Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31422 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31422 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Catania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del Tribunale di Sorveglianza di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma, con ordinanza in data 30/11/2023, ha rigettato il reclamo avverso il decreto ministeriale del 13/12/2022 di applicazione del regime di cui all’art. 41 bis ord. pen. nei confronti di COGNOME NOME.
Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto la violazione di legge in relazione agli artt. 41 bis ord. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen. evidenziando che la mol:ivazione resa dal Tribunale in assenza dei necessari approfondimenti istruttori, pure espressamente richiesti dalla difesa, sarebbe apparente. Il Tribunale, infatti,
senza verificare in concreto le condotte poste in essere dal ricorrente e l’effettiva capacità del detenuto di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, avrebbe resto un giudizio di generica pericolosità che non è fondato sul presupposto specifico richiesto dalla norma, costituito esclusivamente dall’attuale e concreta potenzialità di collegamenti con l’ambiente malavitoso di riferimento. Nello specifico, poi, il Tribunale non avrebbe tenuto in adeguato conto delle dichiarazioni di recente rese dal condannato che si sarebbe in qualche modo dissociato dal suo passato.
In data 4 marzo 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte con le quali il AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede c:he il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
In un unico articolato motivo la difesa deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 41 bis ord. pen. e 125, comma 3, cod. proc. pen. evidenziando che la motivazione resa dal Tribunale in assenza dei necessari approfondimenti istruttori, pure espressamente richiesti dalla difesa, sarebbe apparente.
La doglianza è infondata.
2.1. Il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti emessi dal Tribunale di Sorveglianza in materia di regime di cui all’art. 41 bis ord. pen. è ammesso solo per violazione di legge (art. 41 bis, comma 2 sexies ord. pen.).
Tale vizio, in generale, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, comprende sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296 – 01; con specifico riferimento al procedimento di cui all’art. 41 bis ord. pen. Sez. 1, n. 23538 del 20/5/2021, ‘Fragapane, n.m.; Sez. 1, n. 48494 del 9/11/2004, Rv 230303; Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303 – 01; Sez. 1, n. 449 del 14/11/2003, dep. 2004, Ganci, Rv. 226628 01).
In questi casi, infatti, la motivazione del provvedimento impugnato è da ritenersi del tutto assente a meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 – 01; Sez. 3, n. 28241 del 18/02/2015, Rv 264011 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Rv 254893 – 01).
2.2. La situazione che si determina nel caso di omessa risposta a specifiche deduzioni difensive, d’altro canto, sempre in generale, si pone in termini differenti.
In questa specifica ipotesi, infatti, la pacifica giurisprudenza di legittimit evidenzia che l’omessa considerazione degli elementi indicati e degli argomenti contenuti in una memoria difensiva, ovvero nell’atto di impugnazione, configura un vizio di motivazione deducibile in cassazione e non una violazione di legge (cfr. Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, COGNOME, Rv. 277667 – 01; Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, COGNOME, Rv. 272542 – 01).
La carenza di specifica risposta alle critiche esposte dalla difesa, infatti, non determina alcuna nullità (in tal senso Sez. 6, n. 13085 del 03/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259488 – 01; Sez. 1, n. 31245 del 07/07/2009, COGNOME, Rv. 244321 – 01; Sez. 1, n. 45104 del 14/10/2005, COGNOME, Rv. 232702 – 01) ma può, invece, influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018, COGNOME, Rv. 272542 – 01) e può, pertanto, essere fatta valere in sede di gravame come causa di nullità del provvedimento impugnato, potendo la motivazione risultare indirettamente viziata per la mancata considerazione di quanto illustrato, in relazione alle questioni sostenute nell’atto difensivo ovvero devolute con l’impugnazione (Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, COGNOME, Rv. 277667 – 01; Sez. 5, n. 51117 del 21/09/2017, COGNOME, Rv. 271600 – 01; Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, dep. 29/01/2016, COGNOME, Rv. 267561 – 01; Sez. 6, n. 18453 del 28/02/2012, COGNOME, Rv. 252713 – 01; Sez. 1, n. 37531 del 07/10/2010, COGNOME, Rv. 248551- 01).
Per tali ragioni, al fine della deduzione e della verifica dell’effettiva esistenza in concreto di tale vizio, quindi, si deve fare riferimento al criterio decisorio tipic della fase e alla decisività del tema introdotto dalla difesa, che deve appunto essere tale da risultare idoneo a destrutturare la conclusione cui il giudice è pervenuto proprio sulla base dello standard probatorio applicato (Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220 – 01). Ciò in quanto il giudice non è comunque tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti, essendo sufficiente che nella motivazione indichi le ragioni che
sorreggonoia decisione adottata, dimostrando di aver tenuto così presente ogni fatto decisivo, tanto che la sola ipotizzabilità di una diversa valutazione delle medesime risultanze processuali non costituisce vizio di motivazione valutabile in sede di legittimità (così Sez. 1, n. 6128 del 07/11/2013, dep. 2014, Mancuso, Rv. 259170 – 01).
2.4. In conformità con i principi generali richiamati, con specifico riferimento al procedimento di cui all’art. 41 bis ord. pen., si deve pertanto ribadire il principio per cui «in tema di trattamento penitenziario differenziato, non costituisce violazione di legge, unico vizio legittimante il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di applicazione o di proroga del regime previsto dall’art. 41 bis della legge n. 354 del 1975, l’omessa enunciazione delle ragioni per le quali il Tribunale di Sorveglianza non abbia ritenuto rilevanti gli argomenti e la documentazione prodotta dalla difesa, ove i dati assunti a fondamento della decisione siano sufficienti a sostenerla e non risultino intrinsecamente apparenti o fittizi» (Sez. 1, n. 37 . 351 del 06/05/2014, Triglia, Rv. 260805 – 01; Sez. 1, n. 48494 del 09/11/2004, COGNOME, Rv. 230303 – 01).
In tale ipotesi, infatti, la motivazione è incompleta ma non inesistente o apparente e, non rilevando quale violazione di legge, non determina la nullità del provvedimento impugnato.
2.5. Nel caso di specie il Tribunale, che pure ha dato atto della richiesta istruttoria formulata dalla difesa ma che non ha sul punto fornito una risposta diretta, ha reso una motivazione complessivamente adeguata e coerente quanto alla sussistenza di applicazione del regime differenziato di cui all’art. 41 bis ord. pen. e questa, sebbene parzialmente incompleta, non è sindacabile in questa sede.
I riferimenti specifici e concreti sia alla perdurante esistenza e operatività del clan, dal quale il ricorrente non si è mai dissociato (se non da ultimo con dichiarazioni ancora da vagliare, cfr. pag. 5 del provvedimento impugnato), che al curriculum del ricorrente, infatti, rendono sufficiente conto della ritenuta superfluità di acquisire gli ulteriori elementi richiesti dalla difesa circa la condott tenuta durante il precedente periodo di detenzione.
Ciò soprattutto in quanto la conclusione del Tribunale si fonda sugli elementi compendiati nel recente titolo custodiale dal quale, tra l’altro, risulta che i ricorrente durante il precedente periodo di detenzione, durato ben tredici anni, ha costantemente mantenuto i contatti con l’associazione di appartenenza, nella quale ha continuato ad avere un ruolo apicale, comunque recuperato all’atto della scarcerazione nel 2019.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 3/5/2024