Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9616 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9616 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME
UP – 05/02/2025
R.G.N. 26394/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nato a Torino il giorno 10/5/1975 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza in data 13/3/2024 della Corte di Appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non e stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME
letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 13 marzo 2024 la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza in data 22 aprile 2022 del Tribunale di Asti con la quale era stata affermata la penale responsabilità di NOME COGNOMEin concorso con NOME COGNOME per il quale la decisione di condanna Ł già divenuta irrevocabile) in relazione al reato di truffa (artt. 110, 640 cod. pen.) consumato ai danni di NOME al quale, sul sito Facebook ‘marketplace’ veniva proposto in vendita un telefono cellulare marca Iphone per il prezzo di 180,00 euro, convincendo la persona offesa a versare il corrispettivo mediante ricarica di una carta PostePay intestata al Durante, senza poi tuttavia inviargli il bene indicato.
I fatti sono contestati come commessi in Asti il 23 novembre 2017 ed al Durante Ł stata altresì contestata – e ritenuta – la circostanza aggravante della recidiva semplice.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 125, comma 3, 177, 529 e 533 cod. proc. pen. 152 cod. pen., 111 Cost. e 6 CEDU.
Rileva al riguardo la difesa del ricorrente che i Giudici di merito avrebbero errato nel ritenere non sussistente l’ipotesi di remissione tacita della querela legata alla sopravvenuta irreperibilità del dichiarante, omettendo in tal modo di verificare la sussistenza di un comportamento del querelante
incompatibile con il persistere con una volontà di punizione dell’imputato.
2.2. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 152 cod. pen., all’art. 111 Cost. e all’art. 6 CEDU.
Evidenzia al riguardo la difesa del ricorrente che la riforma dell’art. 152 cod. pen. introdotta dal d.lgs. 150/2022 ha ampliato i casi nei quali Ł possibile riconoscere la sussistenza di una remissione tacita di querela introducendo al comma 3, n. 1, l’ipotesi della mancata comparizione senza giustificato motivo del querelante oltre alla possibilità per lo stesso di partecipare ad un programma di giustizia riparativa e proprio l’utilizzo dell’espressione ‘senza giustificato motivo’ dovrebbe imporre al Giudice la disamina del comportamento legato alla mancata comparizione del querelante, disamina non adeguatamente effettuata nel caso in esame.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 640 cod. pen.
Rileva la difesa del ricorrente che gli elementi raccolti in sede giudiziale non consentirebbero di configurare il contestato reato di truffa avendo il Durante fornito una ricostruzione alternativa degli accadimenti, spiegando le ragioni per le quali ebbe a prelevare la somma di denaro dalla carta PostePay sulla quale era stato accreditato l’importo versato dallo Yusuf.
A ciò si aggiunge che non risultano essere stati effettuati gli accertamenti relativi a chi sia stato il materiale esecutore dell’inserzione relativa all’offerta in vendita del telefono.
Prosegue, poi, parte ricorrente evidenziando l’ulteriore assenza di prova in capo al Durante di chi sia stato ad effettuare il versamento della somma sulla propria carta Postepay (non il Ferraris ma un terzo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi di ricorso che risultano meritevoli di trattazione congiunta, sono manifestamente infondati.
La Corte di appello ha, infatti, correttamente evidenziato che in presenza di una chiara manifestazione di volontà di punizione degli autori dell’azione delittuosa operata dalla persona offesa in sede di presentazione della querela a nulla rileva il fatto che lo NOME non sia stato piø reperito. In particolare, la Corte di appello ha evidenziato che non ricorre nel caso in esame un’ipotesi di remissione tacita della querela neppure alla luce della nuova formulazione dell’art. 152 cod. pen. posto che non risulta essersi mai perfezionata la notifica del decreto di citazione per il giudizio, nØ quella dell’atto di convocazione della persona offesa come testimone.
La stessa Corte territoriale ha anche doverosamente ricordato che al momento della formalizzazione della querela (2017) non era previsto alcun onere per il querelante di comunicare variazioni del proprio domicilio.
Ritiene l’odierno Collegio che la decisione adottata sul punto dalla Corte territoriale Ł pienamente rispondente ai principi già evidenziati da questa Corte di legittimità in relazione ad una analoga previsione già presente nel giudizio innanzi al giudice di pace ma pienamente estensibili anche in relazione alla nuova formulazione dell’art. 152 cod. pen.
Infatti, già le Sezioni Unite di questa Corte avevano avuto modo di chiarire che «Nel procedimento davanti al giudice di pace instaurato a seguito di citazione disposta dal PM, ex art. 20 D.Lgs. n. 274 del 2000, la mancata comparizione del querelante – pur previamente avvisato che la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel senso della remissione tacita della querela non costituisce fatto incompatibile con la volontà di persistere nella stessa, sì da integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152, comma secondo, cod. pen.» (Sez. U, n. 46088 del 30/10/2008, Viele, Rv. 241357 – 01). Detto principio Ł stato poi ribadito anche in tempi piø recenti attraverso l’affermazione che «la mancata comparizione al processo del querelante, pur se previamente e chiaramente avvisato del fatto che l’eventuale successiva assenza possa essere
interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione, non può integrare gli estremi della remissione tacita della querela, per assenza di una manifestazione inequivoca di volontà in tal senso, desumibile da tale comportamento» (Sez. 5, n. 12187 del 08/03/2016, Miranda, Rv. 266331 – 01).
In sostanza, ai sensi dell’art. 152 cod. pen., si ha remissione extraprocessuale tacita della querela, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela. L’art. 1, comma 1, lett. h), d.lgs. 10 ottobre 2022, in vigore dal 30 dicembre 2022, ex art. 6, d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, ha poi novellato tale disposizione, introducendo, al n. 1 del nuovo terzo comma, una forma di remissione processuale tacita, che si ha «quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale Ł stato citato in qualità di testimone».
Nella generalizzata ottica della recente riforma, tesa a far dipendere, per un ampio novero di reati, la permanenza dell’illecito nella sfera del penalmente rilevante da una manifestazione di volontà della persona offesa effettivamente interessata all’accertamento di fatti e responsabilità da parte dell’autorità giudiziaria, la norma recepisce e formalizza una prassi diffusa nella quotidianità giudiziaria, dettata da chiari intenti deflattivi oltre che di giustizia sostanziale, avallata dal massimo consesso di legittimità (Sez. U, n. 31668 del 23/06/2016, Pastore, Rv. 267239, secondo cui integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all’udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela. Conformi, da ultimo, Sez. 5, n. 42334 del 20/10/2022, COGNOME, non massimata, e Sez. 4, n. 5801 del 29/01/2021, Statuetta, Rv. 280484).
Per evidenti ragioni di coordinamento di sistema, Ł stato del pari introdotto il citato comma 1-bis dell’art. 133 cod. proc. pen, che limita il potere di disporre l’accompagnamento coattivo del testimone e di altri soggetti processuali, qualora la mancata comparizione del querelante integri una remissione tacita della querela.
E’ quindi di tutta evidenza che perchØ possa rendersi applicabile il disposto dell’art. 152, comma 3, n. 1, cod. pen. non Ł sufficiente la mera mancata comparizione del querelante all’udienza, ma, per espresso dettato normativo, occorre la ricorrenza di altri due elementi: a) che il querelante sia stato (regolarmente) ‘citato come testimone’ e b) che non sia comparso ‘senza giustificato motivo’.
Nel caso di specie nessuno dei due elementi Ł presente, non risultando che lo NOME sia stato citato od anche solo informato della celebrazione dell’udienza ed essendo chiaramente esistente proprio per tale ragione un giustificato motivo di mancata comparizione.
A corollario di ciò si aggiunge il fatto – già sopra evidenziato – che non risulta neppure che la predetta persona offesa sia stata in qualche modo avvertita delle potenziali conseguenze che la sua mancata comparizione avrebbe potuto comportare o, ancora, della necessità di comunicare eventuali cambiamenti di residenza o di domicilio.
Del resto, in maniera sistematicamente inevitabile (e in linea di continuità con la riflessione giurisprudenziale i cui esiti sono stati poi trasfusi nella Novella) i fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela devono essere non equivoci, obiettivi e concludenti, situazione che non ricorre nel caso in esame.
Correttamente hanno quindi operato i Giudici di merito nel ritenere, con motivazione congrua e rispondente ai principi di diritto che governano la materia, non ricorrenti le condizioni per ritenere che nel caso in esame non Ł intervenuta una remissione tacita della querela e non si vede, in presenza degli elementi sopra descritti quali ulteriori accertamenti o diverse valutazioni avrebbero potuto fare.
Manifestamente infondato Ł poi anche il terzo motivo di ricorso.
Non può, innanzitutto, porsi in dubbio che i fatti accertati consentono di ritenere configurabile ai danni della persona offesa NOME il contestato reato di truffa di cui all’art. 640 cod. pen.
Quanto, poi. al coinvolgimento a titolo concorsuale nel predetto reato dell’odierno ricorrente, i Giudici di entrambi i gradi di merito, con motivazione congrua e logica hanno evidenziato gli elementi che hanno portato ad affermare la penale responsabilità del Durante che, appena il caso di ricordarlo, ha visto accreditato sulla propria carta PostePay, da lui attivata meno di un mese prima della commissione del reato, il profitto del reato ed ha poi provveduto nell’immediatezza al prelievo della somma bonificata dalla persona offesa.
La Corte di appello ha poi anche chiarito con motivazione logica, che non Ł di certo ragionevolmente ipotizzabile che qualcuno decida di ricaricare la carta di pagamento di un terzo soggetto estraneo non a conoscenza della provenienza del denaro che viene versato su di un rapporto a sØ intestato e, ancora, che la tesi difensiva proposta dall’imputato con le proprie dichiarazioni spontanee – tesi secondo la quale la somma movimentata sarebbe riferibile ad un asserito pagamento del corrispettivo di un trasloco effettuato per il padre del coimputato – Ł da ritenersi ‘inconsistente’ e comunque totalmente priva di allegazioni probatorie a sostegno.
In conclusione, deve osservarsi che parte ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione di legge nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito.
Al Giudice di legittimità Ł infatti preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti e del relativo compendio probatorio, preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa. Tale modo di procedere trasformerebbe, infatti, la Corte nell’ennesimo giudice del fatto, mentre questa Corte Suprema, anche nel quadro della nuova disciplina introdotta dalla legge 20 febbraio 2006 n. 46, Ł – e resta – giudice della motivazione.
In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965).
Deve solo ricordarsi, per dovere di completezza e con particolare riguardo alla ricostruzione alternativa della movimentazione di denaro sulla carta PostePay che l’imputato ha cercato di accreditare, che in materia di ricorso per Cassazione, perchØ sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione considerata dall’art. 606 primo comma lett. e) cod. proc. pen., la ricostruzione contrastante con il procedimento argomentativo del giudice, deve essere inconfutabile, ovvia, e non rappresentare soltanto un’ipotesi alternativa a quella ritenuta in sentenza (cfr.. con riferimento a massime di esperienza alternative, Sez. 1, n. 13528 del 11/11/1998, COGNOME, Rv. 212054) dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioŁ desunti dai dati acquisiti al processo, e non ad elementi meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili (Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259204; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260409).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 05/02/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME