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Remissione della querela: l’accettazione è necessaria?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata per diffamazione, chiarendo un punto cruciale sulla remissione della querela. Anche se la persona offesa ritira la denuncia, il reato non si estingue se l’imputato non accetta tale remissione, esplicitamente o implicitamente. Nel caso di specie, l’atteggiamento processuale dell’imputata, che insisteva per l’accoglimento del ricorso nel merito, è stato ritenuto incompatibile con l’accettazione, rendendo la remissione inefficace.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Remissione della querela: cosa succede se l’imputato non accetta?

La remissione della querela è un istituto giuridico che permette alla persona offesa di ritirare la propria denuncia, portando all’estinzione del reato. Ma cosa accade se l’imputato, anziché accettare, continua a battersi nel processo per dimostrare la propria innocenza? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce su questo aspetto, sottolineando che la remissione non è un atto unilaterale: per essere efficace, richiede l’accettazione, anche tacita, del querelato.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di diffamazione emessa dal Giudice di pace e successivamente confermata dal Tribunale in secondo grado. L’imputata, ritenendo ingiusta la condanna, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazioni di legge.

Durante il giudizio di legittimità, è emerso un elemento nuovo: la persona offesa aveva formalmente dichiarato di voler rimettere la querela. Tuttavia, la difesa dell’imputata non si è limitata a prendere atto di questa volontà. Al contrario, ha depositato una memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso, chiedendo addirittura che la trattazione fosse assegnata a un’altra sezione della Corte. Questo comportamento è stato decisivo per l’esito della vicenda.

La Decisione della Corte di Cassazione e la remissione della querela

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che l’istanza di estinzione del reato per remissione della querela non poteva essere accolta. La ragione è semplice ma fondamentale: l’imputata non solo non aveva espressamente accettato la remissione, ma il suo comportamento processuale dimostrava una volontà contraria.

L’insistenza per una decisione nel merito del ricorso è stata interpretata dalla Corte come un atteggiamento difensivo incompatibile con l’accettazione dell’effetto estintivo del reato. In sostanza, l’imputata ha mostrato di preferire una potenziale assoluzione piena, che avrebbe cancellato ogni ombra sulla sua condotta, piuttosto che una semplice estinzione del reato per remissione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha basato la sua decisione su principi consolidati della procedura penale.

Sulla Remissione della Querela non Accettata

Il punto centrale della motivazione risiede nella natura bilaterale della remissione. Non basta che la parte offesa decida di ‘perdonare’. È necessario che l’imputato, una volta a conoscenza della remissione, non la rifiuti. Il silenzio può essere interpretato come accettazione tacita, ma un comportamento attivo volto a ottenere una pronuncia di merito, come nel caso di specie, equivale a un rifiuto. Il difensore, insistendo per l’accoglimento del ricorso, ha manifestato l’interesse della sua assistita a una sentenza che accertasse la sua innocenza, un obiettivo diverso e più ambizioso rispetto alla mera estinzione del reato.

Sull’Inammissibilità degli Altri Motivi di Ricorso

La Corte ha inoltre ritenuto inammissibili gli altri motivi di ricorso. La presunta mancanza di motivazione della sentenza di primo grado, secondo la giurisprudenza consolidata, non comporta l’annullamento della decisione, poiché il giudice d’appello ha il potere e il dovere di integrare o riscrivere integralmente la motivazione. Allo stesso modo, la lamentata violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza è stata giudicata manifestamente infondata, poiché non vi era stata alcuna trasformazione sostanziale dei fatti contestati tale da pregiudicare il diritto di difesa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la remissione della querela non opera automaticamente. L’imputato ha il diritto di rinunciare all’effetto estintivo per cercare di ottenere una piena assoluzione nel merito. La scelta di proseguire il giudizio, manifestata attraverso l’insistenza del difensore per l’accoglimento del ricorso, preclude la possibilità di dichiarare estinto il reato. Di conseguenza, l’imputata, vedendosi dichiarare inammissibile il ricorso, è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, un esito ben diverso da quello che avrebbe potuto ottenere accettando la remissione.

La remissione della querela da parte della persona offesa estingue automaticamente il reato?
No, non automaticamente. La remissione deve essere accettata dall’imputato, in modo espresso o tacito. Se l’imputato, venuto a conoscenza della remissione, la rifiuta o tiene un comportamento processuale incompatibile con l’accettazione (come insistere per una decisione di merito), la remissione non produce l’effetto di estinguere il reato.

Cosa succede se la sentenza di primo grado non è motivata o lo è in modo insufficiente?
Secondo la Corte di Cassazione, la mancanza assoluta di motivazione in una sentenza di primo grado non comporta necessariamente il suo annullamento. Il giudice d’appello ha il potere-dovere di provvedere direttamente a redigere, anche integralmente, la motivazione mancante, esercitando i suoi pieni poteri di cognizione sul fatto.

Perché un atteggiamento difensivo volto all’accoglimento del ricorso è stato considerato in contrasto con l’accettazione della remissione?
Perché l’accettazione della remissione porta all’estinzione del reato senza un accertamento di colpevolezza o innocenza. Insistere per l’accoglimento del ricorso, invece, significa chiedere al giudice di pronunciarsi nel merito sulla fondatezza delle accuse, con l’obiettivo di ottenere una sentenza di assoluzione piena. Queste due posizioni sono legalmente incompatibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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