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Remissione tacita querela: l’assenza non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4780/2024, ha stabilito che la semplice assenza della persona offesa a un’udienza non può essere interpretata come una remissione tacita della querela, specialmente se in precedenza la stessa aveva manifestato una chiara volontà di proseguire con l’azione penale. Il ricorso di un’imputata, condannata in appello al risarcimento del danno dopo un’assoluzione in primo grado, è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Remissione Tacita Querela: la Cassazione Chiarisce che l’Assenza della Vittima non è Decisiva

La remissione tacita della querela è un istituto giuridico complesso che può portare all’estinzione del reato. Ma cosa accade se la persona offesa, dopo aver sporto querela e partecipato attivamente al processo, non si presenta a un’udienza successiva? Questa assenza è sufficiente per presumere la sua volontà di non voler più perseguire il colpevole? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 4780 del 2024, ha fornito una risposta chiara, stabilendo che la sola mancata comparizione non costituisce un atto incompatibile con la volontà di punire, soprattutto se non preceduta da specifici avvertimenti.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla querela sporta da un cittadino contro una donna. Il Tribunale di primo grado aveva assolto l’imputata, interpretando l’assenza del querelante a un’udienza fissata per verificare la sua volontà di rimettere la querela come una remissione tacita. La parte civile, tuttavia, impugnava la decisione.

La Corte di Appello ribaltava completamente il verdetto. I giudici di secondo grado, riformando la sentenza, condannavano l’imputata al solo risarcimento dei danni in favore della parte civile. Secondo la Corte territoriale, il giudice di prime cure aveva errato nel valutare l’assenza della persona offesa, la quale, in una precedente udienza, aveva testimoniato e manifestato chiaramente la volontà di proseguire nel giudizio. Contro questa decisione, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la remissione tacita della querela

La difesa dell’imputata basava il proprio ricorso su due motivi principali:

1. Errata applicazione dell’art. 152 c.p.: Si sosteneva che la mancata comparizione del querelante all’udienza, appositamente fissata per verificare la sua intenzione di rimettere la querela, dovesse essere considerata una chiara manifestazione di remissione tacita. L’assenza, unita alla sua successiva irreperibilità, doveva essere interpretata come un comportamento concludente.
2. Violazione delle norme processuali: La difesa lamentava che la Corte di Appello, nel ribaltare la sentenza di proscioglimento e condannare l’imputata ai fini civili, avrebbe dovuto disporre la rinnovazione del dibattimento. Secondo la ricorrente, l’istruttoria di primo grado era incompleta e la condanna si basava su prove parziali, senza che le fosse stata data la possibilità di controesaminare la persona offesa o di presentare i propri testimoni.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni precise.

Sulla Remissione Tacita

I giudici hanno innanzitutto chiarito che la remissione tacita della querela richiede atti inequivocabili, incompatibili con la volontà di persistere nell’istanza punitiva. Nel caso di specie, la persona offesa aveva partecipato attivamente al processo, rendendo la propria testimonianza e confermando la volontà di ottenere giustizia. La sua successiva assenza a un’udienza non poteva, da sola, annullare questa chiara manifestazione di volontà. Inoltre, la Corte ha sottolineato un dettaglio cruciale: la persona offesa non era mai stata avvertita che la sua eventuale assenza sarebbe stata interpretata come una remissione tacita. Questo avvertimento è un presupposto fondamentale per attribuire un significato così grave alla mancata comparizione. La Corte ha quindi confermato la correttezza della decisione della Corte di Appello, che non aveva ravvisato gli estremi della remissione.

Sulla Mancata Rinnovazione del Dibattimento

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha ricordato che, secondo l’art. 604, comma 6, del codice di procedura penale, quando il giudice di appello riforma una sentenza di proscioglimento, la rinnovazione del dibattimento è una facoltà discrezionale, non un obbligo. Il termine “occorrendo” presente nella norma indica che la riapertura dell’istruttoria è necessaria solo se il giudice la ritiene indispensabile per decidere. Nel caso in esame, la Corte di Appello ha ritenuto che le prove già acquisite in primo grado (le testimonianze del querelante e di due Carabinieri) fossero sufficienti e complete per fondare un giudizio di responsabilità ai soli fini civili. Il ricorso della difesa è stato inoltre giudicato generico, poiché non aveva documentato in modo specifico quali prove decisive non fossero state assunte o in che modo le fosse stato impedito il diritto al controesame.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la volontà di rimettere la querela non si può presumere da un comportamento ambiguo come la semplice assenza a un’udienza. Per aversi remissione tacita, è necessario un comportamento attivo e inequivocabile del querelante che dimostri senza ombra di dubbio il suo disinteresse a proseguire l’azione penale. Questa pronuncia tutela la posizione della persona offesa, evitando che la sua volontà di ottenere giustizia possa essere vanificata da una singola assenza processuale, magari dovuta a ragioni indipendenti dalla sua volontà.

L’assenza della persona offesa in un’udienza equivale automaticamente a una remissione tacita della querela?
No, la sola assenza non è sufficiente, specialmente se in precedenza la persona offesa ha partecipato attivamente al processo e manifestato una chiara volontà di proseguire con l’azione penale. Per aversi remissione tacita, sono necessari comportamenti inequivocabili e incompatibili con la volontà di punire.

Cosa significa che la rinnovazione del dibattimento in appello è discrezionale?
Significa che il giudice d’appello, quando riforma una sentenza di proscioglimento, non è obbligato a riaprire la fase di raccolta delle prove. Lo fa solo se ritiene che le prove già acquisite in primo grado siano insufficienti o incomplete per poter decidere nel merito.

Perché la Corte ha ritenuto irrilevante la nuova norma sull’art. 152 del codice penale?
La Corte ha applicato il principio del tempus regit actum, secondo cui i fatti devono essere giudicati secondo la legge in vigore al momento in cui si sono verificati. La nuova norma, introdotta nel 2022, non era applicabile al caso di specie. In ogni caso, anche la nuova norma collega la remissione alla mancata comparizione del querelante citato come testimone, circostanza che nel caso specifico si era già verificata con esito positivo (il querelante aveva testimoniato).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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