Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11781 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11781 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA
nel procedimento a carico di
COGNOME NOME
NOME nato a REGGIO CALABRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/05/2023 del GIUDICE DI PACE DI FANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che la Corte voglia annullare la decisione impugnata con rinvio al giudice di pace per nuovo esame sul punto;
lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto o l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa il 4 maggio 2023 il Giudice di pace di Fano dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per essere il reato ascrittogli, previsto dall’art. 633 cod. pen., estinto per remissione tacita della querela.
Ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIO generale presso la Corte di appello di Ancona per violazione di legge, contraddittorietà e illogicità della motivazione.
Il Giudice di pace, per ritenere tacitamente rimessa la querela, ha valorizzato esclusivamente il messaggio di posta elettronica certificata inviato dalla persona offesa alla Procura presso il Tribunale di Pesaro, nella quale, tra l’altro, la stessa dichiarava di “soprassedere” alla querela. Detto atto, tuttavia, è irrituale e non utilizzabile proceduralmente, essendo l’invio della p.e.c. nell’ambito del procedimento penale consentito esclusivamente ai difensori attraverso procedure informatizzate, volte a garantire la sicura riferibilità della mail a colui che ne figura autore.
Per altro verso, la dichiarazione inviata a mezzo p.e.c. non può essere inquadrata nella categoria della remissione formale o espressa, in ragione di quanto disposto dagli artt. 340 e 399 del codice di rito.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito nella legge 23 febbraio 2024, n. 18), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il AVV_NOTAIO generale e il difensore dell’imputato hanno depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che il pubblico ministero, ai sensi dell’art. 36 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, può proporre appello contro le sentenze di condanna del giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria e ricorso per cassazione contro le sentenze del giudice di pace.
Contro le sentenze pronunciate in grado di appello avverso le sentenze del giudice di pace, il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per í
motivi di cui all’articolo 606, comma 1, lettere a), b) e c), cod. proc. pen. (art. 39-bis del d.lgs. n. 274 del 2000, introdotto dal d.lgs. n. 11 del 2018, coerente con il disposto dell’art. 606, comma 2 -bis, cod. proc. pen., quanto allo specifico mezzo di impugnazione del ricorso per cassazione).
Pertanto, il pubblico ministero può continuare a ricorrere per cassazione contro tutte le sentenze inappellabili pronunciate dal giudice di pace e, in particolare, contro le sentenze di proscioglimento, per tutti i motivi di cui all’art. 606 cod. proc. pen., ivi inclusi i vizi di contraddittorietà o manifesta illogicit della motivazione di cui alla lett. e) dell’articolo ora citato (Sez. 5, n. 23043 del 23/03/2021, Ambu, Rv. 281262; Sez. 1, n. 48928 del 11/07/2019, COGNOME Baji, Rv. 277462; di recente v. Sez. 5, n. 3350 del 14/12/2022, dep. 2023, Mosca, non mass.).
Ciò premesso, ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato.
Va evidenziata, infatti, la circostanza che, pur se non esplicitata nella sentenza impugnata, è desumibile dagli atti, cui questa Corte ha accesso, trattandosi di una questione processuale.
Risulta, infatti, che alla mail inviata dal querelante fece espresso riferimento il suo difensore con una p.e.c. inviata il 2 maggio 2023, ritualmente pervenuta all’ufficio del giudice di pace di Fano, come attestato dal cancelliere.
In detta comunicazione il difensore ribadì la volontà del proprio assistito “di non volere proseguire nell’impulso del procedimento”, come da p.e.c. inviata alla procura di Pesaro, cui non era stata data risposta, avente ad oggetto la “rinuncia querela”.
L’autenticità della provenienza della p.e.c. del querelante, dunque, è stata attestata dal suo difensore, essendo così superate le obiezioni del ricorrente.
Legittimamente, pertanto, il giudice di primo grado ha ritenuto che detta comunicazione fosse un fatto incompatibile con la volontà della persona offesa di persistere nella querela.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Così deciso il 06/03/2024.