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Reiterazione del reato: quando l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato da un soggetto condannato per aver violato ripetutamente gli obblighi imposti da un’autorità giudiziaria. La Corte ha sottolineato che la costante reiterazione del reato, manifestatasi in oltre cinquanta violazioni, dimostra un totale disprezzo per le prescrizioni legali, escludendo così la possibilità di riconoscere la particolare tenuità del fatto e giustificando la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reiterazione del reato: la Cassazione conferma la condanna

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso emblematico sulla reiterazione del reato e le sue conseguenze sulla valutazione della gravità del fatto. La decisione sottolinea come la ripetizione costante di condotte illecite, anche se singolarmente di lieve entità, possa escludere l’applicazione di istituti di favore come la particolare tenuità del fatto, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo principio è fondamentale per comprendere come il sistema giudiziario valuti non solo il singolo atto, ma il comportamento complessivo dell’imputato.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato dalla Corte d’Appello per una serie continuata di violazioni. Nello specifico, l’imputato aveva omesso per ben quarantanove volte di presentarsi presso le forze dell’ordine per l’apposizione della firma di controllo, un obbligo imposto da una misura cautelare. A ciò si aggiungevano due episodi in cui non era stato trovato presso la propria abitazione durante i controlli. Di fronte a questa palese e sistematica inosservanza delle prescrizioni, le corti di merito avevano emesso una sentenza di condanna.

Il Ricorso in Cassazione e la tesi della tenuità del fatto

Il ricorrente ha basato la sua difesa su due argomenti principali: la particolare tenuità del fatto e l’eccessività della pena inflitta. Secondo la difesa, le singole violazioni, prese isolatamente, non avrebbero avuto un peso tale da giustificare una condanna penale significativa. Tuttavia, questa visione non tiene conto dell’elemento centrale del caso: non un singolo episodio, ma una reiterazione del reato che si è protratta nel tempo, dimostrando una deliberata volontà di sottrarsi ai controlli dell’autorità giudiziaria.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla reiterazione del reato

La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno affermato che le condotte reiterate sono espressione di un chiaro “disprezzo di qualsivoglia prescrizione di legge”. Non si tratta più di una singola leggerezza, ma di un atteggiamento sistematico che mina la credibilità e l’efficacia delle misure giudiziarie. La Corte ha inoltre smontato l’argomento relativo all’eccessività della pena, spiegando che, anche partendo da una pena base minima e applicando un piccolo aumento per ogni “reato satellite” (cioè ogni singola violazione), la pena finale sarebbe stata addirittura superiore a quella stabilita in primo grado. Pertanto, la sanzione inflitta era non solo giustificata, ma persino contenuta.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione è lapidaria: la reiterazione del reato è un fattore che valorizza la gravità del comportamento e osta al riconoscimento della particolare tenuità. Quando un soggetto viola decine di volte lo stesso obbligo, non si può più parlare di un fatto lieve. Al contrario, si delinea un quadro di deliberata e persistente illegalità. La condotta dell’imputato non è stata un’eccezione, ma una regola, un comportamento abituale che dimostra una completa indifferenza per le regole dell’ordinamento giuridico. Di conseguenza, il ricorso, insistendo su una tesi palesemente infondata di fronte all’evidenza dei fatti, non poteva che essere dichiarato inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, ribadisce che la valutazione della gravità di un reato non si limita al singolo episodio, ma deve considerare il contesto complessivo e il comportamento dell’autore. La ripetitività di una condotta illecita è un sintomo di pericolosità sociale e di disprezzo per le norme. In secondo luogo, la decisione comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale per i ricorsi inammissibili. Questo caso serve da monito: la giustizia non tollera l’inosservanza sistematica delle sue prescrizioni.

La ripetizione di piccole violazioni può portare a una condanna definitiva?
Sì, la Corte ha stabilito che la condotta reiterata, anche se composta da singole violazioni di modesta entità (come mancare una firma di controllo), dimostra un disprezzo per la legge che giustifica una condanna e impedisce di considerare il fatto di “particolare tenuità”.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello, che sottolineava la reiterazione del comportamento criminoso, era solida e ben fondata. L’insistenza del ricorrente sulla tenuità del fatto è stata ritenuta insostenibile di fronte a prove così chiare di disprezzo per le prescrizioni legali.

Quali sono le conseguenze economiche per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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