Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14324 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14324 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/05/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza del 26/02/2020 del Tribunale di Bergamo, emessa all’esito di processo celebrato con il rito abbreviato, che aveva dichiarato NOME COGNOME responsabile del reato di cui all’art. 13, comma 13, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e, per l’effetto, lo aveva condannato alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, oltre che al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali, concedendogli i benefici RAGIONE_SOCIALEa sospensione condizionale RAGIONE_SOCIALEa pena e RAGIONE_SOCIALEa non menzione e, infine, ordinandone l’espulsione dal territorio nazionale, ove non fosse medio tempore intervenuto diverso titolo legittimante in tal senso.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per contraddittorietà o manifesta illogicità del motivazione. Il ricorrente, nell’autunno del 2016, poteva circolare in territorio italiano, quale legittimo possessore di un permesso di soggiorno rilasciatogli dal Belgio e illegittimamente ritiratogli dalla Questura di Bergamo in data 08/03/2016; il relativo provvedimento di espulsione veniva convalidato dal Giudice di pace e, avverso tale decisione, veniva proposta impugnazione in cassazione. Essendosi però ritrovato il COGNOME, a questo punto, privo di valido titolo di permanenza, la Prefettura di Brescia ne decretava l’espulsione in data 14/11/2016 e tale provvedimento veniva eseguito, mediante accompagnamento alla frontiera. La Corte di cassazione, però, ha in seguito annullato il sopra detto provvedimento di convalida del Giudice di pace; quest’ultimo, in sede di rinvio, ha disposto l’annullamento del decreto prefettizio del 08/03/2016. Il Giudice penale avrebbe dovuto, quindi, disapplicare il decreto di espulsione emesso dal AVV_NOTAIO di Brescia.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per inosservanza o erronea applicazione RAGIONE_SOCIALEa legge penale, con riferimento agli artt. 13, comma 13 d.lgs. n. 286 del 1998, nonché 51 e 131-bis cod. pen. Il COGNOME non era irregolarmente presente in territorio nazionale, essendo titolare di un permesso di soggiorno belga, ingiustamente ritiratogli dalla Prefettura di Bergamo in data 08/03/2016. Il fatto, inoltre, era scriminato ex art. 51 cod. pen., soprattutto in considerazione del fatto che il ricorrente aveva la convinzione di agire in maniera pienamente legittima. Si
sarebbe dovuto tenere conto, infine, RAGIONE_SOCIALEa possibilità di ritenere esclusa la punibilità, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 131-bis cod. pen.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. Le doglianze in punto di responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato sono meramente reiterative, rispetto a quelle già formulate in sede di gravame, alle quali la Corte territoriale ha adeguatamente risposto. L’impugnazione, inoltre, non si confronta con le ragioni sottese al provvedimento RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale, insistendo su un inesistente travisamento dei fatti. Del tutto adeguata, infine, appare la motivazione in ordine alla esclusione RAGIONE_SOCIALEa causa di non punibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Integrando brevemente la base descrittiva sintetizzata in pare narrativa, deve precisarsi – sotto il profilo storico e oggettivo – come il cittadino marocchino NOME COGNOME sia stato destinatario, in diverse occasioni e in base a differenti presupposti, di due distinti decreti prefettizi di espulsione. Vi è, in primo luogo, i decreto del AVV_NOTAIO di Bergamo del 08/03/2016; trattasi di provvedimento che trae origine dal fatto che il soggetto non avesse tempestivamente denunciato la propria presenza in Italia, ossia in paese diverso rispetto a quello che gli aveva rilasciato la carta di soggiorno comunitaria RAGIONE_SOCIALEa quale era titolare (ossia, il Belgio). Il 14/11/2016, invece il prefetto di Brescia ha decretato l’espulsione RAGIONE_SOCIALE‘odierno ricorrente, sul presupposto RAGIONE_SOCIALE‘inesistenza di titolo atto a legittimarne la permanenza in Italia (quest’ultimo è il provvedimento riportato in imputazione).
