LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reiterazione del reato: quando è legittimo il carcere

La Corte di Cassazione ha confermato la misura della custodia in carcere per un individuo accusato di detenzione di sostanze stupefacenti. La Corte ha stabilito che, nonostante la proposta di scontare gli arresti domiciliari in un comune diverso, il concreto pericolo di reiterazione del reato sussisteva. Le modalità del crimine, che includevano l’uso del servizio postale per ricevere la droga, rendevano la condotta facilmente ripetibile ovunque, rendendo inadeguata una misura meno afflittiva del carcere.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reiterazione del Reato: Quando gli Arresti Domiciliari non Bastano

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 33510/2025 offre un’importante chiave di lettura sul concetto di reiterazione del reato e sulla scelta della misura cautelare più adeguata. La Corte ha chiarito che, per valutare il rischio che un indagato commetta nuovi crimini, non basta considerare il luogo in cui verrà eseguita la misura, ma è fondamentale analizzare le specifiche modalità della condotta illecita. Se queste modalità sono slegate dal territorio, anche gli arresti domiciliari in un comune diverso potrebbero non essere sufficienti a contenere il pericolo.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo gravemente indiziato per la detenzione di circa cinque chilogrammi di hashish. Inizialmente, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) aveva sostituito la misura della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari. Tale decisione si basava sull’idea che l’esecuzione della misura in un comune diverso e più piccolo rispetto a quello di residenza e di commissione del fatto avrebbe ridotto le opportunità di contatti criminali e facilitato il controllo da parte delle forze dell’ordine.

Il Pubblico Ministero, non condividendo questa valutazione, ha impugnato l’ordinanza. Il Tribunale, in accoglimento dell’appello, ha ripristinato la custodia in carcere. Secondo il Tribunale, il mero cambio di comune non costituiva un ‘elemento di novità’ tale da giustificare un’attenuazione della misura, soprattutto alla luce delle modalità con cui l’indagato si procurava la sostanza stupefacente.

La Valutazione della Corte sulla Reiterazione del Reato

L’indagato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato e confermando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della pronuncia risiede nell’interpretazione del requisito dell’ ‘attualità del pericolo di reiterazione del reato‘, previsto dall’art. 274, lett. c), del codice di procedura penale.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’attualità non va intesa come imminenza di un nuovo crimine, ma come espressione di una ‘continuità del pericolo’. Bisogna valutare la potenzialità criminale dell’indagato e l’effettività del rischio che le misure cautelari sono chiamate a neutralizzare. Questa valutazione deve basarsi su elementi concreti, come le modalità specifiche del fatto e la personalità dell’indagato.

Le Motivazioni

Nel caso specifico, le motivazioni della Corte si sono concentrate sulle modalità operative dell’indagato. Egli, infatti, otteneva la droga tramite la spedizione di un pacco postale, intestato a un’altra persona, e la nascondeva nell’abitazione di un terzo individuo, a sua volta agli arresti domiciliari. Il Tribunale, con una valutazione condivisa dalla Cassazione, ha concluso che tale modus operandi è chiaramente ‘reiterabile in qualsiasi luogo’.

La condotta non era legata a un particolare contesto territoriale o a dinamiche criminali locali. L’uso di servizi postali e la collaborazione con terzi rendono il rischio di reiterazione del reato concreto e attuale indipendentemente dal luogo in cui l’indagato si trovi agli arresti domiciliari. La misura domiciliare, pertanto, è stata ritenuta inidonea a scongiurare il pericolo che l’indagato potesse riprendere i suoi contatti con ambienti criminali e continuare l’attività di traffico di stupefacenti con le medesime modalità.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto cruciale: la valutazione sull’adeguatezza di una misura cautelare non può fondarsi su mere supposizioni, come la minor dimensione di un comune. Deve invece basarsi su una prognosi concreta, fondata su elementi specifici che rivelano la capacità di autocontrollo dell’indagato e, soprattutto, la natura della sua condotta criminale. Se la condotta è svincolata dal territorio, come nel caso di traffici gestiti tramite spedizioni, la misura degli arresti domiciliari perde gran parte della sua efficacia preventiva, rendendo necessaria una misura più restrittiva come la custodia in carcere per neutralizzare efficacemente il pericolo di reiterazione del reato.

Quando il pericolo di reiterazione del reato è considerato ‘attuale’?
Secondo la Corte, l’attualità del pericolo non significa imminenza di un nuovo reato, ma piuttosto una continuità del pericolo nella sua dimensione temporale. Si valuta la potenzialità criminale dell’indagato e l’effettività del rischio, desumibile da specifiche modalità del fatto e dalla personalità del soggetto.

Perché il trasferimento dell’indagato in un altro comune non è stato ritenuto sufficiente a giustificare gli arresti domiciliari?
Perché le modalità con cui l’indagato commetteva il reato (ricevendo la droga tramite pacchi postali) non erano legate a un contesto territoriale specifico. Tale condotta era facilmente ripetibile in qualsiasi luogo, rendendo il mero cambio di comune inefficace a prevenire la reiterazione del reato.

Quali elementi valuta il giudice per decidere tra carcere e arresti domiciliari?
Il giudice valuta la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione del reato, basandosi su indici specifici come le modalità e le circostanze del fatto e la personalità dell’indagato. La decisione non può basarsi su supposizioni astratte, ma su una prognosi concreta della capacità della misura di neutralizzare i rischi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati