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Reingresso illegale: l’appello è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per reingresso illegale nel territorio nazionale. La Corte ha stabilito che il giudice penale non può sindacare la legittimità del provvedimento di espulsione amministrativo, in quanto non è un presupposto del reato. Anche la doglianza relativa all’aumento di pena è stata respinta per genericità. Di conseguenza, la condanna è stata confermata, con l’aggiunta delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reingresso Illegale: Quando l’Appello Non Supera il Vaglio della Cassazione

Il tema del reingresso illegale di uno straniero espulso dal territorio italiano è una questione complessa che interseca diritto amministrativo e penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino straniero e facendo luce sui limiti del sindacato del giudice penale sul decreto di espulsione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Condanna

Il caso ha origine dalla condanna inflitta a un cittadino straniero dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello per i reati di reingresso illegale nel territorio dello Stato e per un’altra violazione penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:

1. La presunta illegittimità del provvedimento amministrativo di espulsione, che a suo dire avrebbe dovuto essere disapplicato dal giudice penale.
2. Una critica alla misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati contestati.

La difesa sosteneva, in sostanza, che se l’atto amministrativo alla base dell’allontanamento era viziato, non poteva sussistere il reato di rientro non autorizzato.

La Decisione sul Reingresso Illegale della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su consolidati principi giurisprudenziali e su una valutazione di merito delle censure mosse dal ricorrente.

L’Insindacabilità del Decreto di Espulsione

Sul primo punto, la Corte ha affermato un principio chiave: nel giudizio per il reato di reingresso illegale, il giudice penale non ha il potere di disapplicare il decreto di espulsione, anche qualora lo ritenesse illegittimo. Questo perché il decreto di espulsione non è un “presupposto” del reato, ma un atto che ha già esaurito i suoi effetti con l’esecuzione dell’ordine di allontanamento. Il reato si configura con il semplice fatto di rientrare nel territorio nazionale in violazione di quell’ordine, a prescindere dalla sua legittimità originaria.

La Genericità della Doglianza sulla Pena

Per quanto riguarda la critica all’aumento di pena, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse motivato in modo adeguato la sua decisione, facendo riferimento ai parametri dell’art. 133 del codice penale (gravità del fatto e capacità a delinquere). Il ricorso, al contrario, è stato giudicato generico e non in grado di sollevare una critica specifica e puntuale al percorso logico-giuridico seguito dai giudici di merito.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono chiare e dirette. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, da un lato, riproponeva una questione giuridica già risolta in senso sfavorevole dalla stessa Corte, senza addurre argomenti nuovi o diversi. Dall’altro, si limitava a una critica generica e astratta della sentenza di secondo grado, senza individuare vizi concreti nel ragionamento del giudice. Tale approccio non è sufficiente per ottenere una revisione della decisione in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di immigrazione. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due. In primo luogo, la separazione tra il giudizio amministrativo sulla legittimità dell’espulsione e quello penale sul reato di reingresso illegale è netta. Chi intende contestare un decreto di espulsione deve farlo nelle sedi competenti (giudice di pace o tribunale amministrativo), non potendo sperare di ottenere una “disapplicazione” in sede penale. In secondo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere fondato su motivi specifici, precisi e pertinenti, e non su critiche generiche, pena la sua inammissibilità. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Un giudice penale può annullare un decreto di espulsione se lo ritiene illegittimo nel processo per reingresso illegale?
No, secondo la Corte di Cassazione, il giudice penale non può disapplicare il decreto di espulsione, anche se ritenuto illegittimo, perché non costituisce un presupposto del reato. L’ordine ha esaurito i suoi effetti con l’allontanamento.

Perché il ricorso dello straniero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi: in parte, sollevava una questione già decisa in senso contrario dalla Cassazione senza nuovi argomenti; in altra parte, si basava su una critica generica alla sentenza impugnata, non specificando in modo adeguato i vizi logico-giuridici.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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