Il primo motivo è tutto versato in ratto, oltre ad essere assertivo e reiterativo; in ragione di tali caratteristiche, l’impugnazione proposta non riesce minimamente a scalfire la logica e articolata motivazione posta a fondamento RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata.
3.1. Sostiene la difesa, dunque, che l’errore commesso dal AVV_NOTAIO di Bergamo si annidi non solo nella decisione di procedere all’espulsione di COGNOME (come poi riconosciuto dalla Corte di cassazione, che ha annullato il provvedimento di convalida del Giudice di pace), ma anche nell’operare il ritiro del suddetto permesso belga. A seguito di tali scelte, il ricorrente non sarebbe stato nelle condizioni di ottenere il rinnovo di tale permesso di soggiorno e, pertanto, si sarebbe trovato privo di titolo legittimante ia permanenza, venendo, infine, espulso del AVV_NOTAIO di Brescia il 14/11/2016.
3.2. La Corte territoriale, però, si diffonde ampiamente nella spiegazione circa la natura del tutto differente dei due provvedimenti succitati; i Giudici di secondo grado chiariscono anche come, a tutto voler concedere, è ben difficile che COGNOME – pur se non fosse intervenuto il primo provvedimento di Bergamo potesse ambire al rinnovo del permesso carta belga (rilasciata sulla base di una serie di presupposti fallaci). Estremamente rilevante, sul punto, è l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo la quale il dato pacifico è che esistesse un decreto del AVV_NOTAIO di Brescia del novembre 2016,, mai impugnato, che aveva espulso COGNOME e gli aveva imposto il divieto di rientro in Italia per 5 anni; altrettanto pacifico è che l’imputato non abbia ottemperato a tale divieto ed abbia fatto illegalmente rientro in territorio nazionale (pag. 8 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
3.3. Il Collegio – in punto di disapplicazione del decreto prefettizio di espulsione, con riferimento al delitto in esame – non vede ragioni per discostarsi dai principi di diritto cristallizzati in espresso da Sez. 1, n. 45969 del 23/09/2022, Hysa, Rv. 283752, a mente RAGIONE_SOCIALEa quale: «In tema di reingresso non autorizzato RAGIONE_SOCIALEo straniero espulso nel territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato, il giudice non può disapplicare il decreto di espulsione illegittimo, che non costituisce presupposto del reato, avendo esaurito i suoi effetti con l’esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘ordine di allontanamento» (nella parte motiva di tale pronuncia può leggersi quanto segue: “Il tema RAGIONE_SOCIALEa disapplicazione del provvedimento di espulsione in ragione RAGIONE_SOCIALEa sua illegittimità è stato già affrontato con riferimento al diverso reato previsto dall’art. 14, comma 5 ter d.l.vo 286 del 1998. Anche recentemente, questa Corte ha affermato che, per il reato di ingiustificata inosservanza RAGIONE_SOCIALE‘ordine di allontanamento emesso dal questore da parte RAGIONE_SOCIALEo straniero espulso, allorché l’ordine di allontanamento trovi il suo antecedente in un decreto prefettizio di espulsione illegittimo, il giudice può disapplicare il provvedimento amministrativo costituente il presupposto del reato (Sez. 1, n. 29465 del 01/03/2019, COGNOME, Rv. 277131; Sez. 1, n. 35021 del 02/07/2013, Kane, Rv. 257211). Si osservava che la fattispecie incriminatrice RAGIONE_SOCIALE‘ingiustificata inosservanza RAGIONE_SOCIALE‘ordine del AVV_NOTAIO ha natura di reato omissivo proprio. Il presupposto, ai fini RAGIONE_SOCIALEa configurabilità del reato e RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di agire da parte del cittadino extracomunitario, è costituito dalla valida adozione da parte del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE‘ordine di allontanamento ex art. 14, comma 5-bis e, da parte del AVV_NOTAIO, del provvedimento di espulsione o di respingimento al quale l’ordine è chiamato a dare esecuzione. Entrambi i provvedimenti amministrativi contribuiscono a descrivere, sul piano oggettivo, la tipicità del reato, assumendo la veste di presupposti positivi RAGIONE_SOCIALEa condotta omissiva incriminata, ossia di antecedenti logici e giuridici RAGIONE_SOCIALEa condotta, inseriti nella fattispecie incriminatrice, e tali da condizionarne la tipicità. Rientrando nel Corte di Cassazione – copia non ufficiale novero degli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALEa fattispecie, il provvedimento di cui all’art. 14, comma 5-bis deve essere conforme ai requisiti sostanziali e formali previsti dalla legge e deve essere, in particolare, motivato congruamente con riferimento alla riconducibilità del caso di specie alle ipotesi previste dalla legge al fine di scongiurare il rischio che la verifica RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti RAGIONE_SOCIALE‘ordine del AVV_NOTAIO ex art. 14, comma 5-bis e, dunque, l’individuazione degli elementi costitutivi RAGIONE_SOCIALEa fattispecie penale vengano sostanzialmente rimesse all’Autorità di polizia. Dalla collocazione di tale ordine nel sottosistema finalizzato all’esecuzione del provvedimento di espulsione discende, infatti, che la validità del secondo si riflette su quella del primo. L’attribuzione al provvedimento di espulsione del ruolo di antecedente logico-giuridico RAGIONE_SOCIALEa condotta incriminata dall’art. 14, comma 5ter, si ricollega, dunque, al condizionamento che tale provvedimento esplica sulla legittimità RAGIONE_SOCIALE‘ordine e, pertanto sulla tipicità del reato. L’intima correlazione esistente tra ordine di allontanamento e decreto prefettizio di espulsione quali presupposti del reato di inosservanza e la sindacabilità in via incidentale, da parte del giudice penale, del provvedimento amministrativo illegittimo, la cui inosservanza costituisca reato (Sez. Un., 28 febbraio 2008, n. 19601), comportano che in tutti i casi in cui l’ordine di allontanamento emesso dal AVV_NOTAIO trovi la sua ragione di essere in un decreto prefettizio di espulsione non rispondente ai requisiti di legittimità introdotti dalla nuova normativa, il giudice penale ben può disapplicare il provvedimento amministrativo, costituente il presupposto del reato, che risulti illegittimo. La sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite, COGNOME (Sez. U, n. 19601 del 28/02/2008, COGNOME, Rv. 239398), incidentalmente osservava che “quando un atto giuridico è assunto quale dato RAGIONE_SOCIALEa fattispecie penale (non importa se come elemento costitutivo del reato o come condizione di punibilità), esso è sindacabile dal giudice penale nei soli limiti e con gli specifici mezzi previsti dalla legge. (…) Se si tratta di un provvedimento amministrativo, esso può essere incidentalmente sindacato dal giudice penale, in quanto illegittimo, come quando è la sua inosservanza a costituire reato, come si è più volte affermato in giurisprudenza, ad esempio, con riferimento alla fattispecie RAGIONE_SOCIALE‘art. 650 cod. pen., in tema di inosservanza dei provvedimenti RAGIONE_SOCIALE‘autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o di igiene, o a quella RAGIONE_SOCIALE‘art. 14 comma 5-ter d. Igs. 25 luglio 1998, n. 286, in tema di inosservanza RAGIONE_SOCIALE‘ordine del questore di lasciare il territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato, esclusa ogni rivalutazione dei presupposti di fatto assunti a base del provvedimento, i quali, beninteso, devono essere correttamente individuati nel provvedimento amministrativo. (…)”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La possibilità di disapplicazione del provvedimento amministrativo illegittimo e la conseguente insussistenza del reato che punisce la relativa inottemperanza è stata ripetutamente affermata da questa Corte (recentemente,
per la contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen., Sez. i , n. 54841 del 17/01/2018, COGNOME, Rv. 274555; per il reato di cui all’art. 14, comma 10, d. Igs n. 81 del 2008 di inottemperanza al provvedimento di sospensione RAGIONE_SOCIALE‘attività imprenditoriale adottato dall’organo di vigilanza in materia di lavoro, Sez. 3, n. 27534 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276232).
Tuttavia, la possibilità di disapplicazione può essere esercitata entro determinati limiti, non potendosi ipotizzare un’ingerenza generale del giudice penale sull’attività amministrativa. La struttura RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, comma 13 d. Igs. 286 del 1998 è senza dubbio differente rispetto alle norme fin qui menzionate. In effetti, la fattispecie penale non è configurata come punizione RAGIONE_SOCIALE‘inosservanza del provvedimento amministrativo, così come per la contravvenzione di cui all’art. 650 cod. pen. (“Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità …”) o per il delitto di cui all’art. 14, comma 5 ter d.Igs. 286 del 199 (“La violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di cui al comma 5 bis è punita …”), in cui – per usare le parole RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite, COGNOME – l’atto giuridico è assunto quale dato RAGIONE_SOCIALEa fattispecie penale; la condotta punita è quella di reingresso nel territorio nazionale (“Lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione non può rientrare nel territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato senza una speciale autorizzazione del RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE“) e, quindi, non vi è inottemperanza al provvedimento di espulsione: al contrario, presupposto del reato è l’avvenuta ottemperanza al provvedimento di espulsione, che può essere sia coattiva (accompagnamento immediato alla frontiera a mezzo RAGIONE_SOCIALEa forza pubblica, art. 13, comma 4 d. Igs. 286 del 1998), sia volontaria (comma 5). Ad essere trasgredito, quindi, è il divieto di reingresso che sorge nel momento in cui lo straniero lascia il territorio nazionale: il nuovo ingresso in Italia è sanzionato penalmente se viene compiuto senza che lo straniero abbia chiesto ed ottenuto la speciale autorizzazione dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ovvero se il divieto è stato revocato nell’ipotesi prevista dal comma 14. Alia luce di questa diversa configurazione del reato, appare convincente quanto osservato dalla sentenza Sez. 1, n. 15806/2013 del 6/2/2013, COGNOME, non mass., secondo cui la disapplicazione “comporterebbe una non consentita invalidazione a posteriori del provvedimento amministrativo di espulsione a suo tempo legittimamente adottato che, oltre a non costituire elemento strutturale RAGIONE_SOCIALEa fattispecie penale di cui all’art. 13, comma 13, ha esaurito i suoi effetti con l’avvenuta espulsione del cittadino extracomunitario dal territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato”; pertanto, ciò che rileva, osservava quella pronuncia, è che “l’imputato era ben consapevole RAGIONE_SOCIALE‘esistenza del decreto di espulsione e RAGIONE_SOCIALEa necessità di una specifica autorizzazione per il rientro in Italia, autorizzazione cihe non ha chiesto, in vigenza di un decreto di espulsione non dichiarato illegittimo”. Appare meno convincente, invece, la applicazione del principio RAGIONE_SOCIALEa disapplicabilità del provvedimento amministrativo di espulsione Corte di Cassazione – copia non ufficiale
anche con riferimento al delitto di cui all’art. 13, comma 13 d. Igs. 286 del 1998, affermato incidentalmente da Sez. 1, n. 28849 del 11/06/2009, Makdad, Rv. 244296, sia pure soltanto per il caso in cui “la causa RAGIONE_SOCIALE‘illegittimità risul oggettiva e di semplice rilevabilità” (pagg. 2-5, Sez. 1, Rv. 283752).
