Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 24518 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 24518 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato a Torino il 31/5/1975 avverso la sentenza resa il 24/10/2024 dalla Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. sentite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per la parte civile NOME RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; sentite le conclusioni dell’avv.NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catanzaro, parzialmente riformando la sentenza del GUP del Tribunale di Crotone resa il 15 giugno 2021, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena inflitta a NOME COGNOME e rimodulato le pene accessorie, confermando il giudizio di responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di associazione a delinquere e reimpiego di beni di provenienza illecita meglio precisati ai capi 4,6, 8,10 e 11 della rubrica.
Si addebita all’imputato di avere preso parte ad una associazione a delinquere finalizzata alla reimmissione sul mercato di autovetture oggetto di riciclaggio. In particolare dopoaver acquistato veicoli rubati, sui quali erano state compiute attività di riciclaggio, i suoi correi, tra cui il padre separatamente giudicato, provvedevano ad abbinare le autovetture a documenti di circolazione clonati per immetterli sul mercato; COGNOME, unitamente al padre, si occupava della vendita degli autoveicoli nella sua concessionaria.
2.Avverso detta pronunzia ha proposto ricorso l’imputato tramite il suo difensore di fiducia deducendo:
2.1. Violazione dell’articolo 648-ter cod.pen. per mancanza dell’elemento oggettivo del reato contestato al capo 4 della rubrica e in particolare per mancanza della prova che l’autovettura Mercedes menzionata nel corso della conversazione telefonica fosse quella indicata al capo 4. Osserva il ricorrente che il collegio di merito ha ritenuto provata la colpevolezza dell’imputato in ordine a questa autovettura attraverso una serie di intercettazioni, ma non ha chiarito da quali elementi sia stata tratta la prova che l’autovettura di cui parlano gli interlocutori e risultata rubata, sia stata in effetti q posta in vendita presso la concessionaria del Farace; né emerge prova che la stessa sia stata impiegata nella attività economica del Farace.
2.2,Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il capo 4 della rubrica e violazione dell’art. 546 cod.proc.pen. poiché con l’appello si era evidenziato che il reato previsto dall’art. 648-ter cod.pen. non era configurabile nel caso in esame, in quanto COGNOME non aveva mai impiegato l’autovettura Mercedes Classe A nella propria autorimessa, ma la sentenza non svolge al riguardo alcuna argomentazione e non motiva.
2.3,Violazione dell’art. 648·ter cod.pen. e mancanza dell’elemento soggettivo del reato in relazione alle contestazioni di cui ai capi 4, 6, 8, 10 e 11 dell’editto accusatori in quanto non vi è prova della sussistenza dell’elemento psicologico nei confronti di NOME COGNOME e cioè che questi fosse a conoscenza che le auto poste in vendita nella sua concessionaria fossero di provenienza illecita.
2.4. Manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova in quanto la Corte di appello non considera alcune intercettazioni significative e attribuisce valore indiziario ad altre conversazioni, che non hanno alcuna rilevanza.
In particolare, la Corte ritiene che NOME fosse a conoscenza della provenienza illecita desumendolo dal contenuto della conversazione intercorsa il 20 novembre 2017 progressivo 123, poiché NOME mostra di essere al corrente che per ritirare le targhe il
padre avrebbe dovuto recarsi a Napoli, cioè nel luogo in cui si trovavano i soggetti campani, NOME e NOME, che procuravano al sodalizio le autovetture di provenienza illecita. Nella conversazione NOME NOME comunica al padre che un’autovettura acquistata da NOME COGNOME è risultata rubata, con ciò cagionando la reazione sorpresa del padre che si ripromette di parlarne con NOME. Da questo dialogo emerge che COGNOME non ha menzionato NOME COGNOME mentre la Corte afferma che, pur non essendovi contatti diretti con NOME NOME, NOME manteneva i rapporti con i predetti attraverso il padre.
Il ricorrente lamenta la sussistenza di un travisamento poiché in tutte le conversazioni tra padre e figlio non vi è alcun riferimento ad NOME o a COGNOME e dal tenore della conversazione emerge che COGNOME non era consapevole della provenienza illecita della vettura che aveva venduto e anche il padre parlando con lui faceva finta di essere sorpreso.
La difesa censura anche l’interpretazione di altra conversazione del 21 novembre 2017 tra padre e figlio, da cui la Corte desume la consapevolezza da parte dell’odierno ricorrente della provenienza illecita dei mezzi, mentre dalla stessa emerge che lui era stato informato di ciò da uno degli acquirenti, convocato in Questura.
La Corte inoltre non ha considerato che dal tenore della medesima intercettazione emerge che proprio l’imputato rivendica il fatto di avere pagato l’autovettura Captur con un bonifico, a riprova della propria buona fede e del fatto di avere operato con pagamenti tracciabili.
2.5,Vizio di motivazione e travisamento della prova in ordine alla sussistenza del vincolo associativo poiché le conversazioni intercettate la dispetto di quanto sostenuto dalla Corte i non dimostrano il consapevole inserimento del COGNOME in un sodalizio criminoso, in quanto intercorrono solo tra padre e figlio e NOME non ha contatti con gli altri presunti sodali.
