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Reiterazione condotte illecite: no al favor rei

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra diversi reati, culminati nell’adesione a un’associazione mafiosa. Secondo la Corte, la reiterazione delle condotte illecite non può essere equiparata a un unico programma criminoso ai fini del ‘favor rei’, ma va distinta e sanzionata con istituti diversi, come la recidiva o l’abitualità. La decisione sottolinea la netta differenza tra il beneficio della continuazione e la sanzione per una persistente inclinazione al crimine.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reiterazione delle condotte illecite: la Cassazione nega il ‘favor rei’

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un tema cruciale del diritto penale: la distinzione tra la reiterazione delle condotte illecite e l’istituto della continuazione. La pronuncia chiarisce che la semplice ripetizione di crimini, anche se culmina con l’adesione a un’organizzazione mafiosa, non può beneficiare del trattamento di favore previsto per il reato continuato, poiché risponde a logiche sanzionatorie del tutto diverse.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro un’ordinanza della Corte d’Appello. Il ricorrente, condannato per vari reati tra cui l’appartenenza a un’associazione di stampo mafioso, chiedeva il riconoscimento della ‘continuazione’ tra le diverse violazioni di legge commesse. In sostanza, sosteneva che tutti i suoi illeciti facessero parte di un unico disegno criminoso, e che quindi dovessero essere trattati come un’unica entità giuridica, con conseguente applicazione di una pena più mite.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che il ricorso era infondato e hanno condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali e di una multa di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda su un’argomentazione netta che traccia un confine invalicabile tra il concetto di ‘programma di vita improntato al crimine’ e l’istituto della continuazione.

Le Motivazioni: Reiterazione delle Condotte Illecite vs. Continuazione

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione fondamentale tra due fenomeni giuridici. Da un lato, c’è l’istituto della continuazione, concepito per applicare il principio del favor rei: quando più reati sono legati da un medesimo disegno criminoso, si applica la pena prevista per il reato più grave aumentata, anziché sommare le singole pene. Questo istituto presuppone un’unica deliberazione criminale che si manifesta in più azioni.

Dall’altro lato, vi è la reiterazione delle condotte illecite che culmina nell’adesione a un’organizzazione criminale. Secondo la Corte, questa non è espressione di un ‘medesimo disegno criminoso’, ma piuttosto di una progressiva inclinazione verso il crimine. Tale comportamento è già disciplinato da altri istituti del diritto penale come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato. Questi istituti, a differenza della continuazione, non hanno una finalità di favore per il reo, ma, al contrario, servono a sanzionare più aspramente chi dimostra una persistente tendenza a delinquere.

In altre parole, la Corte ha affermato che confondere la continuazione con una carriera criminale sarebbe un errore concettuale. L’adesione a un’associazione mafiosa rappresenta il punto di arrivo di un percorso delinquenziale che il sistema giuridico sanziona con strumenti specifici e più severi, del tutto opposti alla logica del favor rei.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio di rigore fondamentale nell’interpretazione del diritto penale. Le implicazioni pratiche sono significative:

1. Limite all’Applicazione della Continuazione: Viene posto un chiaro limite all’applicazione dell’istituto della continuazione, che non può essere utilizzato per ‘scontare’ una carriera criminale consolidata.
2. Valorizzazione degli Istituti Sanzionatori: Si riafferma il ruolo di istituti come la recidiva e l’abitualità, destinati a sanzionare la pericolosità sociale del reo che persevera nel commettere crimini.
3. Chiarezza per gli Operatori del Diritto: La decisione fornisce un criterio interpretativo netto per i giudici di merito, che dovranno attentamente valutare se un insieme di reati configuri un’unica programmazione (continuazione) o una progressione nella condotta criminale da sanzionare con maggiore severità.

La semplice ripetizione di reati può essere considerata espressione di un unico programma criminale ai fini della ‘continuazione’?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la reiterazione delle condotte illecite non può essere automaticamente considerata espressione di un programma di vita improntato al crimine che rientra nell’istituto della continuazione, il quale è preordinato al favor rei.

L’adesione a un’organizzazione mafiosa, se preceduta da altri reati, rientra nel concetto di ‘continuazione’?
Non necessariamente. La Corte chiarisce che anche quando la reiterazione dei reati culmina nell’adesione a un’associazione mafiosa, tale condotta è sanzionata da istituti diversi (come la recidiva o l’abitualità), che seguono un parametro opposto a quello della continuazione.

Qual è stata la decisione finale della Corte riguardo al ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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