Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28602 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28602 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a SANTA NOME COGNOME il 29/10/1959 avverso l’ordinanza del 19/02/2025 del GIUD. SORVEGLIANZA di LIVORNO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Magistrato di Sorveglianza di Livorno ha respinto l’opposizione proposta, ai sensi degli artt. 678, comma 1bis, 667, comma 4, cod. proc. pen. da COGNOME NOME avverso la decisione di rigetto del Magistrato di Sorveglianza dell’istanza di remissione del debito, ex art. 6 del d.PR 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia -Testo A), in relazione alle spese ammontanti a euro 31.615,85 concernenti la sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano in data 23 giugno 2014, per il reato di omicidio.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo due motivi, di seguito enunciati, secondo il disposto di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., l’erronea applicazione della legge penale.
In particolare, premesso che per la remissione del debito occorre che sussistano disagiate condizioni economiche e l’aver tenuto una regolare condotta in istituto, il ricorrente ha dedotto che il provvedimento di diniego, nella parte in cui ha richiamato l’assenza della cosiddetta rivisitazione critica è erroneo, non rientrando tale criterio tra quelli che qualificano la condotta come regolare.
In relazione a tale profilo, la difesa ha rilevato che la relazione di sintes proveniente dal carcere e redatta dall’area educativa, dal punto di vista del percorso trattamentale, è assolutamente positiva; che il detenuto ha beneficiato di più di 1080 giorni di liberazione e che frequenta assiduamente con interesse e impegno la scuola superiore all’interno del carcere e le ulteriori attività trattamentali, come il coro, il teatro e le sedute di lettu Sussisterebbero, pertanto, tutti i requisiti di regolare condotta per vedersi riconosciuta la remissione del debito.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., la contraddittorietà della motivazione del provvedimento di rigetto, rispetto alla documentazione attestante le circostanze di seguito indicate ed allegate al ricorso.
In primo luogo, la difesa ha eccepito che le condizioni economiche del ricorrente non consentono una rateizzazione del debito anche considerando che il nucleo familiare del ricorrente è composto dalla moglie, in regime di separazione di beni dai tempi del matrimonio; che il ricorrente non possiede alcuna forma di reddito dal 2016; che è proprietario di un immobile di cinque vani situato in Santa Caterina dello Ionio e di 1/10 di un immobile, in comproprietà con altri familiari e di alcuni terreni; che, tuttavia, quanto a primo immobile e ai terreni, l’istante ha tentato di venderli senza successo, permanendo comunque la disponibilità a vendere di tali beni anche per il tramite delle figlie.
Con requisitoria scritta, il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito indicate.
1.1. Preliminarmente va rilevato che l’art. 6, comma 2, d. P.R. 30 maggio 2002, n. 115, stabilisce che «e l’interessato è stato detenuto o internato, debito per le spese del processo e per quelle di mantenimento è rimesso nei confronti di chi si trova in disagiate condizioni economiche e ha tenuto in istituto una regolare condotta, ai sensi dell’articolo 30 ter, comma 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354».
Ai sensi dell’art. 30-ter, comma 8, Ord. pen. «Ma condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilità e correttezza nel comportamento personale, nelle attività organizzate negli istituti e nelle eventuali attiv lavorative o culturali».
La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che, ai fini della remissione del debito, non è necessaria la positiva partecipazione del condannato all’opera di rieducazione attivata nei suoi confronti, ma soltanto la regolarità della condotta mantenuta durante la detenzione inframuraria (Sez. 1, n. 593 del 25/11/2015, dep. 2016, Rv. 265721 – 01), precisandosi che l’accoglimento della richiesta di remissione del debito non implica la revisione critica da parte del condannato della sua vita anteatta, ma soltanto la costanza nella tenuta di un comportamento corretto (Sez. 1, n. 18686 del 23/04/2009, Rv. 243781 – 01), la cui valutazione positiva può essere esclusa anche a seguito della commissione di un solo illecito disciplinare, previa necessaria comparazione tra le caratteristiche, il tempo e le modalità dello stesso con la condott complessiva del condannato (Sez. 1, n. 28257 del 26/03/2021, COGNOME, Rv. 281753 – 01; Sez. 1, n. 18686 del 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243781 – 01).
Inoltre, la congruità del periodo di tempo che il magistrato di sorveglianza deve valutare per stabilire la sussistenza del requisito della regolare condotta va valutata avuto riguardo non solo all’entità della pena complessivamente inflitta, ma anche a quella da espiare. (Sez. 1, n. 4917 del 19/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254605 – 01)
In relazione al profilo delle condizioni economiche va, poi, osservato che, il requisito delle disagiate condizioni economiche è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere il recupero e il reinserimento sociale e, con essi, le finalità costituzionali della pena (Tale principio è stato affermato da Sez. 1, n. 42026
del 06/07/2018, M., Rv. 273974 – 01 in relazione ad una fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto immune da vizi la decisione del magistrato di sorveglianza, che, a fronte di un debito per spese di giustizia non particolarmente elevato, ha escluso che le condizioni economiche della richiedente potessero considerarsi disagiate, avuto riguardo al reddito annuo dalla stessa percepito e agli immobili di cui era proprietaria).
Affinché l’istanza di remissione del debito possa essere accolta, come si rileva dalla formulazione della disposizione di cui all’art. 6 d.PR n. 115 del 20022, occorre che i presupposti della regolare condotta e delle disagiate condizioni economiche concorrano congiuntamente, con la conseguenza che la mancanza di uno di essi determina il rigetto della domanda.
Tanto premesso, deve rilevarsi che il provvedimento impugnato ha confermato la decisione di rigetto della richiesta di remissione del debito sulla base di una valutazione che ha tenuto conto delle condizioni economiche dell’interessato e della relazione comportamentale dell’Istituto penitenziario.
In particolare, nel provvedimento di diniego si è attribuito rilievo alla relazione comportamentale dalla quale è emersa la mancanza di revisione critica in ordine al reato di omicidio per il quale il COGNOME è stat condannato, facendola refluire negativamente sulla valutazione della condotta tenuta dal detenuto; più specificamente è stato evidenziato che il ricorrente si dichiara innocente e completamente estraneo ai reati per i quali è stato condannato all’ergastolo; dichiara, inoltre, di aver subito un processo ingiusto e nega di aver mai fatto parte di alcuna associazione. Il Magistrato di Sorveglianza ha dato risalto a tali circostanze per evidenziare che dopo 13 anni di detenzione il ricorrente non ha ancora abbandonato i disvalori delinquenziali, mancando qualsiasi manifestazione di resipiscenza.
Ciò posto deve effettivamente rilevarsi, come dedotto dalla difesa, che il Magistrato di sorveglianza non avrebbe dovuto valutare la regolare condotta del ricorrente sotto il profilo dell’adesione al percorso di revisione critica de proprio operato, non essendo un requisito richiesto dalla disposizione di cui all’art. 6 d.PR n. 115 del 2002, né dalla interpretazione che di tale norma ha reso la giurisprudenza di legittimità sopra evidenziata, dovendosi arrestare alla valutazione della positiva condotta all’interno della struttura carceraria.
Deve, tuttavia, rilevarsi che il provvedimento censurato ha, invece, adeguatamente motivato in ordine alla insussistenza delle disagiate condizioni economiche, evidenziando una pluralità di elementi indicativi di una situazione
economica che non risulta disagiata, essendo il ricorrente proprietario di beni immobili, in relazione ai quali non sussiste una totale assenza di valore
commerciale, né risulta che gli stessi siano assolutamente non vendibili, non dovendosi, poi, trascurare, in ogni caso, la lunga detenzione che il RAGIONE_SOCIALE
deve ancora espiare.
La motivazione in ordine alle condizioni economiche non è, dunque, validamente contrastata dalle doglianze difensive dalle quali non emerge che
l’adempimento del debito comporterebbe un serio e considerevole squilibrio del bilancio domestico del ricorrente, vieppiù considerando che, come dallo
stesso ricorrente affermato i figli sono autonomi e che la moglie riesce a sopportare le spese quotidiane.
In conclusione, a fronte di una regolare condotta all’interno dell’Istituto, l’esaustivo percorso motivazionale del Magistrato di Sorveglianza in ordine alla
mancanza delle disagiate condizioni economiche rende infondata la relativa doglianza difensiva difettando uno dei due presupposti richiesti dalla
disposizione di cui all’art. 6 d.PR. n. 115 del 2002.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 21 maggio 2025.