Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 42488 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 42488 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il 20/02/1973
avverso la sentenza del 16/01/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG , in persona del Sostituto Procuratore COGNOME che ha chiesto: l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato di cui capo 3) – estinto per remissione di querela -; la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Palermo per la rideterminazione della pena; il rigetto del ricorso nel resto.
RITENUTO IN FATI -0
Con sentenza del 16 gennaio 2024, la Corte di appello di Palermo ha riformato in parte la sentenza pronunciata il 9 maggio 2023 – all’esito di giudizio abbreviato – dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Termini Imerese con la quale NOME COGNOME era stato ritenuto responsabile di quattro furti all’interno di esercizi commerciali, aggravanti ai sensi degli artt. 625 n. 2 e 61 n. cod. pen. e di un furto in abitazione, aggravat ex art. 625 n. 2 cod. pen. . La Corte di appello ha dato atto che, il 15 gennaio 2024, NOME COGNOME persona offesa dai reati di cui ai capi 1) e 2), aveva rimesso la querela sporta nei confronti dell’imputato e che la remissione era stata accettata sicché i reati si erano estinti. Ha rideterminato la pena in anni cinque, mesi undici, giorni quattordici di reclusione ed C 592,00 di multa e ha confermato nel resto la sentenza di primo grado.
Contro la sentenza della Corte di appello l’imputato ha proposto tempestivo ricorso per mezzo del difensore di fiducia munito di apposito mandato.
Col primo motivo il ricorrente lamenta errata applicazione dell’art. 152 cod. pen. Documenta che, in data 14 settembre 2023, NOME COGNOME persona offesa dal reato di cui al capo 3), ha rimesso la querela proposta nei confronti dell’imputato e, il 21 ottobre 2023, COGNOME ha accettato la remissione sicché anche il reato di cui al capo 3) avrebbe dovuto essere dichiarato estinto ex art. 152 cod. peri., ma ciò è avvenuto soltanto per i reati di cui ai capi 1) e 2).
Col secondo motivo, il difensore deduce carenza di motivazione riguardo alla quantificazione della pena. Osserva che la Corte di appello non ha motivato in alcun modo né sui criteri con i quali è stata determinata la pena base, né sulle ragioni dell’entità dell’aumento per la recidiva e neppure sulla misura dell’aumento operato ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo: l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in relazione al reato di cui capo 3) – estinto per remissione di querela -; la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Palermo per la rideterminazione della pena; il rigetto del ricorso nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è fondato. IL secondo non supera il vaglio di ammissibilità.
La sentenza impugnata ha affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per tre fatti di reato che ha ritenuto uniti dal vincolo della continu una violazione dell’art. 624 bis, commi 1 e 3 (in relazione all’art. 625, comma 1 n. 2 cod. pen.), commessa il 24 ottobre 2022 in danno di NOME COGNOMEcapo 5 una violazione degli artt. 624, 625, comma 1 n. 2 e 61 n. 5, cod. pen., comme il 20 giugno 2022 in danno di NOME COGNOME (capo 4); una violazione deg artt. 624, 625, comma 1 n. 2 e 61 n. 5, cod. pen., commessa il 15 marzo 2022 danno di NOME COGNOME (capo 3).
Come noto, il 30 dicembre 2022, è entrato in vigore il d.lgs. 10 ottobre 2 n. 150 che ha reso procedibili a querela i furti come quelli di cui ai capi 3) tale modifica normativa, favorevole per l’imputato, è doveroso tenere conto. caso di mutamento nel tempo del regime della procedibilità a querela, infatt problema dell’applicabilità dell’art. 2 cod. pen. va positivamente risolto alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, di tale istituto, che costitui tempo condizione di procedibilità e di punibilità.
La difesa ha documentato che, il 14 settembre 2023, NOME COGNOME persona offesa dal reato di cui al capo 3), ha rimesso la querela e la remiss stata accettata. Ne consegue che il primo motivo è fondato e la sente impugnata deve essere annullata senza rinvio, limitatamente al reato di cui al 3), perché lo stesso è estinto ai sensi dell’art. 152 cod. pen.
Col secondo motivo la difesa lamenta carenza di motivazione riguardo alla dosimetria della pena.
I giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto i reati ascritti a Rubino dal vincolo della continuazione individuando quale reato più grave, in ragione d più elevata pena edittale, quello previsto dall’art. 624 bis cod. pen. contestato al capo 5). La pena per questo reato è stata indicata dal giudice di primo gra anni quattro, mesi sei di reclusione ed C 1.500 di multa. Su questa pena è operato l’aumento per la recidiva (reiterata specifica ed infraquinquennale) misura di anni tre di reclusione ed C 1.000 di multa. Non è stato eseguito ne aumento per l’aggravante di cui all’art. 624 bis, comma 3, cod. pen. perché è stata fatta applicazione dell’art. 63, comma 4, cod. pen. Si è giunti così alla pena sette, mesi sei di reclusione ed C 2.500 di multa, che è stata aumentata continuazione ad anni dieci di reclusione e ed C 4.444 di multa e ridotta, scelta del rito, alla pena finale di anni sei, mesi otto di reclusione ed C multa.
