Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20960 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20960 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CORIGLIANO CALABRO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/01/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME, detenuto in regime di cui all’art. 41-bis I. 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.) – nel quale il difensore si duole della violazione RAGIONE_SOCIALE artt. 41-bis Ord. pen., 127, comma 5, cod. proc. pen. e 111 Cost. e dell’assenza e/o vizio motivazionale su più questioni dedotte col reclamo avverso il decreto di proroga del regime speciale – non sono consentite perché, oltre a risolversi in doglianze di fatto, denunciano in concreto vizi di motivazione in ricorso ammesso per sola violazione di legge, peraltro reiterando profili di censura su cui il provvedimento impugnato si è soffermato.
In esso, invero si evidenzia che deve ritenersi infondata l’eccezione di nullità del decreto di proroga per violazione del diritto di difesa, alla luce dell’orientamento d questa Corte secondo cui, nel procedimento amministrativo volto alla conferma del regime di detenzione differenziato, non sussiste alcun obbligo di dare all’interessato comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto l’esigenza di garantire il contraddittorio si realizza compiutamente nel procedimento giurisdizionale che si instaura innanzi al Tribunale di sorveglianza mediante la proposizione del reclamo e nell’ambito del quale tutti risultano depositati e messi a disposizione delle parti interessate prima della discussione e della decisione (e ciò conformemente a Sez. 1, n. 98 del 12/10/2011, dep. 2012, Basco, Rv. 252061). Si sottolinea, inoltre, che, ai fini della proroga della sospensione dell’applicazione delle regole di trattamento nei confronti dei soggetti condannati per taluno dei delitti menzionati dall’art. 41-bis, comma secondo, legge 26 luglio 1975 n. 354, la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, richiesta dalla norma, non deve essere dimostrata in termini di certezza, essendo necessario e sufficiente che essa possa essere ragionevolmente ritenuta probabile sulla scorta dei dati conoscitivi acquisiti (Sez. 1, n. 20986 del 23/06/2020, COGNOME, Rv. 279221). E si richiamano, per giustificare la proroga del regime speciale nel caso in esame, dati rilevanti, quali l’elevato spessore criminale del ricorrente (facendosi riferimento alla sua biografia criminale e, in particolare, al ruolo di COGNOME quale elemento di vertice del RAGIONE_SOCIALE, strettamente legato al RAGIONE_SOCIALE, alla gravità dei delitti di cui si è reso responsabile, alla mancanza di elementi che inducano a ritenere che il ricorrente abbia mutato posizione all’interno del sodalizio o abbia intrapreso un percorso di allontanamento dal contesto criminale) e, da ultimo, la perdurante e attuale operatività del RAGIONE_SOCIALE di riferimento e del RAGIONE_SOCIALE alleato, quale acclarata da recenti provvedimenti giudiziari del 2021 e confermata anche dagli Corte di Cassazione – copia non ufficiale
episodi di natura estorsiva ed intimidatoria che affliggono il territorio di operativi del RAGIONE_SOCIALE.
Rilevato, pertanto, che il ricorso – nel quale ci si duole di un contraddittorio solo formale e non sostanziale e dell’insussistenza dei presupposti della proroga, invitando ad una rivalutazione fattuale non consentita, a maggior ragione per la limitazione dell’impugnazione alla sola violazione di legge – deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo un’ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna llricorrenteal pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.