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Remissione tacita querela: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 15226/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’estinzione del reato per remissione tacita di querela. La Corte ha stabilito che l’assenza della persona offesa in giudizio non costituisce remissione tacita se non è stata preventivamente avvisata che la sua assenza sarebbe stata interpretata in tal senso. Il ricorso è stato respinto per manifesta infondatezza di tutti i motivi.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Remissione Tacita di Querela: Quando l’Assenza della Vittima Estingue il Reato?

L’istituto della remissione tacita di querela è un meccanismo processuale di grande rilevanza, capace di portare all’estinzione del reato. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede presupposti ben precisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 15226 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti di questo istituto, specificando che la semplice assenza della persona offesa in aula non è sufficiente a integrare una volontà di rimettere la querela.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava, tra i vari motivi, la mancata declaratoria di estinzione del reato. A suo dire, la perdurante assenza in giudizio delle persone offese avrebbe dovuto essere interpretata come una remissione tacita di querela, con la conseguente fine del procedimento penale a suo carico.

La Decisione della Corte sulla Remissione Tacita di Querela

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo relativo alla remissione tacita “manifestamente infondato”. I giudici di legittimità hanno confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, la quale aveva già evidenziato un punto cruciale.

Il Principio di Diritto: la Necessità dell’Avviso Specifico

Il cuore della decisione risiede in un principio fondamentale: perché l’assenza della parte offesa possa essere interpretata come una volontà di perdonare l’imputato (e quindi come remissione tacita), è indispensabile che essa sia stata preventivamente e formalmente avvisata. In particolare, le persone offese avrebbero dovuto ricevere una comunicazione con cui si specificava che la loro eventuale e continuata assenza al processo sarebbe stata valutata come un comportamento concludente, equivalente a una remissione della querela.
In mancanza di tale avviso, la loro assenza rimane un fatto neutro, non interpretabile come una volontà inequivocabile di abbandonare la pretesa punitiva.

Analisi degli Altri Motivi di Ricorso

L’ordinanza ha esaminato anche altri due motivi di ricorso, entrambi giudicati manifestamente infondati:

1. Procedibilità d’ufficio della truffa: La difesa contestava che il reato fosse procedibile d’ufficio. La Corte ha ritenuto il motivo assorbito, poiché i giudici d’appello avevano già correttamente stabilito che il reato era procedibile a querela.
2. Vizio di motivazione sulla recidiva: L’imputato contestava la motivazione relativa all’aggravante della recidiva reiterata. Anche su questo punto, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione congrua e sufficiente.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla necessità di tutelare la volontà della persona offesa, che deve essere espressa in modo chiaro o desunta da comportamenti inequivocabili. Un comportamento può essere considerato “concludente” solo se il soggetto è consapevole delle conseguenze giuridiche delle proprie azioni o omissioni. In questo caso, senza un avviso specifico, le persone offese non potevano essere considerate consapevoli che la loro assenza avrebbe avuto l’effetto di estinguere il reato. Pertanto, la loro mancata partecipazione al processo non poteva essere legalmente equiparata a una remissione tacita di querela. La decisione ribadisce la necessità di un rigoroso accertamento della volontà della vittima, evitando automatismi che potrebbero pregiudicarne i diritti.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione è un monito importante: la remissione tacita di querela non può essere presunta. L’estinzione del reato per tale via richiede che la volontà della persona offesa di non voler più perseguire penalmente l’autore del fatto sia accertata senza ombra di dubbio. L’assenza in giudizio, di per sé, non basta. È necessario un passaggio procedurale ulteriore: un avviso formale che metta la vittima nelle condizioni di compiere una scelta pienamente consapevole. In assenza di questo presupposto, il processo deve proseguire il suo corso. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

L’assenza della persona offesa in un processo penale comporta automaticamente la remissione tacita di querela?
No, l’assenza della persona offesa non comporta automaticamente la remissione tacita di querela. La sua mancata partecipazione può essere considerata tale solo a determinate condizioni.

Quali condizioni sono necessarie affinché l’assenza della vittima possa essere considerata una remissione tacita di querela?
Affinché l’assenza sia valutata come remissione tacita, è necessario che la persona offesa sia stata preventivamente avvisata in modo formale che la sua perdurante assenza sarebbe stata interpretata dal giudice come una volontà di rimettere la querela.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondati gli altri motivi del ricorso?
La Corte li ha ritenuti manifestamente infondati perché, per quanto riguarda la procedibilità, la Corte d’Appello aveva già correttamente qualificato il reato come procedibile a querela (rendendo il motivo assorbito), e per quanto riguarda la recidiva, aveva fornito una motivazione adeguata e congrua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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