Si deve subito rilevare che, nell’applicare l’art. 63, comma 4, cod. giudice di primo grado ha individuato nella recidiva di cui all’art. 99, co
cod. pen. la più grave tra le due aggravanti ad effetto speciale contestate all’imputato al capo 5) e tale valutazione non è errata atteso che la recidiva reiterata specifica infraquinquennale determina un aumento di due terzi della pena base e l’aumento di pena previsto dall’aggravante di cui all’art. 624 bis, comma 3, cod. pen. è inferiore (la pena minima passa da quattro a cinque anni di reclusione e da C 927 ad C 1.000 di multa). Si deve ricordare inoltre che, quando sia stata applicata la recidiva prevista dall’art. 99, quarto comma, cod. pen. (e così è avvenuto nel caso di specie), ai sensi dell’art. 81, comma 4, cod. pen., l’aumento per continuazione «non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave».
Nel rideterminare la pena, il giudice di appello ha indicato la pena base per il più grave reato di cui all’art. 624 bis cod. pen. nella misura di anni quattro di reclusione ed C 444 di multa, pari al minimo edittale quanto alla pena detentiva e inferiore al minimo quanto alla pena pecuniaria. Ha poi proceduto all’aumento per la recidiva giungendo alla pena di anni sei, mesi otto di reclusione ed C 666 di multa (l’aumento è stato operato, dunque, nella misura di due terzi – obbligatoria per legge – quanto alla pena detentiva e in misura inferiore quanto alla pena pecuniaria). Sulla pena così determinata è stato operato l’aumento per continuazione nella misura di anni due, mesi due, giorni venti di reclusione ed C 222 di multa: un aumento corrispondente alla misura minima prevista dall’art. 81, comma 4 , cod. pen. (un terzo della pena stabilita per il reato più grave). Si è giunti così alla pena finale di anni otto, mesi dieci, giorni venti reclusione ed C 888 di multa, che è stata ridotta per la scelta del rito.
La difesa si duole che la determinazione della pena base, l’aumento per recidiva e l’aumento per continuazione non siano stati motivati e tale doglianza è manifestamente infondata. Come si è detto, infatti: la pena base è stata determinata in misura pari al minimo edittale quanto alla pena detentiva e inferiore a tale minimo quanto alla pena pecuniaria; l’aumento per recidiva è stato operato nella misura di due terzi (obbligatoria per legge) quanto alla pena detentiva e in misura inferiore quanto alla pena pecuniaria; l’aumento per continuazione è stato operato in misura pari al limite minimo di un terzo previsto dall’art. 81, ultimo comma, cod. pen.
4.1. Gli errori compiuti nel calcolo della pena e, in particolare, nella determinazione della pena base e dell’aumento per recidiva, poiché favorevoli all’imputato, non sono rilevabili d’ufficio e, in difetto di specifico motivo di gravam da parte del pubblico ministero, questa Corte non può porvi riparo.
Come è stato autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689, alla Corte di cassazione, in
attuazione degli artt. 3, 13, 25 e 27 Cost., spetta «il potere di rilevare l della pena determinata dall’applicazione di sanzione “ab origine” contraria all’assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irr in misura superiore al massimo edittale». Nel caso di specie, la pena edi minima, tenuto conto dell’aumento obbligatorio per recidiva e del minimo aumento per continuazione previsto dall’art. 81, ultimo comma, cod. pen. sarebbe stata ad anni otto, mesi dieci, giorni venti di reclusione ed C 2.060 di multa (ann reclusione ed C 927 di multa aumentati di due terzi ex art. 99, comma 4, cod. pen. con ulteriore aumento di un terzo ex art. 81, ultimo comma, cod. pen.). La Corte di appello l’ha determinata, invece, nella misura di anni otto, mesi dieci, venti di reclusione ed C 888 di multa, ma la possibilità di rilevare l’illegali pena pecuniaria è «operativamente destinata a misurarsi con il divieto reformatio in pejus, che impedisce, in assenza di impugnativa del Pubblico Ministero, un intervento sulla pena inferiore al minimo previsto dalla legge» ( U., n. 38809 del 31/03/2022, COGNOME, Rv. 283689, pag. 21 della motivazione Sull’argomento anche: Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME Rv. 283886).
La giurisprudenza di legittimità, anche a sezioni semplici, è inequivoca in senso: si è affermato, infatti, che «ove il giudice abbia inflitto una pena in co con la previsione di legge, ma in senso favorevole all’imputato, si realizza un e al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da del pubblico ministero, non può porre riparo né con le formalità di cui agli artt e 619 cod. proc. pen., versandosi in ipotesi di errore di giudizio e non di materiale del computo aritmetico della pena, né in osservanza all’art. 1 cod. e in forza del proprio compito istituzionale di correggere le deviazioni da disposizione, in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità l’i della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all’ipotesi in cui l’ avvenuto a danno dell’imputato, essendo anche in detta sede non superabile limite del divieto della “reformatio in peius”» (Sez. 3, n. 30286 del 09/03/2022, COGNOME, Rv. 283650; nello stesso senso: Sez. 2, n. 22494 del 25/05/2021, Kar Rv. 281453; Sez. 5, n. 44897 del 30/09/2015, Galiza Lima, Rv. 265529).
6. L’accoglimento del primo motivo di ricorso comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 3) c estinto perché vi è stata remissione di querela. Ai sensi dell’art. 340, com cod. proc. pen. le spese del procedimento devono essere poste a carico querelato. Ne consegue la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Pal per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui al capo 3) d’imputazione per essere il reato estinto per remissione di querela e
dispone la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Palermo per la rideterminazione della pena. Visto l’art. 340, comma 4, cod. proc. pen., pone le
spese del procedimento a carico del querelato. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso il 30 ottobre 2024
Il Con Qlkre estensore
Il Presidente