Reingresso Non Autorizzato: Il Matrimonio con un Cittadino Italiano Non Giustifica la Violazione
Il diritto al ricongiungimento familiare è un principio fondamentale, ma non può essere esercitato in violazione delle leggi sull’immigrazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che il reingresso non autorizzato nel territorio italiano da parte di uno straniero espulso rimane un reato, anche se motivato dalla volontà di riunirsi con il coniuge cittadino di un paese comunitario. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso: L’Appello alla Corte di Cassazione
Il caso riguarda un cittadino straniero, precedentemente espulso dall’Italia, che aveva fatto ritorno nel Paese violando il divieto di reingresso. Condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello, l’uomo ha presentato ricorso in Cassazione adducendo tre principali motivi. In primo luogo, sosteneva di aver frainteso la portata del divieto di reingresso. In secondo luogo, affermava che la sua condotta era finalizzata esclusivamente al ricongiungimento familiare, avendo nel frattempo contratto matrimonio con una cittadina italiana. Infine, contestava il diniego della messa alla prova, ritenendo errato il giudizio prognostico negativo formulato dalla Corte territoriale.
Il Reingresso non Autorizzato e il Matrimonio: La Decisione della Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno affrontato i primi due motivi di ricorso in modo congiunto, richiamando un principio di diritto consolidato.
Il Principio di Diritto sul Ricongiungimento Familiare
La Suprema Corte ha ribadito che la condotta di reingresso non autorizzato non è scriminata (cioè giustificata) dal fatto che lo straniero abbia sposato una cittadina comunitaria residente in Italia. Per poter attuare legittimamente il proprio diritto al ricongiungimento familiare, il soggetto espulso ha l’onere di richiedere preventivamente un’apposita autorizzazione alle autorità italiane. Il matrimonio, quindi, non costituisce un “lasciapassare” che consente di ignorare un provvedimento di espulsione valido ed efficace. Entrare nel territorio nazionale senza tale autorizzazione integra pienamente il reato previsto dalla legge sull’immigrazione.
La Negata Messa alla Prova e il Giudizio Prognostico
Anche il terzo motivo, relativo al diniego della messa alla prova, è stato respinto. La Corte d’Appello aveva basato la sua decisione negativa su due elementi specifici: una precedente condanna dell’imputato in materia di stupefacenti e la stessa condotta trasgressiva per cui si procedeva, ovvero la violazione degli obblighi legati all’espulsione.
La Discrezionalità del Giudice nel Giudizio Prognostico
La Cassazione ha sottolineato che la valutazione per la concessione della messa alla prova è un giudizio complesso che si basa su due condizioni: l’idoneità del programma di trattamento e una prognosi favorevole sull’astensione del soggetto dal commettere futuri reati. Questo secondo aspetto è un giudizio discrezionale del giudice, guidato dai parametri dell’art. 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere). Nel caso di specie, la Corte territoriale ha logicamente e coerentemente motivato la sua decisione, ritenendo che i precedenti penali e la palese inosservanza della legge dimostrassero l’impossibilità di formulare una prognosi favorevole.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si fonda su principi chiari e rigorosi. In primo luogo, la sovranità dello Stato nel controllo dei propri confini prevale sull’interesse individuale, anche se qualificato come quello al ricongiungimento familiare, quando non vengono seguite le procedure legali prescritte. Il diritto all’unità familiare non è assoluto e deve essere bilanciato con l’ordine pubblico e la sicurezza. In secondo luogo, viene confermata l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel valutare la personalità dell’imputato ai fini della concessione di benefici come la messa alla prova. Se il giudice fornisce una motivazione logica per cui ritiene che l’imputato possa commettere nuovi reati, la sua decisione è insindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. Per gli stranieri destinatari di un provvedimento di espulsione, è fondamentale comprendere che qualsiasi legame familiare sorto successivamente non autorizza a rientrare illegalmente in Italia. La via da percorrere è quella legale: richiedere la revoca del provvedimento di espulsione o un’autorizzazione speciale al reingresso attraverso le ambasciate o i consolati italiani. Per quanto riguarda l’ambito processuale, la decisione ribadisce che l’accesso a misure alternative come la messa alla prova non è un diritto automatico, ma è subordinato a una valutazione approfondita della personalità e dell’affidabilità del richiedente, basata su elementi concreti come i precedenti penali e la condotta di vita.
Sposare un cittadino italiano giustifica il rientro in Italia se si è stati espulsi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il matrimonio non legittima un reingresso non autorizzato. Lo straniero espulso deve sempre richiedere una specifica autorizzazione preventiva alle autorità italiane per poter rientrare legalmente, anche per motivi di ricongiungimento familiare.
Perché è stata negata la messa alla prova all’imputato?
La messa alla prova è stata negata perché il giudice di secondo grado ha formulato un giudizio prognostico negativo. Questa valutazione si è basata sulla precedente condanna dell’imputato per reati legati agli stupefacenti e sulla sua attuale condotta trasgressiva (il rientro illegale), elementi che hanno fatto dubitare della sua futura astensione dal commettere altri reati.
Quali sono le conseguenze di un ricorso giudicato inammissibile dalla Cassazione in questo caso?
Quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna precedente diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, a causa della colpa nell’aver presentato un’impugnazione priva di fondamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34241 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34241 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/09/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME nato in Albania il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 03/04/2025 della Corte d’appello di Torino dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in preambolo e deduce tre motivi;
rilevato che il primo e il secondo – con il quale denuncia l’errata applicazione dell’art. 13, comma 13, d.lgs n. 286 del 1998 perchØ si sarebbe trascurato che egli aveva mal inteso il divieto di reingresso intimatogli e che, comunque, la condotta era finalizzata al ricongiungimento familiare con la donna divenuta effettivamente sua moglie – contrastano con il principio espresso in sede di legittimità secondo cui«La condotta di reingresso non autorizzato nel territorio dello Stato non Ł scriminata dall’avere lo straniero, destinatario di un precedente provvedimento di espulsione, contratto matrimonio con una cittadina comunitaria (nella specie, di nazionalità italiana), domiciliata nel territorio nazionale, poichØ, al fine di poter legittimamente attuare il proprio diritto al ricongiungimento con il coniuge, il soggetto espulso deve preventivamente richiedere l’autorizzazione alle Autorità italiane» (Sez. 1, n. 27918 del 30/09/2020, COGNOME Hassen, Rv. 279640 – 01);
rilevato che Ł del pari manifestamente infondato il terzo motivo di ricorso che imputa alla Corte di appello un errato giudizio prognostico negativo in punto di messa alla prova, poichØ il Giudice di secondo grado – con argomenti logicamente coerenti – ha valorizzando la precedente condanna in materia di stupefacenti e la condotta trasgressiva rispetto agli obblighi impostigli in occasione dell’espulsione;
considerato che tale motivazione si pone nel solco del principio secondo cui «La sospensione del processo con messa alla prova Ł subordinata alla duplice condizione dell’idoneità del programma di trattamento e, congiuntamente, della prognosi favorevole in ordine all’astensione dell’imputato dal commettere ulteriori reati; si tratta di due giudizi diversi, rimessi alla discrezionalità del giudice guidata dai parametri indicati dall’art. 133 cod. pen. (Sez. 5, n. 7983 del 26/10/2015, dep.2016, Matera, Rv. 266256 – 01);
ritenuto che se il giudice dà conto in motivazione – com’Ł avvenuto nel caso in esame dell’impossibilità di formulare con esito favorevole la prognosi in ordine alla capacità a delinquere dell’imputato, ciò basta per negare il beneficio richiesto, senza alcuna necessità
– Relatore –
Ord. n. sez. 13255/2025
CC – 25/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
che egli proceda altresì a valutare il programma presentato;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 25/09/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME