Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32055 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32055 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Cara NOME, nato a Melito di Porto Salvo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 4/4/2024 emessa dal Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, il quale conclude per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Reggio Calabria, pronunciando in sede di appello cautelare, confermava il rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura degli arresti domiciliari cui il ricorrente è sottoposto.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha formulato un unico motivo di ricorso con il quale deduce il vizio di motivazione e violazione di legge, sostenendo che il Tribunale, pur dando atto delle plurime ragioni sottese alla richiesta di revoca o sostituzione della misura, si sarebbe limitato a richiamare la gravità della condotta, individuando presunti indici concreti del rischio di reiterazione, in tal modo fornendo una motivazione stereotipata e non confrontandosi con le ragioni specifiche addotte a sostegno dell’impugnazione.
In particolare, non veniva adeguatamente valorizzata l’intervenuta assoluzione per una delle imputazioni contestate, né il fatto che la contestazione associativa facesse riferimento all’appartenenza ad un sodalizio la cui attività era cessata fin dal 2017. Nell’ambito dell’associazione, peraltro, il ricorrente si sarebbe limitato a curare la coltivazione di marjuana, dovendosi supporre che, una volta interrotto il rapporto associativo, non vi erano i presupposti per la reiterazione della condotta.
In tal modo, tuttavia, il Tribunale tralasciava di considerare i rilevanti elementi sopravvenuti, costituiti, oltre che dalla richiamata assoluzione parziale, anche dall’ampiezza dei periodo trascorso in stato custodiale e l’intervenuta rescissione dei legami con gli altri associati.
In conclusione, sostiene il ricorrente che sarebbe venuto meno il pericolo concreto di reiterazione del reato.
2.1. Con la memoria difensiva, il ricorrente illustrava ulteriormente i motivi proposti.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il Tribunale di Reggio Calabria ha enucleato plurime ragioni a sostegno della perdurante sussistenza delle esigenze cautelari, valorizzando essenzialmente la modalità della condotta, la professionalità dimostrata nell’attività di coltivazione di stupefacenti, consistita nel realizzare delle vere e proprie coltivazioni estensive di marjuana, mediante l’individuazione dei terreni, la loro preparazione, la predisposizione dell’irrigazione. A tale attività si affiancava quella volta alla commercializzazione dello stupefacente, svolta in modo associato da parte di un sodalizio che aveva assunto un ruolo egemone sul territorio.
Osserva il Tribunale come, a fronte di una personalità spiccatamente dedita
alla commissione di reati, gli elementi – anche sopravvenuti – valorizzati dal ricorrente risultano recessivi e inidonei a dimostrare l’affievolimento delle esigenze cautelare.
2.1. Si tratta di una motivazione che non presenta aspetti di manifesta illogicità o contraddittorietà suscettibili di essere rilevati in sede di legittimità.
Anche in ordine all’intervenuta assoluzione per uno dei reati fine, tI Tribunale ha correttamente valutato come l’esclusione di tale condotta non incida sulla complessiva capacità e propensione criminale del ricorrente.
Analogamente, il dato relativo alla dedotta cessazione dell’attività associativa non è stato ritenuto rilevante, stante la dimostrata capacità delinquenziale dell’imputato, evidentemente tale da far ritenere il concreto di rischio di reiterazione del reato, sia pur in contesti diversi da quelli in cui si è in precedenza manifestata la condotta.
2.2. In conclusione, si ritiene che il Tribunale abbia reso una motivazione immune da censure, non potendosi sindacare nel merito le valutazioni che hanno condotto al rigetto della richiesta di revoca o sostituzione della misura, né ravvisandosi profili di incompatibilità tra la decisione assunta e il presupposto della concretezza del pericolo di reiterazione della condotta, tanto più che nel caso di specie opera la doppia presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente COGNOME I pagamento delle spese processuali. Così deciso il 26 giugno 2024 Il Consigliere estensore COGNOME Presidente