3.4. Discende da tale impostazione concettuale la infondatezza del motivo di ricorso, in quanto il tema RAGIONE_SOCIALEa illegittimità del decreto di espulsione del 14/11/2016 (che, comunque, non risulta nemmeno impugnato) risulta sostanzialmente irrilevante, rispetto al più ampio profilo RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘ipotizzato moRAGIONE_SOCIALEo legale. A mezzo di tale doglíanza, inoltre, la difesa chiede al giudice di sindacare direttamente sia il provvedimento di espulsione adottato nei confronti di COGNOME, sia la successiva convalida emessa in sede giurisdizionale. Ma il giudice penale – come sopra ampiamente chiarito – non può sindacare, nell’ipotesi in oggetto, il provvedimento amministrativo (mai impugnato); è poi da escludere in radice ogni possibilità di sindacato in merito al provvedimento giudiziale, come affermato dalla sopra citata sentenza RAGIONE_SOCIALEe Sezioni Unite, COGNOME. In realtà, il motivo di ricorso non solo è infondato, ma elude la contestazione mossa al ricorrente: la condotta punita, infatti, è quella integrata dall’illecito rientro in territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato.
Il secondo motivo si muove su una pluralità di direttrici argomentative. Si sostiene, anzitutto, l’errata applicazione deWart. 13 T.U. imm. Questa censura deve essere disattesa, mutuando pedissequamente le ragioni poste a fondamento del rigetto RAGIONE_SOCIALEa prima doglianza, alle quali viene fatto, pertanto, integrale rinvio.
4.1. Assume poi la difesa trattarsi di fatto scriminato ex art. 51 cod. pen., atteso che COGNOME sarebbe stato convinto di esercitare un diritto, ignorando il decreto di espulsione e tornando in Italia. Trattasi di una censura manifestamente infondata. Basti ricordare che l’espulsione disposta dal AVV_NOTAIO di Brescia non venne mai impugnata, per cui il ricorrente era ben conscio – contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa – di violare un divieto di rientro al momento valido ed efficace, facendo illegalmente ritorno in territorio nazionale. La erronea supposizione in ordine alla illegittimità del decreto di espulsione – anche a voler reputare sussistente tale convincimento, in capo all’imputato – risulterebbe comunque irrilevante; essa potrebbe infatti integrare, al più, una ignoranza inescusabile RAGIONE_SOCIALEa legge, sulla quale non può ovviamente fondarsi l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa invocata scriminante.
4.2. Si duole la difesa, infine, RAGIONE_SOCIALEa mancata applicazione RAGIONE_SOCIALE‘istituto RAGIONE_SOCIALEa non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 131-bis cod. pen.. Contrariamente alla tesi difensiva, però, la Corte di appello adotta un apparato motivazionale ampio, coerente e puntuale (può farsi rinvio, sul punto, a quanto
riportato alle pagine n. 8 e n. 9 RAGIONE_SOCIALEa sentenza avversata, laddove è spie essersi trattato di condotta non certo occasionale, bensì finalizzata ad una st permanenza in Italia; “di impalpabile consistenza”, poi, è stato ritenuto il ri difensivo circa la pretesa scarsa lesività RAGIONE_SOCIALEa condotta).
A fronte di tale ineccepibile argomentare giuridico, il ricorso si risolve n sola rivisitazione RAGIONE_SOCIALEe ragioni in base alle quali – in ipotesi difensiva – la s del Tribunale dovrebbe essere riformata, attraverso l’emissione di sentenza sensi e per gli effetti RAGIONE_SOCIALE‘art. 131-bis cod. pen. Lungi dall’evidenziar effettivamente deducibili in sede di legittimità, però, la difesa non va ol semplice prospettazione di una difforme lettura degli atti, afferman assertivamente la ricorrenza dei presupposti richiesti dalla legge, ai fini in RAGIONE_SOCIALE‘applicazione RAGIONE_SOCIALE‘istituto RAGIONE_SOCIALEa non punibilità per particolare tenuità del
Alla luce RAGIONE_SOCIALEe considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spes processuali.
Così deciso in Roma, 06 febbraio 2024.