La Remissione di Querela e la Riforma Cartabia: Come Annulla una Condanna per Furto
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4663/2024) offre un importante chiarimento sugli effetti della remissione di querela a seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia. Questo caso dimostra come un cambiamento normativo sulla procedibilità di un reato possa avere conseguenze decisive anche su processi già in corso, portando all’annullamento di una condanna per furto aggravato. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia e le sue implicazioni pratiche.
Il Caso: Dalla Condanna per Furto al Ricorso in Cassazione
I fatti alla base della vicenda riguardano un imputato condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato, commesso con violenza sulle cose. Durante il giudizio di primo grado, la persona offesa aveva già rimesso la querela, ovvero aveva ritirato la sua richiesta di punizione nei confronti del colpevole. Tuttavia, all’epoca dei fatti, il tipo di furto contestato era procedibile d’ufficio, il che significa che l’azione penale doveva proseguire indipendentemente dalla volontà della vittima. Di conseguenza, la condanna era stata confermata anche dalla Corte d’Appello di Firenze.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, lamentando proprio la mancata declaratoria di improcedibilità. La difesa ha basato il suo motivo di ricorso sull’imminente entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (la cosiddetta Riforma Cartabia), che ha modificato il regime di procedibilità per diverse tipologie di furto.
L’Impatto Decisivo della Nuova Procedibilità sul Furto
Il punto centrale della questione risiede nella modifica dell’art. 624 del codice penale. Con l’entrata in vigore della riforma, il delitto di furto semplice e alcune sue forme aggravate sono diventate punibili a querela della persona offesa. La procedibilità d’ufficio è rimasta solo per specifiche circostanze, come ad esempio quando la vittima è incapace o se ricorrono le aggravanti previste al numero 7 dell’art. 625 c.p.
Nel caso specifico, l’aggravante contestata (violenza sulle cose, art. 625, n. 2 c.p.) non rientrava più tra quelle che imponevano la procedibilità d’ufficio. Di conseguenza, il nuovo regime di procedibilità a querela si è esteso anche al reato per cui l’imputato era stato condannato.
La Remissione di Querela e la sua Prevalenza
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato. Ha osservato che il nuovo regime di procedibilità introdotto dalla Riforma Cartabia era ormai pienamente in vigore al momento della sua decisione. Pertanto, la remissione di querela, che era già stata formalizzata nel corso del primo grado di giudizio, acquistava piena efficacia.
I giudici hanno richiamato un principio consolidato, anche delle Sezioni Unite, secondo cui la remissione della querela determina l’estinzione del reato. Tale causa di estinzione prevale su eventuali altre cause di inammissibilità del ricorso e deve essere rilevata e dichiarata dal giudice, a condizione che il ricorso stesso sia stato proposto tempestivamente, come avvenuto in questo caso.
le motivazioni
La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sull’applicazione del principio del favor rei, secondo cui le norme penali più favorevoli all’imputato devono essere applicate retroattivamente. La modifica del regime di procedibilità da d’ufficio a querela costituisce una norma di favore. Poiché la querela era stata effettivamente rimessa dalla persona offesa, non esisteva più la condizione per proseguire l’azione penale.
Di conseguenza, ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del reato per remissione della querela. Questo ha portato all’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna. La Corte ha inoltre disposto che le spese del procedimento fossero a carico del querelato, come previsto dall’art. 340, comma 4, del codice di procedura penale.
le conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: le modifiche normative che rendono un reato procedibile a querela hanno un impatto diretto e retroattivo sui processi in corso. La remissione di querela, anche se intervenuta quando il reato era ancora procedibile d’ufficio, riacquista la sua piena efficacia estintiva nel momento in cui la legge cambia. Per gli operatori del diritto, ciò significa dover verificare costantemente l’evoluzione normativa, poiché può determinare l’esito di un procedimento penale in qualsiasi sua fase, compreso il giudizio di legittimità.
Una modifica di legge sulla procedibilità di un reato può avere effetti su un processo già in corso?
Sì, la sentenza dimostra che una modifica normativa che trasforma un reato da procedibile d’ufficio a procedibile a querela si applica retroattivamente. Se la querela era già stata rimessa, tale atto acquista piena efficacia e causa l’estinzione del reato, anche se il processo è giunto in Cassazione.
Cosa succede se la remissione di querela avviene durante il processo ma il reato è ancora procedibile d’ufficio?
Se, come nel caso di specie, una legge successiva modifica il regime rendendo il reato procedibile a querela, la remissione precedentemente formalizzata diventa efficace. La Corte di Cassazione è tenuta a dichiarare l’estinzione del reato, annullando la condanna, purché il ricorso sia stato presentato tempestivamente.
In caso di estinzione del reato per remissione di querela, chi paga le spese del procedimento?
Secondo quanto stabilito dalla Corte e previsto dalla legge (art. 340, comma 4, c.p.p.), le spese del procedimento vengono poste a carico del querelato, ovvero dell’imputato che beneficia della remissione.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4663 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 4663 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a LIVORNO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/11/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 10 novembre 2022 la Corte di appello di Firenze, a seguito del gravame interposto da NOME COGNOME, ne ha confermato la condanna per il delitto di furto aggravato (perché commesso con violenza sulle cose; artt. 624, 625, comma 1, n. 2, cod. pen.).
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha articolato un unico motivo (di seguito enunciato nei limiti di cui all’art comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con il quale sub specie del vizio di motivazione – si è doluto della mancata declaratoria di improcedibilità dell’azione penale in ragione della remissione della querela da parte della persona offesa, tenuto conto della imminente (all’epoca della pronuncia della sentenza di appello) entrata in vigore della d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche alla luce della questione di legittimità costituzionale (sollevata dal Tribunale di Siena) differimento della vigenza delle norme di favore (relative alla procedibilità) previste dallo st decreto.
È dirimente considerare che:
il regime di procedibilità per il reato in imputazione è oggi mutato in forza dell’ar comma 1, lett. i), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (in vigore dal 30 dicembre 2022; cfr. art. bis d. Igs. 150 cit.); difatti, a mente dell’art. 624, comma 3, cod. pen. (nel testo oggi vigen il delitto di furto «è punibile a querela della persona offesa. Si procede tuttavia d’ufficio persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblic fede, e 7 bis)»;
la remissione della querela (già intervenuta nel corso del giudizio di primo grado) determina l’estinzione del reato, che prevale su eventuali cause di inammissibilità e va rilevat e dichiarata dal giudice di legittimità, purché il ricorso sia stato, come nella spe tempestivamente proposto (Sez. U, n. 24246 del 25/02/2004, COGNOME, Rv. 227681 – 01; Sez. 5, n. 19675 del 25/02/2019, COGNOME, Rv. 276138 – 01);
dunque, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e non ricorrendo alcuna delle ipotesi di c all’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve dichiararsi l’estinzione del reato per cui si proce ai sensi dell’art. 152 cod. pen.;
ne discende l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, dovendosi porre a carico del querelato ex art. 340, comma 4, cod. proc. pen. le spese del procedimento.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per remissione di querela. Pone a carico del querelato le spese del procedimento.
Così deciso il 18/01/2024,