Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1731 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1731 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME nato il 15/03/1983 a ROMA
avverso la sentenza in data 05/03/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 05/03/2024 della Corte di appello di Roma, che ha rideterminato la pena inflittagli dal Tribunale di Roma per i reati di danneggiamento (capo B), minaccia (capo C) e porto ingiustificato di oggetto atto a offendere (capo D).
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata declaratoria d’improcedibilità per remissione di querela in relazione al reato di danneggiamento contestato al capo B).
Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente si duole della mancata declaratoria d’improcedibilità in relazione al reato di danneggiamento, nonostante la persona offesa avesse rimesso la querela in udienza.
Aggiunge che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto che non vi fosse stata l’accettazione da parte dell’imputato, che, invece, doveva ritenersi resa implicitamente.
1.2. Vizio di omessa motivazione in relazione al reato di minaccia contestato al capo C).
Il ricorrente assume che la minaccia profferita da Conte non era idonea a provocare un perturbamento psichico e deduce l’omessa motivazione in ordine a tale requisito e alla gravità della minaccia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
GLYPH Va anzitutto rilevato che i due motivi di ricorso sono rivolti, rispettivamente, al reato di danneggiamento di cui al capo B) e al reato di minaccia di cui al capo C). Nessuna censura è stata mossa, invece, in relazione al reato di porto di oggetti atti a offendere di cui al capo D), il cui accertamento, pertanto, deve considerarsi oramai irrevocabile.
1.1. A tale riguardo occorre rilevare che il querelante NOME COGNOME, all’udienza del 18/11/2022, in ciò interpellato dall’Avv. COGNOME davanti alla Corte di appello, su specifica domanda, rispondeva di voler rimettere la querela.
Ciò premesso, va ricordato che la remissione di querela non richiede formule sacramentali o solenni, essendo sufficiente che dalla dichiarazione espressa davanti all’autorità giudiziaria -direttamente o a mezzo di procuratore speciale- emerga la volontà di non far proseguire l’azione punitiva: tanto è avvenuto nella fattispecie.
La Corte di appello -però- ha escluso il perfezionamento della fattispecie estintiva, ritenendo che a tal fine fosse necessaria un’esplicita accettazione da parte del querelato.
In ciò si rinviene l’errore di diritto in cui è incorsa la Corte di appello, dovendosi ribadire che «per l’efficacia giuridica della remissione della querela non è obbligatoriamente indispensabile l’accettazione del querelato, in quanto il primo comma dell’art. 155 cod. pen. richiede unicamente che non vi sia un rifiuto della remissione in forma espressa o tacita. (Conf. mass n 128475)» (Sez. 2, n. 7568 del 17/03/1986, Decorato, Rv. 173409 – 01).
Con riguardo al capo B), dunque, la sentenza va annullata senza rinvio, perché l’azione è improcedibile per intervenuta remissione di querela, con spese a carico del querelato, ex art. 340, comma 4, cod. proc. pen..
1.2. Con riguardo al capo C), si rileva che con l’atto di appello venivano dedotte argomentazioni riguardanti la capacità intimidatrice delle minacce profferite,
assumendosi che esse dovevano essere idonee a procurare un perturbamento nella psiche del soggetto passivo. In ciò sostenendosi che, dalle dichiarazioni della persona offesa, emergeva non aveva percepito le frasi minacciose.
Il tema è stato compiutamente affrontato e risolto dalla Corte di appello, che ha osservato come le deduzioni difensive si fondassero su di una lettura parziale delle dichiarazioni della persona offesa che, invece, andavano valutate nella loro interezza per come rese in sede di esame e di controesame oltre che in correlazione alle dichiarazioni rese dai testimoni di polizia giudiziaria.
La Corte di appello ha altresì sottolineato che l’imputato, profferendo le minacce, brandiva una mazzetta, con la quale aveva precedentemente danneggiato un motorino.
La presenza di una motivazione puntuale e adeguata, oltre che logica e non patologicamente contraddittoria fa emergere la manifesta infondatezza della denuncia di omessa motivazione su un motivo di appello che, inoltre, viene pedissequamente riproposto in questa sede di legittimità.
A fronte di tale evenienza, peraltro, va ribadito che «in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al più con l’aggiunta di espressioni ch contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non sono stati accolti» (così Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01); ovvero che «È inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto r di ricorso» (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01).
Da quanto esposto emerge che il ricorso, in relazione al capo C), è inammissibile.
Gli atti vanno comunque trasmessi alla Corte di appello per la rideterminazione della pena per il capo C), in relazione al quale l’affermazione di responsabilità diventa irrevocabile con l’odierna decisione e al capo D), la cui affermazione di responsabilità è già passata in giudicato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata in relazione al capo B) perché il reato è
estinto per intervenuta remissione di querela, con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso ed irrevocabile l’affermazione di responsabilità in relazione al capo C). Dispone la trasmissione degli atti ad altra sezione della corte di appello di Roma per la determinazione della pena.
Così è deciso, 13/11/2024 Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME