Reingresso Illegale: Quando l’Appello Non Supera il Vaglio della Cassazione
Il tema del reingresso illegale di uno straniero espulso dal territorio italiano è una questione complessa che interseca diritto amministrativo e penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino straniero e facendo luce sui limiti del sindacato del giudice penale sul decreto di espulsione. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Il Ricorso contro la Condanna
Il caso ha origine dalla condanna inflitta a un cittadino straniero dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello per i reati di reingresso illegale nel territorio dello Stato e per un’altra violazione penale. L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due argomenti principali:
1. La presunta illegittimità del provvedimento amministrativo di espulsione, che a suo dire avrebbe dovuto essere disapplicato dal giudice penale.
2. Una critica alla misura dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati contestati.
La difesa sosteneva, in sostanza, che se l’atto amministrativo alla base dell’allontanamento era viziato, non poteva sussistere il reato di rientro non autorizzato.
La Decisione sul Reingresso Illegale della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso interamente inammissibile. La decisione si fonda su consolidati principi giurisprudenziali e su una valutazione di merito delle censure mosse dal ricorrente.
L’Insindacabilità del Decreto di Espulsione
Sul primo punto, la Corte ha affermato un principio chiave: nel giudizio per il reato di reingresso illegale, il giudice penale non ha il potere di disapplicare il decreto di espulsione, anche qualora lo ritenesse illegittimo. Questo perché il decreto di espulsione non è un “presupposto” del reato, ma un atto che ha già esaurito i suoi effetti con l’esecuzione dell’ordine di allontanamento. Il reato si configura con il semplice fatto di rientrare nel territorio nazionale in violazione di quell’ordine, a prescindere dalla sua legittimità originaria.
La Genericità della Doglianza sulla Pena
Per quanto riguarda la critica all’aumento di pena, la Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse motivato in modo adeguato la sua decisione, facendo riferimento ai parametri dell’art. 133 del codice penale (gravità del fatto e capacità a delinquere). Il ricorso, al contrario, è stato giudicato generico e non in grado di sollevare una critica specifica e puntuale al percorso logico-giuridico seguito dai giudici di merito.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte di Cassazione sono chiare e dirette. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, da un lato, riproponeva una questione giuridica già risolta in senso sfavorevole dalla stessa Corte, senza addurre argomenti nuovi o diversi. Dall’altro, si limitava a una critica generica e astratta della sentenza di secondo grado, senza individuare vizi concreti nel ragionamento del giudice. Tale approccio non è sufficiente per ottenere una revisione della decisione in sede di legittimità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di immigrazione. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due. In primo luogo, la separazione tra il giudizio amministrativo sulla legittimità dell’espulsione e quello penale sul reato di reingresso illegale è netta. Chi intende contestare un decreto di espulsione deve farlo nelle sedi competenti (giudice di pace o tribunale amministrativo), non potendo sperare di ottenere una “disapplicazione” in sede penale. In secondo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere fondato su motivi specifici, precisi e pertinenti, e non su critiche generiche, pena la sua inammissibilità. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
Un giudice penale può annullare un decreto di espulsione se lo ritiene illegittimo nel processo per reingresso illegale?
No, secondo la Corte di Cassazione, il giudice penale non può disapplicare il decreto di espulsione, anche se ritenuto illegittimo, perché non costituisce un presupposto del reato. L’ordine ha esaurito i suoi effetti con l’allontanamento.
Perché il ricorso dello straniero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi: in parte, sollevava una questione già decisa in senso contrario dalla Cassazione senza nuovi argomenti; in altra parte, si basava su una critica generica alla sentenza impugnata, non specificando in modo adeguato i vizi logico-giuridici.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della declaratoria di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31920 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31920 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 25/09/1988
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME Romano avverso la sentenza in epigrafe, con cui in data 26.9.2024 la Corte d’Appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna dell’8.6.2019 di condanna del ricorrente per i reati di cui agli artt. 13, comma 13, d.lgs. n. 286 del 1998, 497 cod. pen.;
Rilevato, quanto alla censura della sentenza nella parte in cui la Corte d’Appello ha affermato la insindacabilità del provvedimento amministrativo di espulsione, che i giudici di secondo grado abbiano fatto corretta applicazione del principio secondo il quale, in tema di reingresso non autorizzato dello straniero espulso nel territorio dello Stato, il giudice non può disapplicare il decreto di espulsione illegittimo, che non costituisce presupposto del reato, avendo esaurito i suoi effetti con l’esecuzione dell’ordine di allontanamento (Sez. 1, n. 45969 del 23/9/2022, COGNOME, Rv. 283752 – 01);
Rilevato, quanto alla doglianza relativa alla misura dell’aumento per la continuazione, che la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato in ordine all’entità dell’aumento per il reato-satellite con un congruo riferimento ai parametri fissati dall’art. 133 cod. pen. (sia gravità del fatto che capacità a delinquere) e che il ricorso contrasta l’esercizio del potere discrezionale del giudice in termini del tutto generici, in quanto tali inidonei a esprimere una critica specifica al percorso logico e giuridico seguito dalla Corte d’Appello;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto, per un verso, propone una questione già decisa dalla Corte di cassazione in senso opposto a quello sostenuto dal ricorrente, senza addurre motivi nuovi o diversi, e, per l’altro, si fonda su una critica generica della sentenza impugnata;
Aggiunto che alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19.6.2025