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Regime presuntivo e art. 74: quando resta il carcere

La Corte di Cassazione ha confermato la custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. L’appello si basava sulla presunta erronea applicazione del regime presuntivo di adeguatezza della sola misura carceraria. La Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che la presunzione non poteva essere superata poiché, nonostante una precedente condanna, i legami dell’indagato con il sodalizio criminale erano persistiti, come dimostrato dal continuo supporto economico ricevuto. Questo, unito alla perdurante operatività dell’associazione, ha reso attuale e concreto il pericolo di reiterazione del reato.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Regime Presuntivo per Associazione a Delinquere: La Cassazione Spiega Perché Resta il Carcere

L’applicazione delle misure cautelari nel processo penale è un tema delicato, che bilancia la libertà personale dell’indagato con le esigenze di giustizia. Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico relativo al regime presuntivo di custodia in carcere per chi è accusato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, un reato previsto dall’art. 74 del Testo Unico Stupefacenti. La pronuncia chiarisce le condizioni necessarie per superare tale presunzione e il concetto di “attualità” del pericolo di reiterazione del reato.

I Fatti del Caso

Un individuo, accusato di far parte di un’associazione a delinquere dedita al traffico di cocaina, hashish e marijuana in una grande città italiana e nelle località limitrofe, proponeva ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame che aveva confermato per lui la misura della custodia cautelare in carcere. La difesa sosteneva che il Tribunale avesse erroneamente applicato l’art. 275, comma 3, del codice di procedura penale, non considerando elementi che, a suo dire, avrebbero dovuto portare al superamento del regime presuntivo. In particolare, si evidenziava che l’indagato aveva già scontato una pena per un reato simile in regime di detenzione domiciliare e che era trascorso un considerevole lasso di tempo dai fatti contestati.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Secondo i giudici di legittimità, la decisione del Tribunale del Riesame era logica, coerente e non sindacabile in quella sede. La Corte ha confermato che, nel caso di specie, non sussistevano elementi sufficienti a vincere la presunzione che la custodia in carcere fosse l’unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari.

Le Motivazioni: Perché il Regime Presuntivo non è Stato Superato

La motivazione della Corte si articola su due punti principali.

In primo luogo, il sodalizio criminale di cui l’indagato faceva parte era ritenuto pienamente operativo fino a una data molto recente (marzo 2023), con una struttura consolidata e canali di rifornimento continui. L’indagato, con il ruolo di corriere, era inserito in questa struttura. La Corte ha valorizzato elementi emersi da intercettazioni successive a un arresto dell’indagato avvenuto nel 2019: tali elementi dimostravano che l’associazione continuava a fornirgli supporto economico, segno di un vincolo mai reciso. Pertanto, la precedente esperienza di detenzione domiciliare non era stata sufficiente a dimostrare un effettivo allontanamento dal contesto criminale. La persistenza di questi legami è stata considerata decisiva per ritenere non superato il regime presuntivo.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato il concetto di “attualità” del pericolo di reiterazione del reato, come richiesto dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. I giudici hanno chiarito che l’attualità non va intesa come imminenza di una specifica occasione per delinquere, ma come una prognosi fondata su elementi concreti che indicano una continuità nel periculum libertatis. Nel caso esaminato, la lunga durata dell’attività del sodalizio e il mantenimento dei contatti da parte dell’indagato anche dopo l’arresto del 2019 hanno costituito una base solida per formulare una prognosi di persistente pericolosità sociale.

Le Conclusioni: Attualità del Pericolo e Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari: per reati di eccezionale gravità come l’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, la legge presume una pericolosità tale da giustificare, di norma, solo il carcere. Per ottenere una misura meno afflittiva, non basta il semplice decorso del tempo o aver già espiato una pena, ma è necessario fornire la prova di un reale e definitivo distacco dal contesto criminale di appartenenza. La pronuncia sottolinea come la valutazione del giudice debba essere ancorata a elementi concreti e attuali, considerando la personalità dell’indagato e il suo contesto socio-ambientale. La decisione, in conclusione, offre un’importante chiave di lettura sull’interpretazione del regime presuntivo e sul requisito dell’attualità del pericolo, confermando un approccio rigoroso a tutela della collettività.

Quando si applica il regime presuntivo della custodia in carcere?
Si applica per reati di particolare gravità, come l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti (art. 74 T.U. Stup.), per i quali la legge presume che la custodia in carcere sia l’unica misura cautelare idonea, salvo prova contraria.

Aver scontato una pena precedente in regime alternativo è sufficiente a superare il regime presuntivo?
No, secondo questa sentenza non è sufficiente. Se l’indagato mantiene legami con l’associazione criminale, ad esempio ricevendo supporto economico, il vincolo non si considera reciso e la presunzione di pericolosità non viene superata, nonostante l’espiazione di una pena precedente in detenzione domiciliare.

Cosa significa “attualità” del pericolo di reiterazione del reato?
Significa che deve essere possibile formulare una prognosi concreta sulla continuità della pericolosità dell’indagato nel tempo. Non si richiede la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma una valutazione basata su elementi concreti come la personalità dell’accusato, le sue condizioni di vita e la persistenza dei legami con l’ambiente criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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