Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10197 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10197 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore
AVV_NOTAIO‘AVV_NOTAIO COGNOME insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 6/06/2023 che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, ha rideterminatp la pena inflitta all’imputato in ordine ai reati di estorsione, danneggiamento, furto e violazione della legge stupefacenti.
Articolando otto motivi, la difesa deduce:
Inosservanza degli artt. 129, 529, 179, 336 cod. proc. pen., con riguardo al reato di cui all’art. 624 cod. pen., contestato al capo C) della rubrica e i relazione al quale sono stati inflitti mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa in continuazione – stante l’assenza originaria della querela (facendo riferimento la sentenza impugnata ad un mero atto di denuncia, di cui la difesa allega copia).
2-3. Inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 129, 529, 179, 336 cod. proc. pen. e 2, comma 1, lett. b), n. 1 d.lgs. n. 150 del 2022, con riguardo al reato di cui all’art. 624 cod. pen., contestato al capo C) della rubrica. Si sottolinea che, qualora il reato, in ragione dell’enunciazione del fatto, sia da qualificarsi come furto aggravato ai sensi del comma 7 dell’art. 625 cod. pen., sarà comunque necessario dichiarare l’improcedibilità per assenza di querela sopravvenuta, stante le modifiche introdotte sul tema dal d.lgs. n. 150 del 2022.
4-5. Violazione degli artt. 629 e 393 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione come estorsione del fatto di cui al capo A), da ricondursi nell’alveo dell’esercizio arbitrario stante l’esistenza di rapporti di debito-credito causale lecita tra le parti (il ricorrente lavorava’ come factotum presso l’officina del denunziante) per come documentato anche dal contenuto di un biglietto manoscritto sequestrato all’imputato.
6-7. Violazione degli artt. 56-629 cod. peri. e vizio di motivazione. Si lamenta che la Corte territoriale, nell’escludere l’ipotesi del tentativo dell’estorsione, abbi adottato una motivazione non aderente alla questione sollevata dalla difesa nell’atto di appello, in cui, proprio facendo leva sull’esistenza d el debito maturato dalla persona offesa verso l’imputato, si riconduceva la consegna del denaro “controllata” dalla polizia giudiziaria, pari ad una somma non superiore al debito vantato, ad una causale lecita, con conseguente esclusione dell’estorsione.
Inosservanza degli artt. 191 e 234 cod. proc. pen., stante l’acquisizione di registrazioni in assenza dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, trattandosi di captazioni effettuate dalla persona offesa d’intesa e con i mezzi forniti dalla polizia giudiziaria.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, con requisitoria-memoria del 24/01/2024, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato essendo i motivi non fondati eiro manifestamente infondati.
1-2-3. Inammissibili sono i primi tre motivi che investono la questione relativa alla procedibilità del reato di furto di cui al capo C) della rubrica.
È indubbio che il reato oggetto di contestazione sia da ritenersi procedibile a querela sia laddove si faccia riferimento alla mera indicazione della norma di legge violata (art. 624 cod. pen.) ovvero, più correttamente, alla enunciazione del fatto ove è menzionata l’aggravante di cui al n. 7 dell’art. 625 cod. pen., stante l’avvenuta sottrazione di cose custodite all’interno di un’autovettura. Tale circostanza, infatti, a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 150 del 2022 non rileva più ai fini della procedibilità ex officio del reato.
Tanto premesso, va al contempo rilevato che l’eccezione di improcedibilità per mancanza di querela è stata sollevata per la prima volta dinanzi alla Corte di cassazione, pur potendo la difesa spiegarla con i motivi aggiunti dinanzi alla Corte di appello, trattandosi di novum normativo sopravvenuto alla sentenza di primo grado ed alla proposizione dell’atto di appello.
A fondamento del rilievo dell’eccezione e dell’assenza della condizione di procedibilità, la difesa richiama il fatto che nella sentenza impugnata si legge «che la p.g. ricevuta la denuncia aveva munito la p.o. di un dispositivo di registrazione». Sarebbe, pertanto, la stessa Corte di appello – con l’espresso richiamo all’atto di denunzia – ad avere asseverato l’assenza della querela. Del resto, si aggiunge, l’assenza della volontà punitiva che deve invece caratterizzare la querela è comprovata anche dall’allegazione del relativo atto al presente ricorso.
Si tratta, tuttavia, di una prospettazione priva di valenza decisiva ai fini della risoluzione della questione attinente all’esistenza di una valida condizione di procedibilità, in quanto il riferimento alla “denuncia” della persona offesa è stato operato dalla sentenza impugnata nell’ambito della ricostruzione attinente all’affermazione di responsabilità, in aderenza al relativo motivo di appello. Posto che nessuna eccezione sulla procedibilità era stata sollevata, la Corte di appello, allorché ha richiamato la denunzia, non si è posta il problema se, al di là dell’intestazione formale dell’atto, lo stesso contenesse espressioni chiaramente evocative della manifestazione della volontà punitiva dell’offeso tali da integrare sostanzialmente la querela.
Con la conseguenza che la risoluzione della questione di rito posta dalla difesa richiederebbe allora un necessario accertamento di fatto ad opera della Corte di legittimità che dovrebbe valutare il contenuto dell’atto ai fini della sua sussunzione nell’alveo della denunzia ovvero della querela.
Ma una tale indagine comporterebbe accertamenti di fatto che sono devoluti al giudice del merito a cui non può porsi rimedio in questa sede mediante tardive allegazioni. Da qui l’inammissibilità del motivo, avendo con orientamento consolidato la Corte di legittimità affermato che la tardività della querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, trattandosi di eccezione che comporta accertamenti di fatto devoluti al giudice di merito e che, non essendo stati richiesti tempestivamente, sono preclusi nei successivi gradi di giudizio (Sez. 2, n. 1311 del 7/12/2023, dep. 2024, COGNOME, in motivazione a pag. 3; Sez. 2, n. 8653 del 23/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284438 – 02; Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S. e altri, Rv. 248568 – 01; Sez. 5, n. 19241 del 9/2/2015, COGNOME, Rv. 264847- 01; Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568 – 01; Sez. 5, n. 2903 del 22/09/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 49449 del 15/11/2023, COGNOME, non mass.).
4-5. Il quarto e quinto motivo, in punto di corretta qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A), sono inammissibili poiché non solo si traducono in censure di fatto, ma poiché generici, in quanto non si confrontano specificamente con i plurimi elementi di tipo dichiarativo ed anche ricavati dal compendio intercettivo che, per un verso, riconducono la pretesa minacciosa ad un debito di droga che la persona offesa aveva nei confronti dell’imputato (si trattava di saldare una partita di cocaina) e, per altro, escludono l’ipotesi alternativa di una differente causale di origine lecita (vedi pagg. 8 e 9).
6-7. Il sesto ed il settimo motivo sono infondati. Nessuna distonia vi è tra gli argomenti utilizzati dalla Corte d’appello per escludere il tentativo di estorsione ed il motivo dedotto in sede di appello, posto che a pag. 19 del relativo atto, nella titolazione, si fa riferimento al «mancato riconoscimento del reato tentato. Artt. 56, 629 c.p.», precisandosi che nessuna dazione di denaro vi sarebbe stata poiché avvenuta nella forma controllata ed indotta a seguito di appostamento della polizia giudiziaria.
Quanto, poi, al rilievo che la somma consegnata sarebbe riconducibile per importo ad una causale lecita ravvisabile nel debito che la persona offesa ha riconosciuto avere nei confronti dell’imputato in conseguenza dei rapporti lavorativi tra le parti intercorsi, si tratta di censura reiterativi del tema pos fondamento dell’esclusione dell’estorsione, risolto, per cone in precedenza osservato, con congrua motivazione ad opera dei giudici di merito.
L’ultimo motivo, in punto di utilizzabilità delle registrazioni effettuate dall persona offesa su sollecitazione della polizia giudiziaria, è infondato tenuto conto dell’orientamento di legittimità più recente al quale il Collegio intende aderire, secondo cui:
la registrazione fonografica di colloqui tra presenti, eseguita d’iniziativa da uno dei partecipi al colloquio, costituisce prova documentale, utilizzabile come tale in dibattimento, e non intercettazione “ambientale” soggetta alla disciplina degli artt. 266 e ss. cod. proc. pen., anche quando sia effettuata su impulso della polizia giudiziaria e/o con strumenti forniti da quest’ultima, con la specifica finalità precostituire una prova da far valere in giudizio (Sez. 2, n. 40148 del 06/07/2022, COGNOME, Rv. 283977 – 01; Sez. 2, n. 12347 del 10/02/2021, COGNOME‘Isanto, Rv. 280996 – 01; Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003, Torcasio, Rv. 225468);
sono utilizzabili le intercettazioni tra presenti eseguite, in accordo con la polizia giudiziaria, dal destinatario di una richiesta di denaro da parte di un pubblico ufficiale, all’atto della consegna, ove la persona offesa non operi quale agente provocatore, determinando a porre in essere il reato chi non era intenzionato a commetterlo, bensì si limiti a disvelare l’altrui intenzione cr permettendo la raccolta delle relative prove. (Fattispecie in tema di tentata induzione indebita, ex art. 319-quater cod. peri., rispetto alla quale l’imputato, nel momento in cui avveniva la registrazione, aveva già compiuto la condotta illecita, inducendo il privato a promettere la dazione del denaro).(Sez. 6, n. 7003 del 21/10/2020, dep. 2021, Esposito, Rv. 280839 – 01).
Il motivo è, peraltro, anche generico, poiché il ricorrente si limita ad esprimere un mero dissenso con detto orientamento – richiamando pronunzie datate – senza confrontarsi in modo critico con gli argomenti sottesi alla sua affermazione.
E tanto a prescindere dall’ulteriore rilievo che la censura involge anche profili di merito, in quanto si risolve in una non consentita richiesta alla Corte di legittimità di rilettura delle emergenze processuali e di valutazione del materiale probatorio, con riguardo al profilo della prevalenza del dichiarato del teste di p.g. – il quale esclude che siano stati i Carabinieri a fornire la strumentazione alla persona offesa – e quanto affermato dall’offeso, il quale riconduce l’iniziativa alla polizia giudiziaria.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 13/02/2024