2.6 Vizio di motivazione in ordine al reato associativo per mancanza dell’elemento oggettivo poiché non è configurabile il concorso tra il delitto di reimpiego e quello di associazione quando la contestazione di reimpiego nei confronti dell’associato abbia ad oggetto denaro beni e utilità provenienti proprio dal delitto associativo, in quanto opera in questo caso la clausola di riserva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché propone motivi non consentiti, che risultano reiterativi dei motivi di gravame e deducono inesistenti travisamenti della prova, mentre invocano in sostanza una diversa interpretazione delle conversazioni intercettate, così formulando censure di merito che esulano dal sindacato di legittimità.
1.1. Appare necessario premettere che la Corte di appello ha pienamente confermato la ricostruzione in fatto e le considerazioni in diritto operate dal Tribunale, così giungendo a conclusioni analoghe, sulla scorta di una conforme ponderazione del compendio istruttorio, con motivazione del tutto immune da illogicità o omissioni sui temi devoluti. È quindi opportuno ricordare che questa Corte ha ripetutamente chiarito che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME Rv. 191229-01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218-01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595-01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615-01; Sez. 6, n. 8309 del 14/01/2021, COGNOME
Pertanto, in presenza di una “doppia conforme” anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi. Ne consegue che, in tal caso, debbono considerarsi implicitamente disattese le argomentazioni che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841-01; Sez. 3, n. 13266 del 19/02/2021, COGNOME).
Può osservarsi, ancora in via preliminare, che è preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa ed alternativa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01; Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01, Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, Battaglia, Rv. 275100-01),
Occorre inoltre precisare che il travisamento della prova, nel quale sarebbero incorsi entrambi i giudici di merito, consiste in un errore percettivo e non valutativo dell prova stessa, tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice; in particolare l consiste nell’affermare come esistenti fatti certamente non esistenti, ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti ed è configurabile quando si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo, ma anche quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il travisamento è
ravvisabile solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez.6, n. 5146 del 16 gennaio 2014, COGNOME,kv. 258774).
Nel caso in esame / non ricorrono i denunziati travisamenti poiché i giudici hanno preso in considerazione le conversazioni che il ricorrente sostiene essere state travisate e le hanno interpretate nel rispetto dei criteri di logica, attribuendo loro un signific coerente al contesto e, di contro, ne hanno ritenute alcune non rilevanti nell’ambito del robusto compendio acquisito, nell’esercizio del potere discrezionale del Giudice di merito, che non può essere censurato se esercitato secondo logica e senza contraddizioni.
1.2, Ciò premesso, le prime due censure, che si riferiscono all’episodio di reimpiego dell’autovettura Mercedes classe A di cui al capo 4, sono manifestamente infondate e generiche in quanto omettono di confrontarsi con tutti gli elementi valorizzati dalla sentenza e con l’attenta ricostruzione desunta dal tenore delle intercettazioni, da cui emerge che l’autovettura Mercedes guidata dal COGNOME, quando questi venne tratto in arresto, era stata oggetto di riciclaggio e si trovava già nella disponibilità del Fara e venne poi ripresa dal COGNOME per poter effettuare delle modifiche sui dati identificat e potere così bypassare le attività investigative in corso. COGNOME inel prelevare l’auto nella disponibilità del Farace ilasciò nella rimessa di quest’ultimo la propria autovettura, che venne infatti rinvenuta dagli inquirenti in quel luogo.
La sentenza risulta immune da travisamenti e manifeste illogicità nel valutare il portato delle conversazioni, che non lascia residuare dubbi in ordine all’identificazione dell’auto di cui parlano gli interlocutori.
La Corte riporta a pagina 27 della sentenza una conversazione molto significativa e spiega che l’autovettura era stata immatricolata presso la motorizzazione di Caserta il 16 novembre e cioè il giorno precedente a quello in cui NOME comunica a Farace NOME COGNOME che “è tutto a posto”. Nella successiva conversazione l’odierno imputato, subito informato dal padre »o invita ad inviargli una copia dei libretti su whatsapp, in modo da poter predisporre l’inserzione dell’autovettura, il che dimostra evidentemente che aveva intenzione di inserire l’auto nell’attività di vendita che esercitava. Ricorrono pertanto gli elementi necessari della fattispecie delittuosa contestata al Farace, in quanto il compendio intercettivo palesa la volontà del ricorrente di destinare le auto di provenienza illecita alla propria attività economica, così integrando la condotta materiale del reimpiego.
1.3. La terza censura è generica poiché non si preoccupa di contestare le articolate argomentazioni spese al riguardo dai giudici di merito nelle due sentenze, che si integrano a vicenda e ribadiscono che NOME aveva acquistato le auto rinvenute nella sua disponibilità, nella consapevolezza della loro provenienza furtiva.
In particolare, la sentenza di primo grado valorizza numerosi elementi che vengono sottaciuti nel ricorso e soprattutto la circostanza che,all’interno del garage di NOME COGNOME vennero rinvenute tre autovetture prive di targa, la cui provenienza furtiva era palesata da evidenti segni di effrazione delle portiere, verosimilmente determinati in occasione dei furti, e che non potevano sfuggire ad una persona competente e del settore (v.pag. 35 sentenza primo grado).
