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Reingresso irregolare: inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per reingresso irregolare in Italia. L’imputato sosteneva che il suo rientro fosse avvenuto non per sua volontà, ma a seguito di un’operazione di soccorso della Guardia Costiera. La Corte ha ribadito che l’intervento dei soccorritori non esclude il reato, in quanto lo sbarco è considerato un esito prevedibile e voluto del viaggio clandestino. È stata inoltre giudicata infondata la questione di legittimità costituzionale sulle nuove norme che regolano l’ammissibilità dell’appello.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reingresso Irregolare: Il Soccorso in Mare Non Esclude il Reato

Con l’ordinanza n. 3825/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema di grande attualità: il reingresso irregolare e la sua configurabilità anche quando l’ingresso nel territorio nazionale avviene a seguito di un’operazione di soccorso. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato e chiarendo la portata delle nuove norme sull’ammissibilità degli appelli.

I Fatti del Caso: Il Ricorso in Cassazione

Il caso riguarda un cittadino straniero condannato dalla Corte d’Appello di Catania per il reato di reingresso irregolare nel territorio dello Stato, previsto dall’art. 13, comma 13, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione). L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:
1. Insussistenza del reato: Sosteneva che il suo rientro in Italia non fosse un atto volontario, ma la conseguenza diretta dell’intervento della Guardia Costiera che aveva soccorso l’imbarcazione su cui viaggiava. A suo dire, si sarebbe dovuta configurare al massimo un’ipotesi di reato tentato, non consumato.
2. Incostituzionalità delle norme sull’appello: Sollevava una questione di legittimità costituzionale riguardo alle nuove disposizioni del codice di procedura penale (art. 581, commi 1-ter e 1-quater) che, per l’ammissibilità dell’appello, richiedono il deposito di una dichiarazione o elezione di domicilio e uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza.

Il Reato di Reingresso Irregolare e la Decisione della Corte

La Suprema Corte ha rigettato entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione del nesso causale tra la condotta dell’imputato e l’evento del reato, ovvero l’effettivo ingresso in Italia.

La Cassazione ha chiarito che il motivo relativo al vizio di motivazione era una semplice riproposizione di censure già esaminate e respinte in appello. La tesi difensiva, secondo cui il soccorso in mare interromperebbe il nesso di causalità, è stata definita ‘errata in diritto’.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio giuridico consolidato in materia di immigrazione clandestina. I giudici hanno richiamato precedenti sentenze (tra cui la n. 11165/2016 e la n. 18354/2014) per affermare che, ai fini della configurabilità del reato, è irrilevante che lo sbarco finale sia avvenuto per l’intervento dei soccorritori. L’evento-reato (l’ingresso in Italia) è considerato un ‘esito causalmente previsto e voluto’ dall’agente. Chi si imbarca su un natante precario, sovraccarico e in condizioni di mare avverse, mette in conto la possibilità, e spesso la necessità, di un intervento di soccorso come unica via per portare a termine il proprio progetto di entrare nel territorio nazionale. Pertanto, il salvataggio non è un evento imprevedibile che interrompe la catena causale, ma una sua prevedibile evoluzione.

In merito alla questione di legittimità costituzionale, la Corte l’ha ritenuta irrilevante, data la manifesta infondatezza del motivo di merito, e comunque infondata. Le nuove norme sull’ammissibilità dell’appello, che impongono oneri formali aggiuntivi, sono state considerate il frutto di una ‘scelta legislativa non manifestamente irragionevole’. L’obiettivo è quello di limitare le impugnazioni meramente dilatorie e garantire che la scelta di appellare derivi da una ‘opzione ponderata e personale della parte’, rafforzata da correttivi come l’ampliamento dei termini per impugnare.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame conferma due punti fermi della giurisprudenza penale. In primo luogo, il reato di reingresso irregolare si consuma con l’attraversamento del confine nazionale, indipendentemente dal fatto che ciò avvenga autonomamente o a seguito di un soccorso in mare. Questa interpretazione rafforza la nozione di dolo nel contesto dei viaggi della speranza, considerando il soccorso come parte integrante del rischio calcolato. In secondo luogo, la Corte avalla la stretta del legislatore sulle condizioni di ammissibilità degli appelli, ritenendola una misura legittima per deflazionare il contenzioso e responsabilizzare l’imputato e il suo difensore nella scelta di proseguire il giudizio. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a sanzione dell’irritualità della sua impugnazione.

Il reingresso in Italia a seguito di un soccorso in mare costituisce comunque reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’intervento dei soccorritori non esclude il reato di reingresso irregolare, poiché lo sbarco è considerato un esito causalmente previsto e voluto da chi intraprende un viaggio in condizioni precarie.

Perché il motivo di ricorso è stato considerato manifestamente infondato?
Perché si limitava a riproporre argomenti già respinti in appello e si basava su una tesi giuridicamente errata, ovvero che il soccorso in mare interrompesse il nesso causale, in contrasto con l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

Le nuove norme sull’ammissibilità dell’appello sono state ritenute incostituzionali?
No. La Corte ha giudicato la questione manifestamente infondata, ritenendo che i nuovi requisiti (come l’elezione di domicilio e il mandato specifico) rappresentino una scelta legislativa ragionevole per assicurare che l’impugnazione sia una decisione ponderata e personale della parte, limitando così gli appelli dilatori.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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