 12 cod. proc. pen., a quelli in relazione ai quali l’autorizzazione era stata ab origine disposta e sempreché rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, COGNOME, Rv. 277395). Inoltre, deve trattarsi una connessione sostanziale rilevante ex art. 12 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 1757 del 17/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280326) e relativa a quanto accertato, e non con ralla mera prospettazione astratta, formulata dal giudice, nel momento in cui l’autorizzazione è stata resa (Sez. 6, n. 29194 del 19/01/2021, Rega, Rv. 281824).
Nel caso in esame manca – come puntualizzato nel sesto motivo del ricorso di Tesoriere – una connessione ex art. 12 cod. proc. pen. fra i reati oggetto dei capi A e F, trattandosi di condotte fra loro distinte e eterogenee.
1.3. Il secondo, il terzo, il quarto e il quinto dei motivi di ricorso, concernenti i capi A e E possono essere trattati unitariamente.
1.3.1. Deve, anzitutto, ritenersi che correttamente la Corte di appello ha riconosciuto sussistere il potere di Tesoriere di attuare le condotte delittuose ascrittegli.
Al riguardo, nella sentenza impugnata si rileva che: Tesoriere ha ricoperto per dieci anni la posizione di direttore della struttura complessa “U.O.C. centrale operativa di Rieti e Provincia” sulla base di due contratti individuali di lavoro a tempo determinato, dai quali risulta che egli era incaricato anche di attivare il sistema di integrazione dell’emergenza sanitaria, in cui rientrano i servizi del 118; nelle convenzioni fra l’ARES e le associazioni di volontariato sono ricordati i poteri di verifica e di controllo del direttore; la posizione di Tesoriere è ribadita nella
delibera ARES n. 217 del 2011, con cui si cercò di sopperire alla cronica carenza di personale da adibire al servizio di emergenza 118, non solo per le situazioni eccezionali ma anche per la gestione corrente del servizio di emergenza, e in cui Tesoriere è espressamente indicato come direttore della centrale operativa Ares e responsabile del procedimento di attivazione di soggetti terzi.
Inoltre, la Corte d’appello ha osservato che: l’organizzazione del servizio emergenziale comporta l’adozione di vari procedimenti amministrativi caratterizzati da una pluralità di atti in cui concorrono, nelle diverse qualità, diversi soggetti; le convenzioni fra l’ARES 118 e le associazioni partecipanti al servizio di emergenza non erano sottoscritte da Tesoriere, ma egli, nella sua qualità, forniva un contributo essenziale al completamento del procedimento amministrativo; dalle dichiarazioni dei testi NOME e COGNOME risulta che egli doveva valutare il rispetto del livello qualitativo del servizio espletato da cui dipendeva il rinnovo della convenzione e che, per la liquidazione delle fatture, attestava la conformità della richiesta dell’associazione circa la causa e la quantificazione economica.
Su queste basi, non irragionevolmente la Corte ha concluso che la partecipazione di Tesoriere al procedimento amministrativo era essenziale, perché egli accertava la presenza dei requisiti richiesti al momento dell’iscrizione della singola associazione all’albo dei fornitori e, inoltre, la regolarità del servizio durante il suo svolgimento, sicché era nella condizione di esercitare indebite pressioni sui gestori e sugli amministratori delle associazioni che tali servizi intendevano svolgere (p. 15-17).
1.3.2. Posto quanto precede, il secondo motivo di ricorso, relativo al capo A), risulta fondato.
Infatti, nella fattispecie in esame sussistono gli elementi costitutivi del reato ex art. 319-quater cod. pen., perché emerge che, al di’ dell’atteggiamento aggressivo e minatorio di Tesoriere, COGNOME mirò comunque a ottenere, oltre al rinnovo delle postazioni della Croce bianca “Croce Bianca Rieti”, la consegna di un extraprofitto indebito – erroneamente previsto (come rilevato da Tesoriere) dalla convenzione con l’ARES – così da guadagnare una rilevante somma non dovuta.
Dalla riqualificazione ex art. 319-quater cod. pen. del fatto oggetto del capo A), deriva la prescrizione del reato, come in dispositivo.
1.3.3. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
Circa la prova dell’accordo corruttivo relativo al capo E), la Corte ha osservato che non è contestato che Tesoriere abbia beneficiato a titolo personale della fornitura di beni e servizi (lavori edili nella sua abitazione, installazione di tre climatizzatori, varie apparecchiature informatiche, per un valore complessivo di 13.800 euro circa), descritti nel capo E, non dovuti a carico dell’associazione Croce
COGNOME, amministrata e gestita da COGNOME e che, su questa base, la vicenda può essere inquadrata nel contesto del rinnovo delle convenzioni per i servizi emergenziali in cui Tesoriere aveva un ruolo preminente.
La Corte ha riconosciuto che «nulla è stato acquisito sul contenuto dell’accordo intercorso tra i Tesoriere e gli altri soggetti coinvolti, non essendo emerse intercettazioni sul punto» (p. 21).
Tuttavia – sulla base di pertinenti massime di esperienza, applicate al caso concreto senza incorrere in manifeste illogicità – ha tratto la prova dell’accordo corruttivo fra Tesoriere, COGNOME e COGNOME dalla posizione di Tesoriere nell’ambito dei procedimenti, osservando che l’associazione RAGIONE_SOCIALE aveva beneficiato dell’assegnazione di postazioni per l’emergenza e poi era confluita (come altre associazioni) nel Consorzio di servizi sanitari di Rieti, ma manifestando problemi nello svolgimento del servizio e anche al momento della stipula della convenzione, perché il Consorzio non era ancora iscritto nell’albo fornitori e l’iscrizione era requisito necessario per accedere al servizio 118 (p. 21-22), sicché l’atto di Tesoriere fu contrario ai doveri di ufficio, perché al momento della stipula della convenzione, «il Consorzio non era ancora iscritto nell’albo fornitori, requisiti necessari per potere accedere al servizio 118» (p. 22).
Nondimeno, anche per il reato oggetto del capo E), commesso non oltre il gennaio del 2014, i termini di prescrizione, considerando la misura della pena vigente all’epoca delle condotte e in assenza di ostativa sospensione del loro corso, risultano decorsi, con quel che ne consegue in dispositivo.
1.4. Il quarto motivo di ricorso e la questione (veicolata nel quinto motivo di appello) inerente alla pretesa nullità della sentenza impugnata non sono stati precedentemente oggetto dei motivi di appello, sicché non possono essere esaminati in questa sede.
1.5. Per quanto suesposto sub 1.1. e sub 1.5. i contenuti delle conversazioni intercettate non sono utilizzabili per la prova del reato oggetto del capo F, del quale, pertanto, non risulta provata la sussistenza, come in dispositivo, relativamente anche al coimputato COGNOME
Da questo esito deriva che perdono rilevanza le altre questioni oggetto del sesto e del settimo motivo del ricorso di Tesoriere.
1.6. Per quanto precede, perdono rilevanza anche l’ottavo e il nono motivo di ricorso, essendo venuta meno la condanna e, con essa anche la applicazione di una pena accessoria (Sez. 6, n. 16841 del 21/02/2018, Rv. 272975).
Per i primi quattro motivi del ricorso di COGNOME vale quanto argomentato relativamente ai corrispondenti motivi del ricorso di Tesoriere, con la declaratoria di prescrizione del reato oggetto del capo E che ne deriva, come in dispositivo.
Il quinto e il sesto dei motivi di ricorso, miranti a fare riconoscere che la prescrizione – dichiarata nella sentenza della Corte di appello – dei reati oggetto dei capi H), I), e 3) sarebbe avvenuta in epoche anteriori non risultano sorretti da interessi rilevanti in questa sede.
Per quanto riguarda il ricorso di COGNOME sulla base di quanto prima argomentato sub 1.1. e sub 1.6., deve concludersi che il reato a lui ascritto nel capo F non sussiste, come in dispositivo.
Per i motivi del ricorso di COGNOME vale quanto argomentato relativamente ai corrispondenti motivi del ricorso di Tesoriere, precisandosi che, la Corte, senza incorrere in manifeste illogicità, ha considerato che COGNOME operando nel campo dei servizi di emergenza da molti anni e quale presidente del Consorzio dei Servizi Sanitari di Rieti, certamente conosceva i requisiti richiesti per partecipare alle assegnazioni (come confermano dal contenuti del conversazioni con COGNOME) citate nella sentenza di primo grado e era consapevole del fatto che il Consorzio ottenne l’assegnazione di postazioni, sebbene non iscritto nell’albo dei fornitori, senza che al Consorzio potessero essere estesi i requisiti invece posseduti dalla RAGIONE_SOCIALE, confluita nel Consorzio, permanendo comunque la differenza fra i due soggetti (p. 23).
Vale, pertanto, la declaratoria di prescrizione del reato oggetto del capo E che ne deriva, come in dispositivo.
Dagli esiti che precedono derivano GLYPH la conferma le statuizioni civili limitatamente ai capi A) ed E) e la condanna degli imputati Tesoriere, COGNOME e COGNOME al pagamento in solido delle spese processuali in favore della RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, liquidate in euro 3686, oltre accessori di legge.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto al capo F) perché il fatto non sussiste; quanto al capo A), perché, riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 319quater cod. pen.estinto per prescrizione; quanto al reato di cui al capo E), perché estinto per prescrizione.
Conferma le statuizioni civili limitatamente ai capi A) ed E) e condanna gli imputati Tesoriere, COGNOME e COGNOME al pagamento in solido delle spese processuali in favore della ARES 118, con sede in Roma, liquidate in euro 3686, oltre accessori di legge.
Cosi decisa il 05/12/2024