Questo elemento di fatto, che risulta per vero dirimente, viene del tutto trascurato dal ricorrente, mentre incide anche sulla interpretazione del ricco compendio intercettivo acquisito.
Significativa è anche la conversazione riportata a pag. 169, in cui il padre dell’odierno ricorrente rappresenta con linguaggio criptico ai suoi correi che il figlio vuole che le due auto vengano portate via, perché preoccupato dalla notizia che vi sono indagini in corso, a riprova della piena consapevolezza di NOME COGNOME in ordine alla provenienza delittuosa delle auto nella sua disponibilità e della necessità di allontanare da sé ogni sospetto in ragione delle indagini in corso.
Neppure è vero che la sentenza ometta di considerare altre conversazioni, da cui possono trarsi elementi che confutano la prospettazione accusatoria, in quanto i giudici si confrontano con dette conversazioni ma non le ritengono idonee, per il loro significato ambiguo, ad inficiare il robusto compendio probatorio, desumibile da altre intercettazioni e dall’esito inequivoco della perquisizione.
Il ricorrente, di contro, si concentra sulle intercettazioni e non si confronta con dati emersi dall’esito della perquisizione e così facendo incorre nel vizio di genericità.
1.4,Le censure formulate con il quarto motivo sono manifestamente infondate in quanto nelle argomentazioni della Corte non si ravvisano manifeste illogicità o travisamenti poiché la Corte e il Tribunale esaminano le conversazioni indicate dalla difesa e attribuiscono alle stesse un significato logicamente coerente e congruo alle complessive emergenze, che appare ragionevole alla stregua del contesto in cui si inseriscono.
Giova premettere che ), in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01),
Più recentemente , è stato affermato che in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata abbia interpretato fatti comunicativi, l’individuazione del contesto in cui si è svolto il colloquio e dei riferimenti personali in esso contenuti, onde ricostrui il significato di un’affermazione e identificare le persone alle quali abbiano fatto riferimento i colloquianti, costituisce attività propria del giudizio di merito, censurabi
in sede di legittimità solo quando si sia fondata su criteri inaccettabili o abbia applicat tali criteri in modo scorretto (Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599 – 01).,
Il difensore vorrebbe accreditare la tesi che l’imputato fosse ignaro della provenienza illecita delle autovetture a lui consegnate grazie alla attiva partecipazione al sodalizio del padre, ma questa tesi trova piena smentita sia nell’esito della perquisizione che nel tenore delle conversazioni, evidenziate dai giudici di merito e riportate nella sentenza di primo grado, da cui emerge la piena consapevolezza del ricorrente di approfittare di questo canale di approvvigionamento di autovetture non regolari per immetterle sul mercato con ampi margini di guadagno e di utilizzare la mediazione del padre, che manteneva i contatti diretti con gli altri correi; in questo contesto,è verosimile che,in ragione della volontà di dissimulare detta consapevolezza, il predetto fingesse sorpresa nel momento in cui uno dei clienti ebbe a comunicargli che la vettura da lui acquistata risultava essere provento di furto e oggetto di attenzione da parte degli inquirenti; o che palesasse sorpresa in relazione all’imprevista attività di indagine.
1.5,Le censure in merito alla sussistenza del vincolo associativo sono generiche e manifestamente infondate, poiché dal materiale acquisito emerge con inequivoca evidenza che l’imputato si avvaleva consapevolmente del proprio padre, per fruire dei servizi offerti da un canale stabile di approvvigionamento di vetture di provenienza illecita , risultando inserito in un’organizzazione dedita al riciclaggio di autovetture c venivano reimmatricolate e immesse sul mercato, in forza di un accordo stabile nel tempo. E’ indubbio che il predetto conoscesse COGNOME e ,pur non intrattenendo rapporti diretti con gli altri sodali e interfacciandosi soprattutto con il padre, fosse consapevol di cooperare con una struttura organizzata e composta da più soggetti per perseguire un obiettivo comune.
1.6.La sesta censura non è consentita poiché non è stata dedotta con i motivi di appello.
E’ comunque manifestamente infondata poiché la giurisprudenza ha ritenuto legittima la contestazione di reimpiego e la partecipazione al sodalizio con il ruolo di riciclatore, in quanto il reato presupposto della condotta di reimpiego non è il reato associativo, ma i delitti di furto e riciclaggio delle auto.
12,- Per le ragioni sin qui esposte si impone la dichiarazione di inammissibilità del ricorso con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento di un’ammenda, che si ritiene congruo liquidare in euro 3000 in ragione del grado di colpa nella presentazione della impugnazione.
Nel rispetto del principio di soccombenza, il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenuta dalla parte civile, GLYPH e in
relazione alle attività svolte nel corso del giudizio, si ritiene congruo liquida complessivamente la somma di euro 3.686,000, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenuta nel presente giudizio dalla parte civile NOME RAGIONE_SOCIALE sp
i a. che liquida in complessivi euro 3’686,00, oltre accessori di legge
Roma 3 giugno 2025
GLYPH
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente